di Redazione
Il 20 luglio 2025, il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo sulla presunta crisi di fame nella Striscia di Gaza. In apertura, campeggiava una fotografia drammatica: una donna dallo sguardo stremato stringe tra le braccia un bambino visibilmente malnutrito. La didascalia era chiara: “Una madre a Gaza nel 2025”.
Solo che quella foto non è stata scattata a Gaza, né nel 2025. È un’immagine d’archivio, risalente al 2016, scattata nello Yemen nel pieno della guerra civile. A pubblicarla per la prima volta fu il New York Times, in un contesto del tutto diverso.
Il suo riutilizzo da parte di la Repubblica, senza alcuna indicazione della sua reale origine, non è un semplice errore. È un atto di manipolazione consapevole, volto a generare un impatto emotivo, rinforzare una narrativa politica e indurre il lettore a credere a una realtà visiva che non corrisponde ai fatti.
Una questione di fiducia
In un’epoca in cui le immagini influenzano profondamente la percezione pubblica, falsare l’origine di una fotografia significa minare il principio stesso dell’informazione: l’affidabilità. Quando un grande quotidiano nazionale sceglie deliberatamente di usare immagini fuori contesto senza spiegarlo al lettore, la fiducia si spezza. E con essa si incrina uno dei pilastri della democrazia.
Gaza: che cosa dicono i fatti
Da mesi, numerose organizzazioni umanitarie — tra cui l’ONU, la FAO e Save the Children — hanno lanciato l’allarme sulla situazione umanitaria a Gaza. Segnalano carenze di cibo, difficoltà logistiche nella distribuzione degli aiuti e una popolazione sempre più dipendente dagli approvvigionamenti esterni. In alcuni rapporti si è parlato apertamente di rischio fame, in particolare nelle aree più colpite dai combattimenti.
Tuttavia, queste stesse organizzazioni riconoscono la complessità del contesto e non tutte parlano di “carestia conclamata”. Alcune fonti parlano di una situazione grave ma ancora sotto la soglia tecnica di fame generalizzata. Altri, come Save the Children, denunciano gravi ostacoli posti da Hamas alla distribuzione equa degli aiuti umanitari.
In questo quadro già difficile, l’uso di foto false contribuisce a confondere ulteriormente il pubblico e delegittima il lavoro di chi, sul campo, cerca di documentare i fatti con precisione.
La posizione ufficiale di Israele
Il 22 luglio, in risposta alle crescenti accuse da parte di governi europei e della Casa Bianca, l’IDF (Esercito israeliano) ha pubblicato un comunicato ufficiale: “Non esiste una crisi di fame a Gaza. Sappiamo con precisione quante calorie contenga ogni camion che entra nella Striscia, e quante persone può sostenere. I nostri dati, basati sul monitoraggio quotidiano condotto da COGAT (Coordinamento delle Attività Governative nei Territori), non indicano una carestia in corso.”
Sempre secondo le autorità israeliane, parte delle immagini diffuse sui social e dai media internazionali — compresa quella utilizzata da la Repubblica — proverrebbero in realtà dallo Yemen, e sarebbero utilizzate da Hamas per costruire un racconto di vittimismo funzionale alla propria propaganda.
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Un esposto all’Ordine dei Giornalisti contro Repubblica
Per denunciare questa manipolazione dell’informazione da parte di Repubblica è stato presentato un esposto all’Ordine dei Giornalisti: lo scopo non è censurare l’informazione né di negare che a Gaza la popolazione stia vivendo gravi difficoltà. Il punto non è il contenuto dell’articolo, ma il metodo: l’uso di una foto falsa, senza avvertire il lettore, per generare empatia e orientare l’opinione pubblica. Questo è inaccettabile. Chi informa ha il dovere della precisione. Chi pubblica immagini ha la responsabilità di non mentire con gli occhi degli altri.
In democrazia, il diritto a informarsi correttamente vale più di qualsiasi schieramento.
Per questo invitiamo a firmare l’esposto presentato all’Albo dei Giornalisti contro la Repubblica. Non per prendere posizione su Gaza, ma per difendere qualcosa di più ampio: la verità, anche visiva, nell’informazione.
Perché quando la realtà viene truccata, l’informazione smette di essere un diritto.