di Redazione
Dal 20 maggio una pagina quotidiana interamente dedicata all’approfondimento sullo Stato ebraico: questa la nuova iniziativa del quotidiano diretto da Claudio Velardi. “In un momento storico in cui l’antisemitismo torna a rialzare la testa in maniera minacciosa, è doveroso offrire uno spazio di analisi, riflessione e confronto libero da pregiudizi dando voce a studiosi, giornalisti, intellettuali e testimoni diretti, con l’ambizione di offrire strumenti per capire, senza filtri o barriere”.
Una pagina quotidiana interamente dedicata all’approfondimento a 360 gradi sullo Stato ebraico: questo vuole essere «Le ragioni di Israele», la nuova iniziativa del Riformista che parte domani 20 maggio.
“In un momento storico in cui l’antisemitismo torna a rialzare la testa in maniera minacciosa, è doveroso offrire uno spazio di analisi, riflessione e confronto libero da pregiudizi – si legge sul sito del giornale -.«Le ragioni di Israele» non è una semplice rubrica, ma un impegno costante per raccontare la complessità di una nazione su cui pendono discriminazioni e odio ideologico. Ogni giorno verranno affrontati temi cruciali: la giustizia, il diritto internazionale, le radici storiche del popolo ebraico, la costruzione dell’identità israeliana, le sfide della democrazia in Medio Oriente e i rischi sempre attuali dell’odio antisemita. Lo faremo dando voce a studiosi, giornalisti, intellettuali e testimoni diretti, con l’ambizione di offrire strumenti per capire, senza filtri o barriere. Con «Le ragioni di Israele», il Riformista vuole riaffermare un principio fondamentale: la conoscenza è la prima forma di resistenza contro l’intolleranza. Uno sguardo consapevole, critico e giusto, contro il fanatismo di chi sogna di cancellare lo Stato ebraico dalla faccia della Terra”.
“Da oggi il Riformista si occuperà di Israele ogni giorno, con una pagina dedicata, che avremmo potuto semplicemente titolare «Israele ha ragione» – si legge nell‘editoriale del direttore Claudio Velardi, che sarà pubblicato sul numero del quotidiano del 20 maggio per presentare l’iniziativa -. Perché nessun popolo nella storia ha dovuto battersi per il riconoscimento della propria identità quanto il popolo ebraico: perseguitato, cacciato, discriminato, massacrato.
L’odio antiebraico ha generato nei secoli i ghetti del Medioevo, i pogrom dell’Europa orientale, l’inquisizione e le leggi razziali del Novecento, fino all’abisso della Shoah, la più atroce tragedia mai concepita dall’umanità. Solo dopo quell’abisso il consesso delle nazioni decise, nel 1947, di dar vita allo Stato di Israele. Non come gesto simbolico, non come risarcimento morale, ma come diritto finalmente riconosciuto – tardi, tardissimo – al popolo ebraico: il diritto di avere una terra, di vivere sicuro entro confini riconosciuti, di autodeterminarsi. Ma quel diritto fu negato – da subito – da gran parte del mondo arabo. Prima con guerre dichiarate, poi con strategie più ambigue, sotterranee e violente. Attacchi terroristici, intifade, assalti ai civili, fino all’orrore del 7 ottobre 2023: l’aggressione brutale e premeditata di Hamas, con massacri, stupri, rapimenti. Una ferocia senza giustificazioni. Una ferocia che avrebbe dovuto far tacere per sempre ogni ambiguità nei confronti di Israele.
E invece no. Dopo il 7 ottobre, Israele si è trovato al centro di una narrazione ribaltata, in cui da vittima è tornato a essere accusato. Una campagna violenta, radicale, sistematica, che attraversa piazze occidentali, università, social media, editoriali. Una campagna che diventa sempre più visibile, organizzata e feroce, e che ha un solo nome: antisemitismo. Perché, tolti i veli dell’indignazione selettiva, della retorica del “due pesi e due misure”, sempre lì si arriva: al rifiuto della legittimità di Israele. Alla negazione del suo diritto a esistere. E dunque, quando un intero popolo è messo sotto accusa per principio, quando gli ebrei sono di nuovo minacciati in Europa, quando addirittura affiora con leggerezza intollerabile il paragone tra Israele e il nazismo, allora arriva per tutti gli esseri umani che vogliano definirsi tali una insopprimibile chiamata a reagire.
Eppure noi non lo faremo urlando «Israele ha ragione», ma cercando, spiegando, argomentando «le ragioni di Israele», in una logica di dialogo, di comprensione, di apertura. Nella nostra pagina ci sarà spazio per gli errori di Israele e dei suoi governanti, per le voci di dissenso, per ogni opinione diversa purché non sia pregiudiziale o animata da quella pelosa, ipocrita e vile equidistanza che anima tanti circoli di benpensanti senza schiena dritta. Il diritto di Israele a esistere – pienamente, in sicurezza, nel consesso delle nazioni del mondo libero – è una battaglia civile e morale da combattere senza se né ma”.
