Gli ebrei si rivolsero a Pio XII ma il Papa, troppo spesso, restò silenzioso e inerte

Italia

di Paolo Castellano

«Ci sono 2700 pratiche che contengono richieste di aiuto. Un aiuto quasi sempre destinato a intere famiglie o a gruppi di persone. Migliaia di perseguitati per la loro appartenenza alla religione ebraica, o per una mera discendenza ‘non ariana’, si rivolgevano al Vaticano sapendo che altri avevano ricevuto soccorso». Commenta così Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali dello Stato Pontificio, le numerose carte d’archivio che ci restituiscono la voce, disperata e supplichevole, degli ebrei che volevano scampare alle persecuzioni nazifasciste. Dal 23 giugno, questi nuovi documenti storici sono disponibili in formato digitale sul portale della Segreteria di Stato nella serie Ebrei del fondo Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari. Un’ulteriore opportunità per gli storici di aggiungere un tassello nell’analisi delle persecuzioni in Italia e all’estero sotto il controverso pontificato di Papa Pio XII. Al momento i 2700 fascicoli rappresentano il 70  per cento dei documenti presenti in 170 volumi (equivalenti a quasi 40mila file) negli archivi vaticani.
Come sottolineato da Gallagher, quest’ultima pubblicazione è stata fortemente voluta da Papa Francesco per mettere a disposizione di tutti la riproduzione virtuale di un patrimonio che conserva le istanze rivolte a Pio XII da ebrei di tutta Europa. Inoltre, l’alto funzionario vaticano ha dichiarato che questo particolare elenco di nominativi è stato definito “lista di Pacelli”, richiamando la ben nota Schindler’s list.
«La parola ‘lista’ non è adatta. Questa non è una lista perché non ci si riferisce a ebrei scelti da salvare per volontà di qualcuno. Non è paragonabile alla lista di Schindler. In questo caso, si fa riferimento a un elenco di fascicoli archivistici relativi a domande di aiuto arrivate al Vaticano», spiega lo storico Michele Sarfatti, sottolineando che le richieste d’aiuto non furono tutte quante esaudite. Inoltre, lo studioso spiega che i nomi presenti nell’indice si riferiscono all’elenco degli intestatari dei fascicoli.
«Osserviamo qualche problema di tipo tecnico. Non sempre l’intestatario del fascicolo è la persona che domanda e sollecita il soccorso di un’altra persona. Per noi storici, abituati agli archivi, non è nulla di strano. Però, proprio per questa incongruenza, non possiamo parlare di una lista».
In base ai documenti pubblicati dal Vaticano, è al momento possibile risalire ai nominativi di circa 5mila persone. «Sono pochissimi- commenta Sarfatti -. Tutti se ne rendono conto. Se l’aiuto del Papa relativo a queste persone ci fosse stato, sarebbe stato una goccia nel mare poiché durante la Shoah morirono sei milioni di ebrei». Infatti, i fascicoli riguardano persone che dal 1940 al 1945 hanno chiesto aiuto alla Santa Sede, spesso rivolgendosi direttamente al Papa o al Segretario di Stato, Luigi Maglione. Famiglie intere scrivevano a Pio XII per sfuggire alla deportazione e alla morte, in alcuni casi chiedendo supporto a ebrei che avevano qualche contatto con i rappresentanti vaticani. Ciò è testimoniato dal fascicolo intestato a Maja Lang, bambina ebrea che venne uccisa ad Auschwitz nel 1944.

