di Anna Balestrieri (Gerusalemme)
Israele si prepara a riprendere nei prossimi giorni i negoziati indiretti con Hamas sull’attuazione della prima fase del piano di cessate il fuoco e scambio di ostaggi proposto dal presidente statunitense Donald Trump. Venerdì sera, il 3 ottobre, Hamas ha fatto pervenire la sua risposta, dichiarandosi disposto a liberare tutti gli ostaggi israeliani, vivi e morti, e ad avviare discussioni sui dettagli operativi.
La reazione della Casa Bianca
Fonti governative israeliane riferiscono che, sebbene Washington non sia soddisfatta della posizione di Hamas, la Casa Bianca non intende abbandonare l’intesa. Secondo valutazioni a Gerusalemme, Trump preferisce procedere comunque e spingere Hamas ad accettare le condizioni, piuttosto che lasciar fallire l’iniziativa.
Nella notte tra venerdì e sabato, lo stesso Trump ha scritto sui social: «Credo che siano pronti per la pace. Israele deve fermare i bombardamenti così potremo garantire rapidamente la liberazione degli ostaggi». Il messaggio ha spinto il premier Benjamin Netanyahu a convocare una riunione d’urgenza, al termine della quale il governo ha ordinato alle forze armate di interrompere ogni offensiva su Gaza, limitandosi a operazioni difensive.
Colloqui in Egitto con la mediazione americana
Secondo quanto riportato da Al Arabiya, una delegazione di Hamas dovrebbe giungere al Cairo sabato sera, dove domenica avranno inizio i colloqui. Non si terranno in Qatar, a causa delle tensioni con Israele seguite all’attacco dell’IDF contro la leadership di Hamas a Doha il mese scorso.
Le trattative al Cairo vedranno la presenza di figure di primo piano: l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, Jared Kushner in qualità di consigliere della Casa Bianca, il ministro israeliano per gli Affari strategici e capo negoziatore Ron Dermer, il capo dello Shin Bet e altri alti funzionari della sicurezza israeliana.
Obiettivo dell’incontro sarà definire le disposizioni pratiche per l’avvio della prima fase del piano di Trump. Israele presenterà mappe relative al ritiro progressivo dell’IDF dalla Striscia di Gaza, in tre fasi. Parallelamente, il governo israeliano sta elaborando posizioni dettagliate su punti rimasti vaghi nella proposta americana:
- la lista dei prigionieri palestinesi da liberare in cambio degli ostaggi israeliani, poiché il documento si limita a indicarne il numero ma non le identità;
- la questione della smilitarizzazione di Gaza e la possibilità che Hamas mantenga armi leggere;
- le aree precise da cui le truppe israeliane si ritireranno durante ciascuna fase dell’accordo.
Amministrazione di Gaza e fase di transizione
Hamas, pur accettando in linea di principio la proposta, ha chiarito che alcune questioni riguardanti il futuro della Striscia e i diritti del popolo palestinese dovranno essere discusse in un «quadro nazionale palestinese complessivo». L’organizzazione ha inoltre annunciato la propria disponibilità a trasferire l’amministrazione di Gaza a un organismo palestinese indipendente, sostenuto da un consenso arabo-islamico.
Il piano di Trump prevede che la gestione della Striscia, nel periodo di transizione, venga affidata a un Comitato palestinese supervisionato da un organismo internazionale denominato Peace Council, guidato dallo stesso presidente americano e dall’ex primo ministro britannico Tony Blair.
La posta in gioco resta altissima: da un lato la pressione delle famiglie degli ostaggi, che hanno definito l’iniziativa di Trump «un atto coraggioso di leadership», dall’altro l’urgenza per Israele di bilanciare le esigenze di sicurezza con l’imperativo politico e diplomatico di non trovarsi isolato sul piano internazionale.
Domenica al Cairo si capirà se Hamas e Israele, con la spinta decisiva di Washington, riusciranno a tradurre in realtà la fase iniziale di un piano che potrebbe segnare una svolta storica nel conflitto.
in alto: Foto dal profilo IG dell’IDF