Accettare: il primo passo per prendersi cura e costruire una strategia

JOB news

di Dalia Fano, responsabile JOB

Introduzione: fermarsi per guardare davvero

Ci sono momenti dell’anno che invitano a fermarsi per osservare con sincerità ciò che abbiamo vissuto e ciò che sentiamo dentro.
Tra RoshHashanah e Yom Kippur, questa pausa assume un significato particolare: ci chiede di fare i conti con le nostre esperienze, di osservare le emozioni che emergono e di scegliere con cura le intenzioni per il futuro.

Non si tratta di esercizi di perfezione, né di pensiero positivo a tutti i costi. È un’opportunità per sentire, riconoscere e dare spazio a ciò che proviamo, anche quando è difficile: rabbia, delusione, frustrazione, vergogna. Accettare ciò che emerge è il primo passo per prendersi cura di sé e trasformare l’esperienza vissuta in azione concreta.

Guardare al presente prima di progettare il futuro

Parlare del passato rassicura: ci ancora a ciò che abbiamo fatto, ci dà riferimenti e identità.
Ma la sicurezza del passato da sola non è sufficiente per progettare il futuro. Senza un’accettazione autentica del presente, manca lo spazio interiore per aprirsi alla progettualità concreta.

E senza progettualità non può nascere una strategia efficace: ossia la capacità di trasformare l’esperienza accumulata in passi reali e sostenibili.
In questa fase, molte persone si sentono bloccate. È naturale reagire con emozioni reattive: rabbia verso ciò che è successo o verso chi ci circonda, o vergogna che spesso viene mascherata cercando spiegazioni esterne.

Questa reattività non è negativa di per sé, ma se non viene riconosciuta rischia di impedire la ripartenza. Accettare le emozioni difficili è quindi il primo gesto concreto di cura verso sé stessi.

Perché l’accettazione conta

L’accettazione non è rassegnazione, né semplice pensiero positivo.
È una capacità concreta di regolazione interiore.Permette di riconoscere ciò che si vive senza farsi travolgere dalle reazioni automatiche, creando uno spazio tra esperienza e risposta, e riducendo il rischio di restare intrappolati in schemi ripetitivi.

La ricerca lo mostra chiaramente:

  • Riduce la ruminazione. Accogliere e sentire ciò che accade interrompe il pensiero circolare e libera energie per prendere decisioni concrete.
  • Riorienta la risposta allo stress. Accettare emozioni e pensieri intensi permette al cervello di regolare la tensione senza bloccare le funzioni esecutive.
  • Aumenta la flessibilità psicologica. La mindfulness e pratiche come RAIN aiutano a restare presenti e ad agire secondo i propri valori, anche in situazioni complesse.

In sintesi, accettare significa stare in contatto con ciò che accade dentro e fuori di noi, senza negare le emozioni difficili né reagire automaticamente. Sul piano personale, ci permette di osservare con chiarezza ciò che proviamo, distinguendo tra esperienza e identità.

Sul piano professionale, crea lo spazio necessario per scegliere le azioni più efficaci, trasformando i cambiamenti in opportunità concrete: dalla decisione su un nuovo percorso lavorativo alla capacità di riorganizzare il proprio lavoro o imparare nuove competenze.

In altre parole, accettare non è resa: è un approccio realistico e strategico, che ci consente di usare le risorse interne ed esterne in modo mirato, trasformando ciò che viviamo in passi concreti e sostenibili verso il futuro.

Mindfulness e la pratica RAIN

La mindfulness offre strumenti concreti per sviluppare questa capacità. Non è evasione, ma presenza.
La pratica RAINad esempio, traduce l’accettazione in passaggi pratici:

  • R – Recognize (Riconosci). Dare un nome a ciò che provi: “sento rabbia”, “provo vergogna”.
  • A – Allow (Permetti). Concedere spazio all’emozione senza combatterla né reprimerla.
  • I – Investigate (Indaga con curiosità). Esplorare cosa l’emozione ci racconta su bisogni, valori o limiti.
  • N – Nurture (Nutri con gentilezza). Rispondere a sé stessi con cura, non con giudizio.È  un portareun’attenzione gentile alla parte di sé che sta soffrendo

Si cambia il modo di entrare in relazione con il proprio disagio, permettendo di prendersi cura di sé e di aprirsi a nuove possibilità.

Prendersi cura nella pratica

Accettare significa anche:

  • Dare un nome all’esperienza, senza minimizzarla.
  • Separare l’esperienza dall’identità: ciò che accade non definisce chi siamo.
  • Cercare uno sguardo esterno che aiuti a uscire dai loop mentali.
  • Rileggere la propria storia come un racconto vivo, dove pause e interruzioni rivelano competenze spesso invisibili.

Dall’accettazione alla strategia

Una volta aperto questo spazio interiore, diventa possibile agire concretamente:

  • Condividere con qualcuno che sappia ascoltare e restituire uno sguardo nuovo.
  • Rivedere strumenti professionali, come CV e profili, in chiave valorizzante.
  • Coltivare micro-azioni quotidiane: una telefonata, una candidatura, un momento di mindfulness.

In questo processo di ripresa, JOB c’è.

La strategia si costruisce passo dopo passo. Colloqui di counseling e/o coaching diventano momenti concreti per la costruzione del proprio piano di azione, unitamente alla revisione del curriculum, alla simulazione dei colloqui, alla ricerca di opportunità.

Un tempo di bilancio e ripartenza

Tra RoshHashanah e Yom Kippur siamo invitati a fermarci, fare un bilancio sincero e rinnovare le intenzioni.
È quindi un’occasione spirituale di crescita, che pervade anche l’aspetto professionale. Prendersi un tempo per riconoscere dove siamo oggi, osservare ciò che sentiamo e individuare con attenzione i prossimi passi.

Riconoscere ed accettare quindi è il primo atto di cura: non è un punto d’arrivo, ma la condizione necessaria per costruire una strategia concreta e ripartire con fiducia, trasformando l’esperienza vissuta in possibilità.

Che questo nuovo anno porti chiarezza, coraggio e piccoli passi concreti verso ciò che desideri costruire.

ShanaTovaU’Metuka