Il caso di Maja Lang
«Siamo nel 1942. La persona che scrive è Mario Finzi, un magistrato, pianista e musicista bolognese di origine ebraica, vittima dell’Olocausto. Impegnato nella Resistenza come membro della DELASEM. È un grande organizzatore dell’assistenza agli ebrei».
Finzi presenta un caso molto complicato. Si tratta di una famiglia ebraica: padre e madre si trovavano a Spalato in Croazia, un figlio era riuscito ad arrivare a Bologna e infine una bambina che era bloccata in Ungheria, con il rischio di essere deportata in un campo di concentramento.
«Mario Finzi non sa cosa fare per salvare questa bambina che si chiama Maja Lang. Non sa come sbloccare la situazione in Ungheria e decide di scrivere al Papa tramite l’Arcivescovo di Bologna – anche se non è chiaro nel fascicolo. Finzi si augura che la Santa Sede intervenga presso il Ministero degli Interni italiano affinché venga fatta qualche cosa per portare in Italia Maja. Il Vaticano non può fare altro che questo, non ha potere», spiega Sarfatti.
Tuttavia, il Ministero degli Interni fascista non ha nessuna intenzione di intervenire diplomaticamente per salvare una bambina di otto anni da morte certa. «Non succede nulla. Sappiamo però che Maja è nell’elenco delle vittime della Shoah dello Yad Vashem. Non è riuscita a scappare. Invece i genitori e il fratello sono stati fortunati e sono sopravvissuti alle persecuzioni».
Come ribadisce Sarfatti, la vicenda di Maja Lang rientra nella casistica di tutti quegli ebrei che non riuscirono a salvarsi ma il cui nome compare nei fascicoli vaticani. Dunque, i documenti d’archivio aiutano a delineare con maggior chiarezza un discusso contesto storico, ovvero il pontificato di Pio XII.
«Qui si pone una domanda. Ci si chiede se il Papa non avrebbe dovuto avere una politica più ferma e aggressiva nei confronti dell’Italia fascista, visti i numerosi rifiuti del Ministero dell’Interno di non accogliere le tante richieste d’aiuto degli ebrei. Questi documenti ci parlano. Ci fanno toccare con mano i casi concreti della tragedia ebraica».

La storia di Leone Alberto Orvieto
Michele Sarfatti cita un altro fascicolo, anch’esso si riferisce a un ebreo. Si tratta di Leone Alberto Orvieto, rabbino capo di Bologna. Suo figlio scrive una lettera a Pio XII durante l’epoca della Repubblica Sociale Italiana. «Alberto Orvieto e sua moglie Margherita Cantoni erano seminascosti all’ospedale di Firenze quando vengono arrestati dai fascisti. Il figlio scrive e invia una lettera al “Beatissimo Padre”, supplicandolo di fare qualcosa. Si sa già che i genitori stanno per essere deportati e può darsi che sia già troppo tardi per chiedere aiuto. Però un figlio deve provarci lo stesso». Dalle carte vaticane emerge il fatto che il caso venne segnalato a padre Pietro Tacchi Venturi, un alto esponente gesuita – una figura molto importante a Roma in quel periodo. Sebbene ancora oggi non si sappia l’esito dell’operazione, è nota però la sorte del rabbino Orvieto: nel dicembre del 1943 viene arrestato a causa di una delazione e di conseguenza rinchiuso nel campo di concentramento di Fossoli. Da qui viene trasferito ad Auschwitz dove muore il 6 febbraio del 1944.

