Joe Biden e yair lapid

Biden in Israele per rafforzare cooperazione bilaterale e sicurezza regionale

Israele

di Francesco Paolo La Bionda
Il presidente statunitense Joe Biden è arrivato il 13 luglio in Israele per la sua prima visita ufficiale come capo di stato americano. Atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, è stato accolto dal neo premier israeliano Yair Lapid, dal suo predecessore Naftali Bennett e dal presidente israeliano Isaac Herzog. Presenti anche i ministri dell’attuale esecutivo e l’ex primo ministro Benyamin Netanyahu.

La cooperazione per la sicurezza al centro della visita

 È stato chiaro fin da subito che al centro del viaggio diplomatico c’è il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza contro le minacce comuni nell’area mediorientale, a partire dall’Iran. La prima tappa per Biden appena sbarcato è stata infatti una visita alla base dell’aeronautica israeliana di Palmachim per visionare diversi sistemi di difesa antimissilistica tra cui Iron Dome e Iron Beam.

“Continueremo a promuovere l’integrazione regionale di Israele e la relazione tra Stati Uniti e Israele è forte e profonda come non mai” ha dichiarato Biden, facendo riferimento implicito anche ai recenti riavvicinamenti dello Stato ebraico con diversi paesi arabi.

Riferimento poi esplicitato da Lapid nel suo commento: “Discuteremo della necessità di rinnovare una forte coalizione globale che fermi il programma nucleare dell’Iran. Discuteremo questioni di sicurezza nazionale. Parleremo della costruzione di una nuova architettura di sicurezza ed economica con le nazioni del Medio Oriente, seguendo gli Accordi di Abramo e i risultati del summit del Negev”.

Riguardo alla minaccia posta dal programma nucleare del regime di Teheran, l’inquilino della Casa Bianca ha voluto rassicurare Israele di essere determinato a porre un freno alle attività iraniane, sebbene il desiderio americano sia quello di tornare all’accordo siglato nel 2015 duramente criticato dallo Stato ebraico. Rispondendo però a una domanda dei giornalisti, Biden ha anche affermato che se i nuovi negoziati con l’Iran non andassero in porto e la forza militare rimanesse l’unica opzione per impedire che gli ayatollah si dotino della bomba atomica, sarebbe pronto ad usarla.

 Il meeting del Gruppo “I2U2”

Giovedì 14 luglio Biden ha preso parte insieme ai suoi omologhi di India, Israele ed Emirati Arabi Uniti alla  prima riunione virtuale dei leader del Gruppo “I2U2”.

Un nuovo format di cooperazione tra gli stati coinvolti che, secondo la dichiarazione congiunta,  si focalizzerà in particolare sugli investimenti e su nuove iniziative imprenditoriali nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti, dello spazio, della salute e della sicurezza alimentare.

L’accordo per la tecnologia

Poche ore prima dell’arrivo di Biden a Tel Aviv inoltre Israele e gli Stati Uniti hanno annunciato l’istituzione di un comitato bilaterale per promuovere la cooperazione tecnologica, che secondo la nota ufficiale dovrà “presentare soluzioni alle sfide globali come la preparazione alle pandemie, il cambiamento climatico, l’implementazione dell’intelligenza artificiale e la garanzia di ecosistemi tecnologici affidabili”.

 

Biden sionista e favorevole ai due stati

 Nelle sue dichiarazioni pubbliche, Biden si è autodefinito sionista, aggiungendo che non è necessario essere ebrei per essere a favore dello Stato ebraico. Affermazione sottolineata da Lapid, che ha parlato di Biden come di “un grande sionista e uno dei migliori amici che Israele conosca”. Il presidente americano del resto prima di assumere la massima carica del Paese aveva già visitato lo Stato ebraico ben nove volte ricoprendo altre cariche politiche.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, Biden ha quindi criticato quei membri del suo Partito Democratico che definisce Israele “uno stato di apartheid”. “Credo siano pochi e che si sbaglino” ha affermato il presidente americano, ribadendo quindi che “Israele è una democrazia. Israele è nostro alleato. Israele è un paese amico, e non sento di dovermi scusare con loro di niente”.

 Nel suo discorso, Biden ha anche affrontato la questione dei rapporti con i palestinesi, ribadendo che a suo modo di vedere “la soluzione dei due stati rimane la migliore per garantire pace e stabilità a israeliani e palestinesi”, pur concedendo che “è ancora molto lontano dall’essere realizzato”.

Alla viglia del viaggio di Biden si è inoltre scatenata una polemica quando il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, parlando con i giornalisti, ha dichiarato che gli Stati Uniti “vorrebbero un consolato a Gerusalemme Est”, in apparenza riconoscendo quindi la metà orientale della città santa come capitale palestinese. Dichiarazione poi rettificata da Jack Kirby, coordinatore della comunicazione strategica del Consiglio per la sicurezza nazionale, che ha precisato che gli Usa sono “interessati a valutare un consolato a Gerusalemme”.

La visita allo Yad Vashem

 Biden dopo la visita alla base di Palmachim, Biden si è spostato a Gerusalemme per una cerimonia commemorativa allo Yad Vashem, dove ha anche incontrato due superstiti della Shoah.

La prossima tappa è l’Arabia Saudita

Il 15 giugno Biden ripartirà da Tel Aviv alla volta di Riad, dove cercherà di ha bisogno di ricucire i rapporti con l’influente e controverso principe ereditario saudita  bin Salmān, che il presidente americano aveva aspramente criticato per il suo ruolo nell’omicidio del dissidente Jamal Khashoggi. Ma il politico statunitense potrebbe anche cercare di accelerare l’ufficializzazione dei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita, la cui collaborazione ufficiosa è ormai nota. La formalizzazione dei buoni rapporti è frenata principalmente dalle critiche che i custodi dei luoghi santi musulmani riceverebbero dalla sfera islamica se prima non fosse risolta la questione palestinese.