di Malka Letwin
L’agenzia di stampa statale saudita Al-Hadath ha riferito che i resti della spia israeliana Eli Cohen potrebbero essere consegnati in Israele. L’uomo era conosciuto per era essere una spia del Mossad, che aveva stretto rapporti serrati con fonti politiche e militari siriane. Nel 1965 la sua copertura è stata smascherata e per questo impiccato a Damasco il 18 maggio dello stesso anno.
Come riporta il Jerusalem Post, Avraham, il fratello di Cohen è cauto alla notizia di un possibile ritorno dei resti e crede che la potenziale liberazione possa essere dovuta in parte alla spinta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump verso la normalizzazione dei colloqui con la Siria. «È possibile. Ho chiesto al Mossad di parlare con Trump per chiedergli di autorizzare la restituzione del corpo di mio fratello, e mi hanno detto che è già stata inviata una richiesta in merito», ha detto Avraham
A parlare è stata anche Nadia Cohen, moglie di Eli, che ha espresso il suo entusiasmo sulla possibilità che il defunto marito potesse tornare finalmente a casa. Quando la vedova di Eli aveva saputo della notizia del marito era in corso la liberazione degli ostaggi. «È un po’ audace da parte mia chiederlo, quando tutte le famiglie si stanno occupando degli ostaggi e dei familiari in lutto. I prigionieri, i dispersi e i corpi devono essere riportati a casa. Certo, c’è speranza. Credo che ci si aspetti che il Mossad sappia qualcosa, ma non voglia mischiare la questione degli ostaggi con la sepoltura di mio marito», ha commentato.
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All’inizio di quest’anno sono stati trasferiti segretamente in Israele 2500 documenti, fotografie ed effetti personali di Eli Cohen, nel corso di un’operazione segreta. Si tratta di documenti, parte dell’archivio ufficiale dell’agente, custoditi gelosamente per decenni dalle forze di sicurezza siriane.
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Eli Cohen reclutato dal Mossad e inviato in Siria con lo pseudonimo di Kamel Amin Thaabet era nato da una famiglia ebraica siriana emigrata in America Latina. Durante la sua missione, prima di essere scoperto, era riuscito a guadagnarsi la fiducia di personalità di spicco del mondo politico e militare siriano. Dopo essere stato giustiziato, le autorità siriane hanno mantenuto segreta la zona della sua sepoltura, respingendo ogni tentativo di mediazione internazionale per restituire i suoi resti in cambio di prigionieri arabi.