Gli archivi segreti del Papa
La pubblicazione dei 2700 fascicoli arriva tre anni dopo l’apertura degli archivi segreti di Pio XII. «Stanno lavorando su questi documenti da 10 anni», evidenzia Lisa Palmieri-Billig, rappresentante in Italia e presso la Santa Sede dell’American Jewish Committee, nonché corrispondente per Vatican Insider de La Stampa di Torino. «Il Vaticano ha incominciato a lavorare su questi file dal 2010. Dato che era in programma l’apertura degli archivi di Pio XII, si è voluto intraprendere anche questa iniziativa. Ritengo che si voglia far luce sugli aspetti positivi del pontificato di Pacelli». Palmieri-Billig sostiene che le domande d’aiuto al Papa abbiano una particolarità: «Mentre Pio XII è stato senz’altro sensibile alla tragedia delle persecuzioni nazifasciste e le chiese, i conventi, i monasteri hanno aperto le loro porte ai richiedenti asilo, un aspetto di rilievo è che il Vaticano stesso ha aiutato principalmente ebrei convertiti: cristiani ‘di origine ebraica’ che erano stati colpiti dal razzismo dei nazisti». Come spiega la vaticanista, «la Chiesa non aveva un pregiudizio razziale nei confronti degli ebrei ma aveva invece ereditato pregiudizi antisemiti, di origine teologica, vecchi quasi duemila anni. Erano frutto di un insegnamento sbagliato, tramandato nei secoli, che aveva già innescato ripetutamente i pogrom in tutta l’Europa e fornito un humus fertile di odio e disprezzo, in cui si è potuto radicare il nazismo che portò al Male assoluto della Shoah. Papa Giovanni XXIII, dopo il suo incontro storico con Jules Isaac nel 1960, ha iniziato il grandissimo processo di rinnovamento nella Chiesa dei rapporti ebraico-cristiani: processo nato dal Concilio e dal documento Nostra Aetate», dichiara Palmieri-Billig. «Ciò che viene poco ricordato è che già Pio XI nutriva un riguardo particolare verso i soli ebrei convertiti. Questo Papa, infatti, mentre non ha trovato da protestare contro l’ingiustizia delle leggi antisemite di Mussolini nel 1938, ha cercato di farle sospendere per gli ebrei convertiti e le loro famiglie. Dicendo questo non si vogliono screditare tutti gli interventi che il Vaticano è riuscito a portare a termine nel tentativo di salvare i cittadini di fede ebraica».
Allora come si spiega il cosiddetto “silenzio di Pio XII”? «Il silenzio inizia già nel 1939 quando la Polonia viene invasa dalla Germania nazista. Pio XII non si è pronunciato nemmeno per salvare i suoi vescovi e la popolazione cattolica malgrado le loro suppliche disperate. Come disse lo studioso gesuita, padre Pierre Blet già negli anni Ottanta, ‘la prima preoccupazione di Pio XII era di vincere la guerra contro il comunismo, che considerava il nemico numero uno della Chiesa. Per questo motivo ha tollerato un’alleanza con Hitler».
All’interno delle 2700 richieste sono presenti anche i dettagli delle persecuzioni che avvenivano fuori dall’Italia, in quegli Stati dove erano state approvate le leggi razziali. Tutto ciò smonta le teorie revisioniste di alcuni gruppi politici che negli ultimi anni hanno ridimensionato le responsabilità dei governi alleati con il nazismo durante la Shoah. Ciononostante, Palmieri-Billig sostiene che non ci saranno polemiche di alcun tipo nei confronti dell’iniziativa dello Stato Pontificio. «Papa Pacelli ha vissuto in tempi in cui le scelte da fare erano difficilissime. Forse è arrivato il momento in cui possiamo smorzare o perfino sospendere polemiche e giudizi e benedire invece la rinnovata comprensione e fratellanza tra ebrei e cristiani in un mondo nuovamente e pericolosamente difficile».

 

Il silenzio assordante di Pio XII sulla Shoah

Contrariamente a chi ha tentato invano di scolpire la personalità di Pio XII come un essere dalle grandi virtù che si oppose eroicamente al nazifascismo, c’è chi invece ha affermato l’opposto: il Papa decise di rimanere in silenzio, mentre sei milioni di ebrei venivano assassinati.
Ed è necessario ribadire che non lo fece per aiutarli di nascosto, per evitare mali peggiori, come tanti perversamente hanno mistificato. Al Vaticano erano minuziosamente a conoscenza delle atrocità commesse dai nazisti; in altre parole, ne erano testimoni. Non è la prima volta che lo storico americano David Israel Kertzer si cimenta in un libro sui papi; con Il patto col diavolo, narrante i legami fra Pio XI e Mussolini, vinse nel 2015 il Premio Pulitzer. Gli archivi contenenti i documenti del pontefice, e altri ancora, come da prassi, furono secretati alla sua morte. Era il 1958. Si è dovuto aspettare il marzo 2020 per mano di Papa Francesco, per rendere accessibile agli studiosi pagine fino ad allora sconosciute, ricche di nuove rivelazioni. Questi inediti sono contenuti in Un papa in guerra, il primo volume pubblicato dopo l’apertura degli archivi, dove Kertzer attraverso le “scripta manent”, fa ordine su decenni di controverse “verba volant”. Ne emergono i negoziati segreti del vescovo di Roma con Hitler e Mussolini. Egli non amava il fascismo, ma era molto più spaventato dal comunismo, e molto determinato nel preservare il prestigio della Chiesa. Ci sarà forse una nuova edizione di questo ricco testo storiografico che, come suggerisce il titolo, tratta l’operato di Pio XII fra il 1939 e il 1945, ma con certezza ve ne saranno altri ancora, riguardanti anche gli altri anni del pontefice.
Michael Soncin
David I. Kertzer, Un papa in guerra – La storia segreta di Mussolini, Hitler e Pio XII, trad. AA.VV., Garzanti, pp. 720, euro 28,00.

 

 

Foto in alto: il corteo di papa Pio XII mentre in auto lascia la Città del Vaticano, 1939 @Peter Golderberg – Garzanti