di Davide Cucciati
Per Israele, Baku è da tempo un interlocutore di primo piano sul piano energetico e della sicurezza mentre Astana si propone come ponte con l’Asia Centrale. Il rafforzamento dell’asse turcofonico consente a Gerusalemme di proiettarsi verso una regione che si sta rapidamente trasformando in un nuovo centro di gravità geopolitico.
La visita del presidente azero Ilham Aliyev (a sinistra nella foto) in Kazakistan (nella foto a destra il presidente Qasym-Jomart Toqaev), svoltasi ad Astana il 20 e 21 ottobre 2025, ha segnato un nuovo capitolo nei rapporti tra i paesi turcofoni nel cuore dell’Eurasia. Secondo Israel National News, l’incontro di Astana “non è stato un semplice viaggio di Stato ma una dichiarazione di intenti”: sono stati firmati accordi in materia di energia, trasporti, industria della difesa e connettività digitale.
L’analista Rachel Avraham, citata dalla stessa testata, osserva che “la cooperazione tra Baku e Astana simboleggia la crescente fiducia strategica del mondo turcofono” e offre a Israele “una piattaforma pragmatica di dialogo con il mondo musulmano”. Entrambi i paesi, infatti, mantengono relazioni bilanciate sia con Gerusalemme sia con le capitali arabe, riuscendo là dove molti altri hanno fallito: coniugare la partnership con Israele e l’appartenenza culturale all’Islam.
Per Israele, questo equilibrio rappresenta un’opportunità. Baku è da tempo un interlocutore di primo piano sul piano energetico e della sicurezza mentre Astana si propone come ponte con l’Asia Centrale. Il rafforzamento dell’asse turcofonico, spiega Israel National News, consente a Gerusalemme di proiettarsi verso una regione che si sta rapidamente trasformando in un nuovo centro di gravità geopolitico.
Ma mentre l’Azerbaijan rafforza la sua rete di alleanze, non mancano le pressioni esterne. Secondo quanto riferito dal Jerusalem Post, alcune minacce attribuite al regime iraniano avrebbero portato alla cancellazione della conferenza della Conference of European Rabbis, prevista a Baku dal 3 al 6 novembre. La stessa Conferenza, interpellata dal quotidiano israeliano, ha parlato di “circostanze al di fuori del nostro controllo”, ringraziando “il governo dell’Azerbaijan per il continuo sostegno”. Il Ministero degli Esteri di Baku, aggiunge il Jerusalem Post, “non ha risposto immediatamente alle richieste di commento”.
Il presidente della Conferenza, rav Pinchas Goldschmidt, ha spiegato che si sta lavorando per riprogrammare l’evento, forse in Israele, ricordando che il tema centrale della conferenza doveva essere la libertà religiosa, la lotta all’antisemitismo in Europa e il ruolo degli Accordi di Abramo come modello di cooperazione.
La crescente rilevanza dell’asse tra Azerbaijan e Kazakistan apre nuovi scenari per il dialogo tra Israele e i paesi a maggioranza musulmana impegnati in una cooperazione pragmatica. Tuttavia, episodi come la cancellazione della conferenza rabbinica a Baku ricordano quanto sia ancora fragile l’equilibrio regionale tra apertura, sicurezza e libertà religiosa.



