di Anna Balestrieri
Un capitolo nuovo e drammatico si è consumato nello scontro tra Israele e Iran oggi, lunedì 23 giugno 2025. In una giornata segnata da attacchi incrociati, blackout elettrici, colpi militari mirati e dichiarazioni esplosive, la tensione nella regione ha raggiunto livelli senza precedenti. Di seguito una sintesi tematica degli sviluppi più rilevanti.
L’ondata di missili iraniani colpisce Israele da nord a sud
Lunedì mattina, una serie di attacchi missilistici partiti dall’Iran ha fatto scattare le sirene d’allarme in tutto Israele, in diverse ondate successive. Le prime segnalazioni sono arrivate dal nord, in particolare dalla Galilea, seguite da allarmi nel centro e nel sud del Paese. Le esplosioni sono state udite chiaramente nella zona di Shfela, nel sud e a Gerusalemme, secondo testimoni riportati da Reuters.
Secondo l’IDF, i missili sono stati lanciati con una nuova strategia: non un attacco concentrato, ma un colpo coordinato lungo l’intera verticale geografica del Paese, che ha incluso anche Tel Aviv e Haifa, come confermato dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane (IRGC). L’obiettivo sembra essere quello di disorientare e logorare piuttosto che massimizzare i danni in un solo punto.
Uno dei colpi ha interessato un’infrastruttura elettrica strategica nel sud di Israele, come confermato dal Ministero dell’Energia e delle Infrastrutture. Circa 8.000 persone sono rimaste senza corrente, ma secondo il ministro Eli Cohen, l’erogazione sarà ripristinata entro tre ore.
Immagini circolate sui social mostrano un impatto significativo nel sud del Paese, ma secondo il Magen David Adom (MDA) non si registrano vittime o feriti gravi. Alcune persone hanno riportato lievi ferite durante la corsa verso i rifugi, e diversi casi di attacchi d’ansia sono stati assistiti sul posto.
Attacco senza precedenti nel cuore del regime iraniano
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha rivendicato apertamente una serie di attacchi dell’IDF contro “obiettivi del regime e autorità repressive” nel cuore di Teheran, definendoli senza precedenti per forza e portata. Tra i bersagli colpiti figurano la famigerata prigione di Evin, il quartier generale dei Basij, l’orologio di Piazza Palestina che segna il conto alla rovescia alla “distruzione di Israele”, e diverse sedi ideologiche dei Guardiani della Rivoluzione.
La prigione di Evin, in particolare, è nota per la detenzione di prigionieri politici, cittadini con doppia nazionalità e occidentali, spesso usati come pedine diplomatiche. Secondo fonti dell’esercito israeliano, si tratta di uno dei simboli dell’oppressione del regime, e le immagini di videosorveglianza in bianco e nero trasmesse dalla TV di stato iraniana sembrano confermare l’impatto dell’attacco.
Israele ha inoltre colpito sei aeroporti iraniani, distruggendo 15 tra caccia e elicotteri e danneggiando piste e bunker sotterranei. Un attacco parallelo ha preso di mira anche studi televisivi a Teheran: le trasmissioni sono state interrotte e rimpiazzate con propaganda di stato.
Nelle ultime ore, si registrano segnali contrastanti. Secondo il Wall Street Journal, Israele vorrebbe porre fine al conflitto con l’Iran nel più breve tempo possibile, come riferito da fonti israeliane e arabe. Una linea che sembra indicare una volontà di contenimento dopo le escalation degli scorsi giorni.
Intanto, la campagna militare continua. L’IDF ha confermato che l’aeronautica israeliana è ancora impegnata in attacchi nell’Iran occidentale, con l’obiettivo dichiarato di neutralizzare infrastrutture missilistiche e logistiche.
Fordow e la minaccia nucleare
Un altro obiettivo di grande rilievo è stato il sito nucleare sotterraneo di Fordow, colpito da una bomba bunker-buster statunitense. Secondo Rafael Mariano Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), si ipotizzano danni gravissimi all’impianto, sensibile alle vibrazioni. Al momento, né l’IAEA né altri attori internazionali sono in grado di valutarne l’entità effettiva. Il presidente americano Donald Trump ha tuttavia dichiarato a più riprese di aver annientato le capacità nucleari della Repubblica Islamica.
Nel frattempo, il parlamento iraniano ha annunciato l’intenzione di sospendere la cooperazione con l’AIEA, denunciando la politicizzazione dell’agenzia. “Nessuno può dirci cosa fare se rispettiamo i nostri impegni legali”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Majid Takht-e Ravanchi.
