di Anna Balestrieri
Con l’uscita di Shas, che conta 11 deputati, la coalizione è scesa sotto la soglia della maggioranza assoluta. Il governo è ora tecnicamente di minoranza, e rischia una paralisi legislativa se non trova voti esterni su ogni singola legge. (Nella foto il leader di Shas Aryeh Deri con il premier Netanyahu. Foto: GPO).
L’esenzione dalla leva: una miccia accesa nella maggioranza
La crisi si è innescata attorno alla controversa proposta di legge che dovrebbe regolamentare le esenzioni dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot, tema da anni centrale per gli equilibri interni alla società israeliana.
Dopo settimane di negoziati e rinvii, i partiti ultraortodossi hanno perso la pazienza. Degel HaTorah e Agudat Yisrael – le due anime di United Torah Judaism – hanno annunciato il loro ritiro dalla coalizione, accusando il Likud e in particolare Yuli Edelstein, presidente della Commissione Esteri e Difesa, di aver “stravolto gli accordi raggiunti”.
La sera del 16 luglio, anche Shas ha formalizzato l’uscita dal governo. Il leader Aryeh Deri ha presentato la decisione come un atto religioso, subordinato al parere del consiglio rabbinico dei Saggi della Torah. Il ritiro, inizialmente ritardato per permettere la nomina di dirigenti in ministeri chiave, tra cui il nuovo direttore generale del Ministero dell’Interno, è stato poi reso ufficiale. “Non coopereremo con l’opposizione per abbattere il governo, ma ci ritiriamo dalla coalizione,” si legge in un comunicato ufficiale.
Con l’uscita di Shas, che conta 11 deputati, la coalizione è scesa sotto la soglia della maggioranza assoluta. Il governo è ora tecnicamente di minoranza, e rischia una paralisi legislativa se non trova voti esterni su ogni singola legge.
Un disegno di legge che divide e i Haredim come kingmaker silenziosi
Al centro della contesa vi è la richiesta degli haredim di un’esenzione totale e retroattiva per migliaia di studenti che hanno ignorato le chiamate al servizio, e che ora risultano disertori.
Yuli Edelstein si è opposto a queste richieste, definendo le proposte “sproporzionate e inaccettabili”. La sua posizione ha innescato una dura reazione da parte dei partiti religiosi, che in una dichiarazione congiunta hanno accusato il deputato di “aver ingannato per mesi rabbini, funzionari, riservisti e negoziatori”, introducendo all’ultimo “nuove restrizioni” che hanno minato la fiducia reciproca.
I partiti religiosi hanno ora un ruolo decisivo: possono far cadere il governo in qualsiasi momento, ma potrebbero scegliere una strategia più sottile. Restare all’opposizione ma garantire voti selettivi su leggi cruciali. O usare la loro influenza per ottenere concessioni settoriali, senza assumersi la responsabilità politica di provocare elezioni.
Il potere di veto haredi non è mai stato così evidente – e Netanyahu lo sa. Ogni mossa da parte del premier appare ora orientata a evitare la rottura definitiva, almeno fino a settembre.
Ma l’alleanza tra Netanyahu e i partiti haredim ha cominciato a incrinarsi proprio sul terreno simbolicamente più carico: la legge sull’esenzione dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot. A partire dalla primavera 2024, il nodo dell’arruolamento ha riacceso una frattura mai del tutto sanata tra Israele “laico” e Israele “religioso”, e ha posto i partiti ultraortodossi in un dilemma esistenziale: continuare a sostenere un governo che fatica a proteggere i valori fondamentali del loro elettorato o rischiare l’opposizione in un momento politicamente incerto.
Il 15 luglio 2025, la crisi è esplosa apertamente: Degel HaTorah, la componente lituana dell’alleanza United Torah Judaism, ha annunciato l’uscita dalla coalizione, seguita a breve da Agudat Yisrael, sua controparte hasidica. La decisione è giunta dopo che il governo ha mancato di presentare un disegno di legge ritenuto soddisfacente per garantire l’esenzione dal servizio militare agli studenti haredim. Il rabbino Dov Landau, massima autorità spirituale del mondo lituano-haredi, ha esplicitamente ordinato ai parlamentari di Degel HaTorah di abbandonare il governo, denunciando la “sistematica umiliazione degli studiosi della Torah” da parte delle autorità statali. Le sue parole – “la preziosa corona della creazione e segreto della sua esistenza” – hanno dato voce a un sentimento di accerchiamento che aleggia da mesi nei seminari religiosi.
Anche se le dimissioni dei parlamentari ultraortodossi dai loro incarichi (tra cui quella di Moshe Gafni dalla presidenza della Commissione Finanze) non comportano automaticamente la caduta del governo, il segnale politico è chiarissimo. La coalizione si incrina nel momento in cui i suoi alleati più fedeli mettono in discussione la capacità del primo ministro di tutelare il “patto storico” tra Stato e mondo haredi. Alcuni osservatori ipotizzano che si tratti di una manovra negoziale per forzare la mano sul testo del disegno di legge; altri leggono nell’evento il segnale di una possibile disgregazione dell’alleanza religiosa-nazionalista che ha retto il paese negli ultimi due anni.
In ogni caso, la legge sull’esenzione resta il vero detonatore di questa crisi, proprio perché tocca il cuore ideologico e identitario dello Stato ebraico: chi deve difenderlo? E chi ha il diritto di studiare la Torah senza indossare l’uniforme?
Le strategie in campo e gli ostaggi e i soldati sullo sfondo
Nonostante l’uscita dalla coalizione, i partiti ultraortodossi non sembrano voler portare il paese al voto. Nessuno ha per ora appoggiato mozioni per lo scioglimento anticipato della Knesset. Le motivazioni sono sia politiche che strategiche:
- I sondaggi suggeriscono che nuove elezioni potrebbero portare a una coalizione meno favorevole agli haredim.
- Una campagna elettorale incentrata sull’esenzione militare potrebbe aumentare l’opposizione pubblica alle loro rivendicazioni.
- Il governo, pur senza maggioranza, può sopravvivere almeno fino alla pausa estiva della Knesset, prevista per fine luglio.
Netanyahu punta ora a guadagnare tempo. Se riuscirà ad arrivare indenne alla sospensione estiva dei lavori parlamentari, il suo esecutivo potrà contare su altri tre mesi di relativa calma, durante i quali non si votano leggi né mozioni di sfiducia.
Ma l’autunno si preannuncia insidioso: la sessione invernale inizierà a fine ottobre, e il governo dovrà approvare la legge di bilancio entro marzo 2026. Senza un compromesso sulla leva, o senza il ritorno dei partiti ultraortodossi, la crisi potrebbe diventare irreversibile.
La crisi sulla leva si è consumata mentre arrivavano notizie della morte di tre soldati nella Striscia di Gaza, colpiti da un missile anticarro. Alcuni esponenti dell’opposizione, come il deputato Naor Shiri (Yesh Atid), hannoaccusato il governo di “tradire i soldati”per mantenere intatta l’alleanza con i partiti religiosi.“Vi state umiliando davanti a chi rifiuta il servizio militare.È un tradimento,”ha detto.
Al momento, l’accordo sugli ostaggi con Hamas non sembra compromesso dall’uscita degli haredim, ma la tenuta del governo resta precaria, e tutto dipenderà dalle prossime due settimane.