di
Da quattro giorni Israele è devastata da un’ondata di incendi che si è rapidamente estesa raggiungendo Beit Meir, vicino a Gerusalemme, e Sajur e Nahf, in Galilea. Centinaia di persone sono state evacuate nella notte, ma non risultano feriti. Alimentati dal clima secco e dai forti venti che spirano verso est, i roghi sono sempre più minacciosi. Ieri la tv mandava in onda le immagini dei muri di fiamme che ad Haifa bruciano nei quartieri centrali della città del nord del paese con circa 300mila abitanti. Altri roghi stanno ancora devastando le foreste a ovest di Gerusalemme, le colline settentrionali e centrali del paese e alcune zone della Cisgiordania.
Oggi intanto sono stati fatti tornare a casa gli abitanti di Haifa – in tutto 80mila persone -, che erano stati evacuati nei giorni scorsi, quando la situazione si era fatta molto critica in quella zona.
“Siamo davanti a un’ondata di terrorismo incendiario. Ogni incendio doloso è una forma di terrorismo, chiunque intenda bruciare parti dello Stato di Israele sarà castigato”, ha affermato il premier Beniamin Netanyahu parlando a Haifa, una delle città più colpite. «Siamo al lavoro 24 ore su 24 – ha aggiunto in conferenza stampa prima della riunione di emergenza di governo – per spegnere le fiamme e salvare vite umane e fino ad ora ci siamo riusciti». Netanyahu ha spiegato che gli aerei antincendio sono l’elemento critico: «ne abbiamo fatti venire già 10 dall’estero e altri ne verranno entro mezzanotte».
Il premier ha ricordato che Grecia, Croazia, Turchia, Cipro e Italia hanno inviato aerei e che dalla Russia questa notte giungeranno due «velivoli giganteschi», così come arriverà entro 24 ore dagli Usa il Supertanker 747. «La situazione dal punto di vista meteo – ha aggiunto ancora – sarà critica ancora fino a martedì. Dobbiamo avere capacità operativa fino a quel giorno e dove c’è pericolo di vita sgomberiamo la popolazione». Le persone sfollate saranno ospitate in albergo e in altri luoghi e la polizia vigilerà contro i saccheggi nelle zone incendiate.
Per il ministro per la sicurezza interna Gilad Erdan non ci sono dubbi sulla matrice degli incendi: oltre il 50% dei roghi degli ultimi giorni sono dolosi. Conferme anche dal capo della polizia israeliana, Roni Alsheich. Intanto, sono già state fermate quindici persone.
Altre autorità israeliane hanno parlato di “intifada degli incendi dolosi“, riferimento questo alle passate rivolte palestinesi contro Israele. E c’è poi chi ha ventilato una responsabilità di arabi o palestinesi, ma non di ebrei. Ad esempio il ministro dell’Istruzione israeliano leader del partito di estrema destra Casa ebraica. Bennett, il cui partito sostiene gli insediamenti in Cisgiordania che i palestinesi rivendicano invece per il proprio Stato, ha scritto su Twitter che i piromani sono sleali a Israele, insinuando appunto che chi ha appiccato il fuoco possa non essere ebreo. “Solo coloro ai quali lo Stato non appartiene sono capaci di bruciarlo”, ha twittato in ebraico. Sui social network, intanto alcuni arabi e palestinesi celebrano gli incendi e l’hashtag #Israelisburning è fra i trend topic.