Ritornano al Tempio Centrale gli argenti trafugati

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di Ester Moscati

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Tre settimane. Esattamente dopo tre settimane dalla scoperta del furto degli argenti del Tempio Centrale di Milano, i preziosi arredi sono tornati a casa. Venerdì 25 febbraio, di fronte alle porte dell’Aron Hakodesh, l’armadio che custodisce i Rotoli della Torà, c’è stata la consegna, da parte del Capitano dei Carabinieri Francesco Novi, della chiave d’oro nelle mani del Rabbino Capo Alfonso Arbib e del Presidente della Comunità Roberto Jarach. Oltre alle due Corone e alle quattro coppie di Rimonim.

“Un nes, un miracolo” lo definisce Rav Schunnach senza esitazione. “Solo il Signore poteva fare in modo che tutto si risolvesse per il meglio, rapidamente e senza danni”.
Ma il Presidente Jarach tiene a sottolineare proprio il contributo determinante di Rav Shunnach, primo a scoprire il furto, che si era subito attivato per segnalare l’accaduto alle sue conoscenze nel mondo dei collezionisti di Judaica.

E determinante è stata l’efficienza del nucleo dei Carabinieri di Milano, dell’Interpol e della polizia israeliana.

Euforia, gioia commozione i sentimenti dominanti in via Guastalla al momento di aprire i pacchi con la refurtiva recuperata in Israele.
In Israele restano invece, due agli arresti domiciliari e due in carcere, i responsabili del furto. Due sono fratelli, e tutti sono giovani appartenenti a famiglie religiose di Mea Sharim, il quartiere delle Cento Porte, il più ortodosso di Gerusalemme. La famiglia dei due fratelli ladri è affranta, chiusa nel suo dolore, incredula.
Intanto si è appreso qualche particolare sulla dinamica del furto: due dei ragazzi poi arrestati avevano iniziato già ai primi di gennaio a frequentare la sinagoga di via Guastalla. Erano quasi diventati “volti noti”, quindi, quando la prima settimana di febbraio avevano messo in atto il loro piano. Entrati con due borsoni, hanno finto di dimenticarli e il giorno dopo sono tornati a prenderli, dopo averli riempiti approfittando di qualche minuto in cui il tempio era vuoto. Fuggiti poi in Francia, hanno da lì preso l’aereo per Tel Aviv, presentando alla dogana documenti falsi che attestavano che gli argenti erano materiale religioso da restaurare in Israele.