«Siamo stati colpiti, ma non smetteremo di fare ricerca». I danni dei missili iraniani contro il Weizmann

Personaggi e Storie

di Ilaria Myr
Intervista esclusiva a Roee Ozeri, vicepresidente per lo sviluppo e la comunicazione dello Weizmann Institute of Science. «52 gruppi di lavoro su 270 hanno perso i loro laboratori – spiega – ma non c’è ricerca che non possa essere riprodotta. Ricostruiremo».

Le foto degli edifici del Weizmann Institute a Rehovot distrutti dai missili iraniani lanciati dalla Repubblica islamica a metà giugno le abbiamo viste tutti: alcuni palazzi sventrati, altri danneggiati più leggermente ma comunque colpiti, altri ancora incendiati. Tutte, però, immagini che hanno mostrato il tempio della scienza a livello mondiale, l’istituto dalle cui ricerche sono usciti sette farmaci di successo (fra questi il Copaxone per la cura della sclerosi multipla e l’immunoterapia CAR T per il cancro), colpito gravemente al suo cuore pulsante.

Roee Ozeri, vicepresidente per lo sviluppo e la comunicazione dello Weizmann Institute of Science

«I danni da esplosione hanno interessato circa 50 edifici, ma cinque in particolare sono stati danneggiati, di cui due in modo molto grave: si tratta del centro di ricerca sul cancro, il Moross Integrated Cancer Center (MICC), e il nuovo edificio Deloro per materiali intelligenti, che essendo nella fase finale di costruzione non aveva ancora, per fortuna, laboratori attivi – spiega a Bet Magazine-Mosaico Roee Ozeri, vicepresidente per lo sviluppo e la comunicazione dello Weizmann Institute of Science -. Nel centro sul cancro è andata bruciata tutta l’ala nord, ci sono volute 10 ore per spegnere il fuoco: lì abbiamo perso molti laboratori che erano attivi. In tutto, in seguito agli attacchi dall’Iran abbiamo 52 gruppi, su 270 in tutto l’Istituto, che hanno perso i loro laboratori di ricerca, e sono molti. Di questi team fanno parte 400 studenti di dottorato che hanno perso i loro spazi di laboratorio e materiali e in alcuni casi anche campioni di ricerca, come cellule genetiche modificate, tessuti colturali o tessuti tumorali, quindi campioni che erano in fase di studio».

Perdite dunque importanti, la cui valutazione economica è ancora in fase di definizione: la stima, al momento, si aggira per i costi diretti fra i 300 e i 500 milioni di dollari, mentre per quelli indiretti (in primis la perdita di tempo nelle ricerche) saranno ancora maggiori.

Ma è soprattutto per la ricerca scientifica che si temono danni irreversibili con conseguenze per la popolazione mondiale, che beneficia dei traguardi raggiunti dal prestigioso centro scientifico. «In realtà non è così – precisa Ozeri -: la cosa bella con la scienza è che non c’è ricerca che non possa essere riprodotta, altrimenti non sarebbe scienza. L’obiettivo del lavoro in laboratorio è che lo stesso lavoro possa essere ripetuto in altri laboratori in giro per il mondo. Detto ciò, si è comunque perso del tempo, nel caso di questi 52 gruppi da 6 mesi a due anni. Ma la ricerca è come una maratona, ci vuole molto tempo per farla. E come nella maratona, anche se si cade, si può arrivare alla fine e magari anche primi: certo ci si mette più tempo, si è più stanchi, ma si arriva alla fine. Noi siamo stati colpiti, ma non smetteremo di fare il nostro lavoro. Per questo ora sono stati affittati degli spazi temporanei fuori dall’istituto, in modo che i team tornino a fare ricerca il più presto possibile: non possiamo aspettare che gli edifici siano ricostruiti, perché ci vorranno da 1 a 5 anni. Per noi questo è molto importante perché se ritardiamo troppo rischiamo che studenti e professori, che sono per noi la risorsa più importante, lascino l’istituto: questa sarebbe per noi la perdita più grave».