Iran cambia strategia: attacchi a salve e guerra di logoramento
Lunedì mattina, missili lanciati da Teheran hanno fatto scattare allarmi aerei in tutto Israele, inclusi Tel Aviv, Haifa, il Golan e Gerusalemme. Il portavoce dell’IDF ha confermato che 17 missili sono stati lanciati, ma non si registrano feriti. Tuttavia, blackout elettrici sono stati segnalati in varie zone del sud di Israele, dopo che le infrastrutture elettriche strategiche sono state colpite.
Secondo dichiarazioni del regime confermate da analisti israeliani, l’Iran avrebbe cambiato tattica, passando da massicce raffiche di missili a salve più contenute ma continue (4–7 missili alla volta) per colpire aree differenti e affaticare la popolazione. Un commentatore israeliano ha dichiarato:
“Siamo in rifugi da oltre mezz’ora. È evidente che gli iraniani hanno cambiato metodologia: non più sbarramenti massicci, ma una catena continua di attacchi. Non è chiaro se ciò dipenda da limiti tecnici o da una strategia di logoramento.”
Reazioni internazionali e crisi diplomatica
Nel contesto dell’escalation, la Spagna ha annunciato che chiederà all’Unione Europea l’immediata sospensione dell’accordo commerciale con Israele, il blocco delle vendite di armi e sanzioni contro i politici che ostacolano la soluzione a due Stati tra Israele e Palestina.
Anche la Russia entra in scena, con il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi in visita a Mosca per consultarsi con Vladimir Putin. Secondo Teheran, la cooperazione con Mosca è strategica, soprattutto presso il Consiglio di Sicurezza ONU.
Sul fronte internazionale, cresce la condanna: il sultano dell’Oman e il presidente degli Emirati Arabi Uniti hanno condannato in una telefonata il bombardamento statunitense in Iran, come riportato dal ministero degli Esteri omanita. Contestualmente, l’ambasciata americana in Qatar ha invitato i cittadini statunitensi a rimanere in casa fino a nuovo avviso, segno dell’alta tensione nella regione.
Tensioni interne e repressioni: gli effetti collaterali
In Israele, il Ministero dell’Istruzione ha ordinato la chiusura di 80 scuole ultraortodosse che avevano violato le direttive della Protezione Civile. A Haifa, si è verificato un malfunzionamento tecnico del sistema di allerta missilistico, che ha permesso a un razzo iraniano di colpire la zona senza preavviso: l’IDF ha ammesso un errore nel processo di rilevamento.
A livello politico interno, infuriano le polemiche: i familiari delle vittime del 7 ottobre hanno duramente criticato il leader del partito Shas, Arye Deri, che in un’intervista ha affermato che i massacri di Hamas avrebbero “salvato il popolo ebraico”. L’organizzazione October Council ha definito queste parole “uno schiaffo in faccia” e “un tentativo di riscrivere la storia”, ribadendo che nessun presunto beneficio può giustificare il fallimento e l’inerzia dello Stato in quella tragedia.
Nel Regno Unito, la polizia ha vietato una manifestazione di “Palestine Action” davanti al Parlamento. Il gruppo, noto per le sue azioni contro aziende legate a Israele, ha spostato il presidio a Trafalgar Square.
Lo scontro con gli Stati Uniti e il rischio globale
La tensione ha superato i confini regionali. Donald Trump ha affermato che gli impianti nucleari iraniani sono stati “completamente obliterati”. Tuttavia, fonti americane hanno ammesso di non conoscere l’attuale ubicazione dell’uranio arricchito iraniano, aggravando l’incertezza. La volatilità delle posizioni del presidente americano ha toccato anche la questione della leadership di Teheran: Trump avrebbe rilanciato l’idea di un “cambio di regime in Iran”, contraddicendo le posizioni ufficiali della sua amministrazione, che continua a dichiarare di voler limitare gli attacchi ai soli obiettivi nucleari.
Secondo la NBC, Teheran avrebbe minacciato attacchi con cellule dormienti negli Stati Uniti in caso di nuovi raid. Il generale iraniano Ebrahim Zolfaqari ha avvertito: “Mr. Trump, giocatore d’azzardo, potete iniziare la guerra, ma saremo noi a finirla.” La Repubblica Islamica ha inoltre minacciato apertamente tutti i cittadini statunitensi che si trovino nei suoi confini. Nonostante i segnali di contenimento, l’Iran ha dichiarato che continuerà ad arricchire l’uranio e non tornerà al tavolo negoziale prima di una risposta agli attacchi statunitensi.
La giornata del 23 giugno 2025 segna un momento di rottura e ridefinizione strategica per il Medio Oriente e il panorama internazionale. Con Israele che colpisce obiettivi simbolici e militari nel cuore dell’Iran, Teheran che risponde con raffiche mirate e la crescente ingerenza di attori come USA, Russia ed Europa, il conflitto rischia di trasformarsi in uno scontro multilaterale e prolungato.