di Paolo Salom
[Voci dal vicino occidente]
Un altro anno di guerra è trascorso. Molte cose sono cambiate in Medio Oriente, molte meno nel lontano Occidente. Israele si è difeso con intelligenza, capacità ed efficacia e ha pagato un duro prezzo in vite umane pur di restare uno Stato moralmente ineccepibile. Le accuse dell’opinione pubblica nostrana – ma sarebbe meglio dire della maggioranza dei media e di certa politica – sono rimaste sempre uguali, impermeabili alla realtà, incapaci di vincere i propri pregiudizi anti ebraici. E a questo punto, questo mese farò un’eccezione al mio proposito di non nominare singole persone in questa rubrica: perché costei appartiene al nostro mondo e perché è una figura pubblica. Mi riferisco ad Anna Foa, nota studiosa il cui saggio Il suicidio di Israele è stato così apprezzato in Italia da meritare il Premio Strega, dimostrando, se mai ce ne fosse stato il bisogno, che i libri non vengono giudicati per il loro contenuto (il titolo in questione è stato stroncato per errori e mancanze oggettive da più di un esperto) piuttosto per ragioni di opportunità politica: dare contro lo Stato degli ebrei al momento è lo sport più praticato nel lontano Occidente.
Non dirò altro su questo scritto; mi interessa invece l’uscita pubblica di Anna Foa che ha pensato bene di difendere dalle “accuse di antisemitismo” Francesca Albanese, inviata dell’Onu per i Territori palestinesi, una delle figure più ostili a Israele, al punto da essersi meritata la censura pubblica degli Stati Uniti che ne hanno chiesto la “rimozione immediata”. La signora Albanese è ben nota per le sue posizioni ignobili sul conflitto, per la sua protervia e per aver sostenuto le ragioni di Hamas al punto da negare pubblicamente le nefandezze di cui si sono macchiati i terroristi il 7 di ottobre, a suo modo di vedere “risultato inevitabile dell’occupazione israeliana”.
Ora, perché Anna Foa si sia sentita in dovere di parlare in favore di un nemico giurato di Israele e degli ebrei? Questa è la domanda che mi sono posto quando ho letto le sue parole più e più volte, per digerirne il senso (non credevo ai miei occhi). Ho provato a riflettere sul significato di una dichiarazione tanto autolesionista: una donna ebrea che si spende per una sua nemica. Non so se condividerete la risposta. Ma credo che tutto nasca dalla nostra condizione di figli di Israele nella diaspora. Anna Foa non è sola in questo atteggiamento. La nostra storia è piena di esempi di correligionari che, una volta convertitisi, si sono scagliati con forza contro gli “ex” fratelli di fede. Per fare bella figura. Per dimostrare la loro sincerità, per desiderio di guadagno. Ma Anna Foa non si è convertita, direte voi. No, o meglio sì: avendo il solo padre ebreo, ha scelto molto tempo fa di aderire all’ebraismo con una conversione formale. Dunque? Dunque, a mio avviso siamo di fronte a una crisi di panico e al goffo tentativo di lenirla. Mi spiego: come accade ciclicamente, gli ebrei sono di nuovo sotto accusa, in pericolo, soggetti a esplosioni virulente di antisemitismo. Avere paura è normale e tutti noi sperimentiamo questo disagio esistenziale (e i nostri nemici, sapendolo, moltiplicano i loro attacchi).
C’è però chi non tollera questo timore che ci fa sentire a volte come immersi in un pentolone d’acqua pronta all’ebollizione. È umano e comprensibile. Non mi sentirei di criticare la signora Foa solo per questo. Quello che mi sembra tuttavia inaccettabile è cercare sollievo a questa condizione con il farsi strumento (inconsapevole?) dell’odio certificato di un movimento mondiale che vorrebbe riportare gli ebrei alla condizione di popolo senza diritti statuali, soggetti alla graziosa tolleranza dei potenti del luogo e del momento. Abbiamo visto cosa questo ha significato, quante anime abbiamo perduto per la follia dell’odio sterminatore. Israele ha combattuto e combatte la rinascita di questo intento. Tanti, troppi figli e figlie del popolo ebraico hanno dato la vita per un futuro senza simili minacce. Come si fa ad accusare i nostri fratelli con le parole di chi non ci vuole su questa Terra? È questo che trovo indegno.
So bene che Anna Foa non è sola, che altri nostri correligionari, anche loro personaggi pubblici, la pensano come lei. Non li nomino: li conoscete. Ma consentitemi di dire questo: ci sono momenti in cui chi sbaglia – e con i suoi sbagli fa male non solo a se stesso ma a tutti – va preso per le orecchie. Per il suo e il nostro bene.
Shanà tovà umetukà.