Che cosa resta della Palestina

Israele

Dopo la guerra tribale della metà della scorsa settimana cosa resta sul campo in ambito palestinese?.
Di fatto da ieri esistono due realtà politiche palestinesi separate. Una divisione che è sancita nelle cose, che la morte di Arafat (nel novembre 2004) ha accelerato, ma non l’ha originata: ha reso evidente un conflitto che ha cause strutturali di vario tipo: identitaria, culturale e politica. Un conflitto che ha un’origine e una scena precisa che si svolge venticinque anni fa, nell’estate 1982: riguarda la dimensione di abbandono e di vuoto che i palestinesi hanno allora avvisato.
Nell’agosto 1982 dopo un lungo assedio Arafat abbandona Beirut e si stabilisce a Tunisi con il suo stato maggiore. Quell’espulsione ha significato la nascita di un ciclo politico nuovo: scompare il ceto politico dirigente sul territorio e nel corso degli anni ’80 prende corpo un nuovo ceto politico fondato sul rapporto sacrale con la terra.
Ciò che inizia a declinare 25 anni fa è il ceto politico palestinese di governo formato nell’esilio, laico e secolarizzato. Chi rimane sul territorio dà voce a un’opinione pubblica sempre più frustrata: è l’area religiosa-radicale, fatta di piccola borghesia urbana e commerciale, di figli di notabili declassati, di nuovi intellettuali interni, che connettono il ritorno all’Islam come recupero della propria dignità.
Una miscela politica, culturale e identitaria che è presente in molto mondo arabo islamico, ma che nel caso palestinese dà luogo a un conflitto interno lacerante: da una parte per la presenza di una intellettualità laica e occidentalizzata, dall’altra perché i palestinesi sono una realtà costruita per un quinto di cristiani. Parlare di identità palestinese, come identità islamica, implica inevitabilmente introdurre dei conflitti interni destinati ad accrescere le spaccature sociali e culturali, anziché sanarle.
Uno Stato non si costruisce solo valutando il benessere individuale, relativo dei propri cittadini. Occorrono almeno: un esercito, un apparato economico, una struttura produttiva, un’idea di economia nazionale, un apparato di autogoverno e una classe dirigente, un sistema dei partiti e di strutture di rappresentanza sociale; una produzione culturale.
Tutti elementi che per ora non ci sono e che le scene di Gaza dimostrano che non ci saranno a breve.