di Aldo Baquis, da Tel Aviv
Israele si interroga. All’indomani dell’Eurovision 2019, ecco un Paese diviso fra quanti vorrebbero far proprio lo stile occidentale e chi desidera invece una società legata ai valori
più tradizionali dell’ebraismo. un mood ambivalente. Che riflette la doppia anima della Start up Nation e le sue contraddizioni. Un’attrazione-repulsione verso un’Europa
che troppo spesso non ha saputo capire il senso di solitudine e di pericolo vissuto da Israele
Accadeva ieri e potrebbe fungere da prologo. Siamo all’Expo Tel Aviv, 14 maggio, prima semifinale dell’Eurovision Song Contest. Avviluppata in un abito da sera color rosso, Dana International incede regalmente sul palco. Oltre che una cantante, è un punto di riferimento obbligato nella lotta per i diritti civili in Israele. Vent’anni fa, con la sua vittoria all’Eurovision, la “Diva” aveva conquistato Israele, malgrado fosse nata come Yaron Cohen e si fosse poi sottoposta a un’operazione per il cambiamento di sesso. In quel campo Israele era un Paese molto morigerato, molto conservatore.
La vittoria di Dana, all’epoca, servì a scoperchiare le remore passate e ad avviare la marcia verso il riconoscimento dei diritti civili della comunità Lgbt. “You are amazing just the way you are”, ha cantato adesso Dana International al pubblico di Tel Aviv. “L’amore è assenza di confini. È assenza di religione. Assenza di razza. L’amore non ha limiti”. Poi con le braccia ha disegnato in aria un grande cuore e ha invitato gli spettatori a baciarsi. Fra quelli inquadrati nel suo cuore dalle telecamere, una coppia di omosessuali. Meraviglia: proprio come a Berlino, a Parigi, a Stoccolma o a Barcellona? Sì. “L’Europa è qui”, annunciava intanto in prima pagina il quotidiano Maariv.
L’EFFETTO EUROVISION
Ancora la settimana prima, mezzo Israele era invece in pieno Medioriente, sotto la minaccia dei razzi sparati da Hamas a Gaza. Forse per questo, quando si sono aperti i cancelli dell’Eurovision, per molti israeliani è stata come una boccata di ossigeno. Un momento di meritato escapismo dagli assilli quotidiani, una pausa dai telegiornali che riducono l’anima a un filo con aggiornamenti costanti sulle minacce degli Hezbollah, delle Guardie rivoluzionarie dell’Iran o di altri nemici giurati di Israele.
Allora ben venga la ventata di ottimismo dei cantanti europei: dall’italiano Mahmood che parla di problemi familiari (giunto al secondo, meritato, posto dopo l’Olanda), all’estroverso francese Bilal Hassani (un ammiratore della pop star Lady Gaga) che incoraggia a credere sempre in se stessi, anche se per caso si è una ballerina di taglia extra large, oppure un’artista sordo-muta. È l’Europa in cui Israele ritiene di potersi riconoscere, di potersi specchiare, di poter abbracciare, con la quale catturare un attimo di distrazione e un brandello di normalità.
Non a caso, infatti, i biglietti dell’Eurovision sono andati a ruba, gli indici di ascolto sono stati molto elevati: la trasmissione è stata seguita in media dal 38,2 per cento degli israeliani (1,3 milioni di persone). Quando si è esibito il cantante israeliano Koby Marimi la percentuale di telespettatori è balzata al 44,8 per cento. C’è da dire, poi, che l’Eurovision è stato un grande successo organizzativo dell’ente pubblico israeliano Kan (che è peraltro in costante conflitto con l’esecutivo di Netanyahu) e del municipio di Tel Aviv, guidato dal laburista Ron Hulday. Il governo non è intervenuto affatto e la ministra della cultura e dello sport Miri Regev ha ignorato l’evento.
Gil Omer, un dirigente di Kan, ha detto invece che con l’Eurovision «Israele ha offerto al mondo il suo volto migliore»; e l’Ebu (l’ente europeo per le trasmissioni radio-televisive) ha dichiarato che questa edizione è stata una delle migliori in assoluto. Durante lo spettacolo, d’altra parte, duemila ortodossi a Gerusalemme si sono scontrati con la polizia. Protestavano per la violazione del riposo sabbatico perpetrata con la finale di sabato 18 maggio. Il rabbino Haim Druckman, del partito nazionl-religioso Focolare ebraico, ha rilevato che la violazione dello Shabbat è lecita solo per salvare vite umane, mentre «è vergognosa se è per svolgere uno spettacolo musicale». Il suo partito si impegnerà perché ciò non avvenga più.
