di Maia Principe
“Solo una volta usciti dalla sala, ci siamo resi conto del clima che imperversava all’esterno, con alcuni ragazzi che avevano steso una bandiera palestinese davanti a noi e molti altri che erano stati bloccati all’esterno dalla polizia” spiega Nathan Greppi a Mosaico, dopo la contestazione pro-palestinese alla presentazione del suo libro al salone di Torino.
All’incirca nelle stesse ore in cui veniva interrotto con la violenza dai manifestanti filopalestinesi l’incontro su Il manifesto nazionale per il diritto allo studio – per l’università come luogo di dialogo, di democrazia e di contrasto all’antisemitismo, organizzato da diverse associazioni studentesche e dall’UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia) e che si sarebbe dovuto tenere al Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino, giovedì 15 maggio un tentativo di censura analogo è avvenuto al Salone del Libro di Torino, dove il giornalista e collaboratore di Bet Magazine–Mosaico Nathan Greppi ha presentato il suo libro La cultura dell’odio (Lindau).
“I manifestanti avevano appena iniziato ad arrivare quando siamo entrati nella sala della presentazione”, ci racconta Greppi. “All’interno, nonostante le urla che di tanto in tanto si sentivano fuori, nel complesso la presentazione si è tenuta senza intoppi”, se si esclude la decisione da parte del presidente della Comunità Ebraica di Torino Dario Disegni e dello storico e collaboratore di Mosaico Claudio Vercelli, che in origine avrebbero dovuto prendervi parte come relatori, di non presenziare a causa dei potenziali rischi esposti dalla Digos. Al loro posto, ha moderato l’incontro Ezio Quarantelli, direttore della casa editrice Lindau.
“In precedenza, mi era stato proposto di spostare la presentazione in un’altra location, più sicura rispetto al Lingotto”, spiega Greppi, dopo che già nei giorni precedenti alcune associazioni filopalestinesi avevano minacciato di impedire la presentazione del libro. “Tuttavia, sentivo che era esattamente quello il posto dove dovevamo essere. Non possiamo sconfiggere coloro che minacciano la democrazia e la libertà di parola, se prima non sconfiggiamo le nostre paure. Dobbiamo avere la forza di dire forte e chiaro a coloro che ci minacciano che in Italia, come nel resto del mondo, c’è anche chi non accetta di piegarsi ai loro dogmi ideologici e non accetta le falsità e mezze verità che vengono veicolate senza freni contro Israele”.
Greppi sottolinea inoltre che “in quello stesso giorno Yuval Raphael, una giovane israeliana sopravvissuta al massacro al Nova Music Festival, era in Svizzera a rappresentare il suo paese esponendosi all’odio di coloro che vorrebbero emulare chi ha cercato di ucciderla. E se lei è riuscita a trovare dentro di sé un tale coraggio, noi non possiamo permetterci di essere da meno”.
Greppi conclude raccontando che “solo una volta usciti dalla sala, ci siamo resi conto del clima che imperversava all’esterno, con alcuni ragazzi che avevano steso una bandiera palestinese davanti a noi e molti altri che erano stati bloccati all’esterno dalla polizia. Da un lato trovo triste che in questo paese occorra farsi proteggere dalle autorità per poter presentare un libro, così come trovo triste che all’università gli studenti ebrei e filoisraeliani vengano aggrediti a causa delle loro idee. Ma dall’altro lato, spero che questi avvenimenti possano far riflettere chi nell’ultimo anno e mezzo si è ostinato a negare o a minimizzare la pericolosità dell’odio nei confronti degli ebrei e Israele”.
