di Pietro Baragiola
Domenica 16 novembre gli eleganti saloni di Villa Necchi Campiglio a Milano hanno ospitato la presentazione di MiramART: Beyond the Sea, il catalogo della collezione d’arte contemporanea del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure.
MiramART nasce dall’estro brillante del Managing Director Andrea Fustinoni (ritratto a sinstra), che, prendendo le redini del Grand Hotel Miramare dal padre Giovanni Fustinoni, negli ultimi anni ha trasformato l’albergo da pilastro dell’hotellerie a luogo di innovazione, arte e cultura al cui interno è possibile trovare oltre 80 opere di 60 artisti italiani e internazionali.
“Ci teniamo sempre a ricordare che il nostro è un albergo, non un museo” ha spiegato Fustinoni durante l’intervista a noi rilasciata. “La collezione è interamente sotto la nostra cura e responsabilità e questo ci porta a selezionare con maggiore attenzione gli artisti al suo interno. Alcuni di questi sono ebrei piuttosto famosi come Yael Bartana, Uriel Orlow, Marion Baruch e Amir Yatziv. Le opere dei primi due sono tutt’ora presenti tra le stanze e i corridoi del Grand Hotel Miramare, mentre quelle di Baruch sono state prese in prestito dal MAXXI dell’Aquila e verranno restituite entro la fine di novembre. Yatziv, invece, è in storage per il momento perché abbiamo rifatto la stanza nel quale era collocato.”
La collezione MiramART
Grande appassionato di design, Andrea Fustinoni negli ultimi anni ha esteso questa passione anche ad altre forme d’arte come la pittura, i video e la scultura arrivando a raccogliere circa 250 capolavori di arte contemporanea.
“Ritengo che l’arte debba essere vista e fruita dal maggiore pubblico possibile e non debba restare a prendere polvere in un magazzino” ha affermato Fustinoni che, con l’aiuto del compagno Fabio D’Amato (ritratto a destra), ha diviso tutte le sue opere tra due collezioni: una privata e una “corporate”. Quest’ultima è stata allestita nei corridoi comuni e nelle camere del Miramare, pensata per dialogare con l’ospite creando un connubio tra arte e vita quotidiana.
Ad alimentare la passione di Fustinoni per l’arte contemporanea è stato anche Arturo Schwartz, il noto saggista italiano venuto a mancare nel 2021, che lo ha introdotto all’associazione Amici del Museo di Tel Aviv, di cui era il fondatore.
“Arturo mi ha dato una visione molto più ampia dell’arte contemporanea, introducendomi a diversi artisti come Yael Bartana e a personaggi iconici come Angela Polacco che, ogni anno, accompagna diverse delegazioni in visita a Gerusalemme e, in una di queste occasioni, mi ha fatto conoscere la sua città. Posso dire con orgoglio che l’arte contemporanea mi ha permesso di esplorare molte realtà.”
Yael Bartana e la dualità delle opere
Parlando di artisti che hanno mantenuto una certa coerenza stilistica nelle loro opere Fustinoni ci guida attraverso le opere dell’israeliana Yael Bartana che indaga i temi della ricostruzione dell’identità, della tensione e del trauma collettivo attraverso narrazioni visive che combinano ritualità e simbolismo.
Nella camera 314 è esposta Scenes from Malka (VIII), la stampa a getto d’inchiostro che colloca la figura androgina del Messia Malka Germania sulle rive del lago Wannsee, luogo simbolico nella memoria europea dove nel 1942 si è tenuta la conferenza che ha deciso di mettere in atto la “Soluzione Finale”. Nel paesaggio dell’immagine, solo in apparenza ordinario, riaffiora la cupola del progetto “Germania”, l’utopica capitale del Terzo Reich. Nel mezzo di questo panorama mistico Malka si confonde tra i bagnanti, il sacro irrompe nel quotidiano e tutta la scena rimane sospesa.
La stessa sospensione è evidente anche in Hell, la stampa tratta dall’omonimo cortometraggio che esplora le contraddizioni dell’identità religiosa ebraica mettendo in scena la ricostruzione del Tempio di Salomone realizzata dalla Chiesa Universale del Regno di Dio a San Paolo. Nel dipinto, oggi esposto nella palestra del Grand Hotel Miramare, un gruppo di devoti in abiti bianchi avanza in pellegrinaggio quando, improvvisamente, la terra si apre, alcuni vengono inghiottiti e altri vagano feriti tra le rovine. Anche qui Bartana congela l’istante, interrogandosi sulla spettacolarizzazione contemporanea del sacro. L’immagine non dichiara ma suggerisce, interrogando lo spettatore su ciò che accade dopo.
“Penso sia importante ricordare la grande dualità di rappresentazione di queste opere” spiega Fustinoni. “Se le guardi di sfuggita hanno solamente una finalità estetica mentre se le osservi con attenzione portano a galla numerosi temi importanti e invitano al ragionamento.”
Un altro esempio che, secondo Fustinoni, rappresenta a pieno questa dualità si trova nell’opera Body En Thrall, p.107 from Indigenous Woman di Martin Gutierrez, esposta lungo il corridoio della piscina del Grand Hotel Miramare.
“Sembra una semplice fotografia in bianco e nero di una donna circondata da lettini e ombrelloni” spiega il Managing Director. “Ma se la si osserva bene si nota che la donna è una cameriera sudamericana e le persone non sono altro che manichini, che la fissano senza parlare. Questa è un’espressione dell’incomunicabilità che spesso troviamo ancora tra i diversi gruppi sociali.”
Opere in dialogo con l’albergo: Uriel Orlow
Divise tra le camere 501, 315 e le Deluxe Suite Marconi 105 e Santa Margherita 505 le opere di Uriel Orlow sono esposte proprio nelle stanze che dialogano direttamente con il giardino del Miramare, rappresentando così uno dei nuclei più poetici dell’intera collezione.
Orlow è famoso per rendere le piante dei veri agenti storici capaci di raccontare ciò che gli esseri umani dimenticano. Nella serie The Memory of Trees l’artista fotografa alberi che hanno assistito ai momenti più drammatici della storia coloniale, diventando testimoni e custodi di ricordi.
“Come i fantasmi gli alberi ci ricordano che il passato vive nel presente” ha affermato Orlow in una recente intervista.

Con Bounds il discorso si rovescia in quanto le piante diventano muri, recinzioni costruite in Sudafrica per rendere i giardini e le proprietà impenetrabili. La natura in questi casi partecipa ai meccanismi di segregazione e controllo, sostenendo le differenze di classe e i confini imposti dall’uomo.
“Alcune opere possono dividere e altre invitare al dialogo, tutto dipende dall’artista” spiega Fustinoni. “Ci sono artisti che si sentono liberi di esprimere e realizzare tutto ciò che pensano e come vedono il mondo. È compito della galleria fare da filtro tra le opere e gli spettatori. Non avendo questi intermediari, nel nostro caso, bisogna stare molto attenti, ma è anche divertente cercare di trovare il giusto equilibrio tra un’opera che non rinunci a dare il suo messaggio e il mondo esterno.”
Grazie a Fustinoni, il Grand Hotel Miramare, che ha da poco compiuto 122 anni di attività, si propone come un paradiso di accoglienza e riflessione, dove la memoria, l’identità e la storia trasformano i corridoi, le camere e i giardini rivalorizzandoli. Non è solo una collezione privata, ma un vero invito, per chi è interessato, a dialogare, a interrogarsi e a condividere una visione dell’arte che non resta isolata ma vive in relazione con il presente, costruendo ponti tra l’ospitalità e il pensiero contemporaneo.