Ancora una volta fra Tel Aviv e Gerusalemme c’è un baratro politico e culturale. L’Israele che viene applaudito in Europa è lo stesso Israele che si trova sotto attacco frontale da parte della nuova coalizione di Benyamin Netanyahu.
Israele vs. Europa
Ma se l’Eurovision ha riavvicinato Israele all’Europa, negli ultimi anni, nello Stato ebraico, si sono sedimentati anche attitudini meno lusinghiere, sviluppando nel sentiment israeliano verso il vecchio continente un mood ambivalente e contraddittorio. In particolare destano contrarietà le attività di Ong finanziate da governi europei che criticano l’operato di Israele nei Territori o nei confronti della minoranza araba. La sensazione, amplificata dal tabloid filo-governativo Israel ha-Yom, è che si tratti di ingerenze straniere insopportabili per uno Stato sovrano. L’antipatia personale di Benyamin Netanyahu verso Federica Mogherini (responsabile della politica estera dell’Ue) è seconda solo a quella che provava verso Barack Obama.
A esprimere questi sentimenti di acrimonia è stato inopinatamente Avri Gilad, un giornalista televisivo molto amato e privo di colorazione politica. Alla cronista che riferiva dell’incendio a Notre Dame a Parigi ha detto di dubitare della fondatezza delle informazioni che lo attribuivano a un corto circuito. «I francesi sono bugiardi, tutti gli europei sono bugiardi – ha proclamato. – Fanno finta di ignorare gli stupri, vietano che si parli di crimini di odio, spazzano tutto sotto il tappeto. Hanno paura dell’ombra di se stessi – ha rincarato – e più di tutto temono i musulmani».
Fra quanti non lesinano critiche ai dirigenti europei vi è il figlio maggiore di Netanyahu, Yair. In passato aveva avuto un flirt con Sandra, una ragazza norvegese non ebrea. Suo zio, Hagi Ben-Arzi, era insorto: «È come se avesse sputato sulla tomba dei nonni», aveva esclamato. Poi però il love affair è terminato e da allora Netanyahu jr. si è allineato con la destra nazionalista ebraica.
Ma proprio mentre Dana International inneggiava all’“amore che non conosce religione né razza”, un altro dirigente del Likud, l’ex ministro Gideon Saar, si è visto recapitare a casa una lettera in cui veniva messo in guardia dal flirt fra sua figlia Allona e un attore televisivo israeliano, Amir Khoury, che è arabo. La lettera giungeva da un gruppo della destra religiosa ebraica, che peraltro ha un piede nella coalizione di governo di Netanyahu.
Nell’Israele 2019 anche i diritti della comunità Lgbt sono tornati ad essere oggetto di contrasto.
Il rabbino Igal Loewenstein, ad esempio, insegna che l’omosessualità è una «distorsione sessuale, una tragedia». Gli scienziati devono mobilitarsi e «così come hanno debellato l’Aids sapranno anche debellare l’omosessualità», prevede questo religioso che insegna in una accademia di preparazione al servizio militare, molto legata a Focolare ebraico, il partito nazional-religioso che dovrebbe assicurarsi il dicastero dell’istruzione nel nuovo governo Netanyahu.
Inoltre, con 16 deputati ortodossi alla Knesset (su 120), gli israeliani riceveranno probabilmente nei prossimi anni dosi addizionali di studio religioso. Questa edizione dell’Eurovision è passata di “straforo”, dopo che Netanyahu ha assicurato ai rabbini che di sabato la maggior parte della sua produzione era affidata a non ebrei. Non era un’affermazione molto precisa, ma i religiosi hanno preferito guardare altrove: almeno fino al termine delle trattative per il nuovo governo. Ma in futuro, una volta assicurati i finanziamenti pubblici alle loro istituzioni, torneranno a lottare per impedire che si lavori di sabato.
In seguito alle elezioni dell’aprile 2019, Israele si è confermato un Paese culturalmente diviso fra quanti vorrebbero far parte del mondo occidentale, laico e liberale, e quanti preferiscono invece una società più legata ai valori tradizionali dell’ebraismo.
EPILOGO
In questa occasione, l’Eurovision Song Contest è servito da cartina di tornasole. “Sei formidabile così come sei”, ha cantato Dana International. “Amore è niente-confini. Amore è niente-religione. Amore è niente-razza. Amore è nessun-limite”. Una esibizione folgorante di tre minuti, quella di Dana International, che ha consentito di toccare con mano la distanza fra il mainstream nell’Europa occidentale e quello in Israele. Il suo è stato un manifesto libertario che, in crescenti settori della società israeliana, assume ora un sapore quasi sovversivo.