Crisi di governo in Israele, l’esecutivo perde la maggioranza. Verso nuove elezioni?

Israele

di Francesco Paolo La Bionda
Scoppia la crisi di governo nello Stato ebraico già provato dallo stillicidio di attentati jihadisti che hanno insanguinato le ultime settimane. Il 6 aprile, Idit Silman, parlamentare di Yamina, il partito del primo ministro Naftali Bennett, è passata all’opposizione. L’esecutivo ha così perso la maggioranza, potendo ora contare solo su 60 voti su 120.

A provocare ufficialmente la defezione della giovane, passata al Likud, è stata la decisione del ministro della Salute, Nitzan Horowitz, di applicare una sentenza della Corte Suprema del 2020 che permette ai visitatori negli ospedali di portare del cibo lievitato ai pazienti ricoverati durante il periodo pasquale, in contrasto con le prescrizioni religiose.

Silman, quarantuno anni, che era oltretutto la capogruppo della coalizione, ha auspicato la formazione di un nuovo blocco di destra, senza dover tornare alle urne, al posto di quello attuale, che raccoglie otto partiti distribuiti lungo tutto lo spettro politico uniti principalmente dalla volontà di scalzare Benjamin Netanyahu dalle redini del potere nelle elezioni dello scorso anno.

Bennet ha accusato il suo rivale e i suoi sostenitori di aver esercitato pressioni persecutorie su Silman, al punto da farla crollare. Secondo diversi analisti tuttavia la vera ragione del clamoroso voltagabbana non risiederebbe né nella disputa sul cibo lievitato né nella manipolazione psicologica, ma invece sarebbe partita dalla polemica sulla sicurezza.

Gli attentati in territorio israeliano, rivendicati dallo Stato islamico, hanno spinto le comunità più conservatrici, come quella da cui proviene la parlamentare, a criticare il governo ritenuto troppo lasco in materia di sicurezza e a premere per un cambio di esecutivo orientato maggiormente a destra.

Si riaffaccia ora per la società israeliana l’incubo delle elezioni, che sarebbero le quinte in soli tre anni: basterebbe infatti appena un altro cambio di casacca perché le opposizioni possano indire una nuova tornata alle urne.

La crisi politica rischia intanto di complicare ulteriormente le relazioni con i palestinesi: Bennett da mesi aveva già respinto i tentativi degli Stati Uniti di organizzare un incontro con l’Autorità palestinese citando la fragilità della tenuta del governo e l’evento appare ora più che mai irrealizzabile.

Poiché diversi terroristi che hanno colpito recentemente erano originari della Cisgiordania, il governo potrebbe essere inoltre spinto a mostrarsi più intransigente e restrittivo, imponendo limitazioni di movimenti o di altro tipo che potrebbero provocare nuove rivolte come quelle della primavera dell’anno passato.

Sullo sfondo incombe inoltre la questione dell’accordo sul nucleare iraniano, le cui negoziazioni si stanno svolgendo in questi giorni: le necessità di politica interna potrebbero spingere l’attuale governo, dovesse rimanere in carica, o un nuovo esecutivo a scegliere l’opzione militare per affrontare la minaccia.