Del resto, come è noto, la ricerca sviluppata al Weizmann ha un enorme impatto sulla vita delle persone, e lo slogan dell’Istituto “Science for the Future of Humanity” racconta quella che è la sua mission: migliorare la vita delle persone, fornendo cure migliori, ma anche studiando come combattere le conseguenze del cambiamento climatico o migliorare le coltivazioni. Si pensi che il primo computer costruito in Israele è stato realizzato proprio qui.

Viene naturale, però, chiedersi se gli attacchi iraniani non abbiano impattato sul morale e la motivazione delle persone che vi lavorano. «No, assolutamente: la motivazione, la curiosità e la creatività dei nostri talenti non ne hanno risentito, anzi, sono ancora più determinati a fare sempre meglio – spiega orgoglioso Ozeri -. In Israele le persone restano curiose, creative e sicuramente la tendenza tutta locale alla chutzpà, il fare domande scomode, ha un effetto su questo. Il successo del Weizmann è nelle sue persone: si possono distruggere laboratori e materiali ma non lo spirito delle persone. Certo saremo rallentati, ma ricostruiremo anche meglio di prima».

Solidarietà dalla comunità scientifica internazionale

In tanta difficoltà e distruzione, un aspetto positivo – e tutt’altro che scontato di questi tempi – è che subito dopo essere stato colpito, l’Istituto ha ricevuto reazioni molto calde ed empatiche. «Abbiamo ricevuto un enorme numero di mail e messaggi Whatsapp da tutto il mondo che offrivano non solo empatia, ma anche aiuto concreto per ospitare studenti, prestarci dell’attrezzatura – racconta Ozeri -. È stato veramente commovente vedere come la comunità scientifica mondiale valorizzi il lavoro del Weizmann. Ovviamente, negli ultimi due anni di guerra a Gaza ci sono stati molti appelli a boicottarci e non e stato facile. Sono pero convinto che chi chiede il boicottaggio non capisce le fondamenta della ricerca scientifica: noi facciamo scienza per il futuro dell’umanità, se troviamo una cura per il cancro, ne beneficia non solo la popolazione israeliana, ma quella in Europa, in Usa, in Iran e anche a Gaza. Quando troviamo delle soluzioni per implementare i raccolti, c’è meno carenza di cibo dappertutto».

La scienza, dunque, come strumento importante per costruire ponti e facilitare il dialogo fra i popoli, come dimostra l’ottima collaborazione con un’università negli Emirati Arabi. Cosi si costruiscono amicizie e ponti in Medio Oriente. «Il mio sogno e che un giorno scienziati iraniani, di Gaza e di altri paesi che ci considerano nemici saranno liberi di potere lavorare con scienziati israeliani per promuovere cause a beneficio di chiunque nel mondo, senza barriere. Se si incoraggiano le collaborazioni si può solo andare avanti nel percorso verso la pace. Di questo sono profondamente convinto », conclude.

Micaela Goren: dopo i bombardamenti, aiutateci a rimettere in piedi i laboratori

Micaela Goren

«Il Weizmann Institute è un punto di riferimento mondiale per la ricerca scientifica, medica e farmacologica. Le sue scoperte hanno un impatto concreto sulla vita delle persone e rappresentano un esempio pratico di come la scienza possa portare speranza e progresso – commenta Micaela Goren, presidente dell’Associazione degli Amici del Weizmann, che ha da poco rilanciato le sue attività in Italia -. In un momento delicato come questo ci sentiamo ancora più vicini all’Istituto, e pensiamo sia fondamentale sostenerlo. Per questo lanceremo a settembre una raccolta fondi per contribuire alla sua ricostruzione. Ogni contributo, anche piccolo, può fare la differenza».

Per sostenere la ricostruzione e la ripresa dell’Istituto, potete fare una donazione a:
Associazione Italiana Amici del Weizmann Institute
IT 82 Z053 87016 1500000 4289815
BPER Banca
Via Moscova 20122 Milano