Zelda e Yona Wallach: il cipresso e la fiamma. Due grandi poetesse agli antipodi, che seppero essere amiche

Personaggi e Storie

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Fra le numerose poetesse della letteratura israeliana del Novecento (Rachel Bluwstein, della quale ho parlato nella rubrica di marzo 2024; Leah Goldberg; Dahlia Ravikovitch) vorrei menzionare due figure di rilievo che si trovano agli antipodi una dall’altra. La discreta e pia Zelda (Zelda Sheyne Shneurson Mishkovsky), nata in Yekaterinoslav (oggi Dnipro in Ucraina) nel 1914 e morta a Gerusalemme nel 1984, e la geniale e sulfurea Yona Wallach (cognome erroneamente pronunciato Volach), nata in Palestina mandataria nel 1944 e morta prematuramente nel 1985.

Zelda proveniva da una famosa famiglia chassidica (era la cugina di primo grado del Rebbe di Lubavitch Menachem Mendel Schneerson). Arrivata in Palestina mandataria all’età di 11 anni, passò la sua vita in un ambiente religioso ma aperto alle idee moderne e a contatto con la società israeliana laica. Era maestra di scuola e fra i suoi alunni figurava il giovane Amos Klausner (Oz) che la menziona con devozione nel suo libro autobiografico Una storia di amore e di tenebra.

In un’epoca in cui la poesia ebraica era sempre rimata e ritmata (come la poesia russa di cui era l’imitazione), Zelda si distinse per un’estetica poetica moderna, liberata dalle costrizioni della rima e della metrica, dove la rima è solo occasionale e il ritmo segue il movimento delle emozioni. Un esempio di questa poesia concettuale è Le-khol ish yesh shem (“Ogni persona ha un nome”), tradotto in italiano da Sarah Kaminsky e Maria Teresa Milano (vedi QUI). Questo poema sobrio e grazioso è l’espansione lirica di un breve brano del Midrash Tanhuma (sezione Va-yaqhel), un commento rabbinico del VII secolo dell’era comune.

L’unico punto comune fra Zelda e Yona Wallach è questa libertà che entrambe le poetesse presero nei confronti delle costrizioni formali, pur non rinunciando alla musicalità del verso. I poemi dell’una e dell’altra sono stati spesso messi in musica, in primo luogo il famoso Le-khol ish yesh shem, cantato da Chava Alberstein. Nel caso di Wallach, la relazione alla musica è più complicata poiché la giovane poetessa, incapace di cantare i propri poemi, li declamava teatralmente con l’accompagnamento musicale di un gruppo pop.

La prima gioventù di Yona Wallach fu tormentata da problemi psichici acuti evocati nel film Yona di Nir Bergman dove l’attrice italo-israeliana Naomi Levov incarna Yona. Nel 1972, all’età di 28 anni, Wallach si affermò come una poetessa di primo piano. Diventata l’idolo della bohème telaviviana, trasmetteva l’energia della vita alla poesia ebraica e poetizzava la propria vita, trasformando spettacolarmente la sua esistenza in un happening perenne, pieno di scandali che le venivano perdonati parzialmente.

Nel 1967, cinque anni prima che raggiungesse la notorietà, Yona Wallach scrisse una lettera piena di ammirazione e di rispetto a Zelda che aveva appena pubblicato la sua prima raccolta di poesie Pnai “Tempo libero”. Fra le due poetesse nacque un’amicizia sincera che ispirò a Zelda il poema Shnei yesodot (“i due elementi”) del quale vorrei proporre una traduzione: La fiamma dice al cipresso:/ “Quando vedo/ Come sei serena/ Come ti drappi di genio/ Qualcosa si scatena in me./ Come è possibile vivere questa vita/ Terribile?/ Senza un pizzico di follia,/ Senza un pizzico di spiritualità/Senza un pizzico di fantasia/ Senza un pizzico di libertà,/ In un orgoglio antico ed austero;/ Se potessi, brucerei/L’istituzione/ Chiamata ‘stagioni’/ E la maledetta dipendenza/ Alla terra, all’aria, al suolo, alla pioggia e alla rugiada./ Il cipresso tace./ Sa di possedere follia,/ Di possedere libertà,/ Di possedere fantasia/ E spiritualità./ Ma la fiamma non lo capirà;/ La fiamma non ci crederà.

La stima e l’amicizia fra le due poetesse durò 15 anni. Non si vedevano molto ma le tre visite di Yona Wallach a Zelda furono intense e memorabili. Fino al 1982, quando mossa dalla sua volontà di provocare scandalo, Yona Wallach pubblicò nella rivista letteraria ‘Iton 77 una ballata intitolata Tefillin dove la poetessa trasforma le strisce dei filatteri rituali in un accessorio sessuale nello stile sadomaso. Dopo questa provocazione Zelda ruppe ogni relazione con Wallach. Morì dopo due anni all’età di 70 anni. La sua morte fu seguita poco dopo da quella di Yona, portata via da un cancro diagnosticato nel 1981. Aveva 41 anni, appena qualche mese in più di Rachel Bluwstein al momento della sua morte. Zelda e Yona, ognuna a modo suo, simboleggiano due anime, due orientamenti della cultura israeliana: quella gerosolimitana, che vede Israele come la continuazione dell’ebraismo religioso diasporico, e quella telaviviana che considera la cultura ebraica rinnovata come una tabula rasa dalla quale irrompe una civiltà futurista senza le profonde radici del cipresso.