Un'orecchia di Amman e la Meghillà di Purim

È Purim! Le regole da osservare per celebrare al meglio la festa

Pubblichiamo qui le regole di Purim redatte da Rav Roberto Colombo, tratte da “Halakhà Yomìt e Shinùn Yosèf di Rav ‘Ovadià Yosèf Z”L.

La lettura di parashàt zakhòr
Hamàn era un discendente di ‘Amalèk, il re del popolo che per primo attaccò Israele dopo l’uscita dall’Egitto con l’intento di distruggerlo. Ognuno deve ricordare che un ‘Amalèk è sempre in agguato con l’intento di cancellare ogni ebreo e per questo si deve leggere il Sabato prima di Purìm il passo di Torà che ci impone di lottare contro i nemici di Israele.
1. E’ un precetto leggere la parashà di zachòr? Si deve avere l’intenzione di adempiere alla lettura?
Leggere la parashà di zakhòr (Deut. XV, 17 – 19) il sabato precedente la festa di Purìm è un precetto positivo accennato nella stessa Torà. La regola da noi comunemente accettata è che i precetti debbano essere fatti con proposito pertanto si deve avvisare il pubblico – prima di iniziare la lettura – del dovere di prestare attenzione alla lettura e a pensare di voler uscire con questa dall’obbligo del comando. Si deve dire ai bambini di non battere i piedi sul pavimento nel momento in cui si ricorda ‘Amalèk affinché il rumore non impedisca al pubblico di ascoltare l’intero brano secondo la norma.
(Chazòn ‘Ovadià pag. 5)

2. Anche le donne devono leggere?
Tra i Maestri vi è chi ritiene che le donne siano esentate dal precetto di ascoltare la parashà di zachòr (Le donne sono esentate dal combattere perciò non parteciperebbero comunque alla battaglia contro ‘Amalèk). Tuttavia le signore che eseguono ugualmente questo comandamento sono meritevoli di benedizione. Le donne che non si recano al Tempio per ascoltare la parashà di zakhòr è bene che almeno leggano il brano da un libro di Torà stampato. (Chazòn ‘Ovadià pag. 10)

una parashà

Il digiuno di Estèr
1. Perché si fa il digiuno di Estèr?
Il tredici di Adàr gli ebrei lottarono per difendersi dagli uomini di Hamàn. Per vincere i nemici il
popolo ebraico dovette chiedere al Signore la Sua misericordia e il Suo aiuto recitando preghiere e
suppliche. Sappiamo dunque che nel giorno stesso della battaglia i nostri fratelli ebrei digiunarono e
in ricordo di tale fatto Israele intera, ancora oggi, usa astenersi dal cibo il tredici di Adàr. Questo
digiuno è chiamato “il digiuno di Estèr” e ricorda che D-o benedetto vede e ascolta ogni uomo nel
momento del dolore, quando costui digiuna e ritorna al Signore, così come digiunarono e si
pentirono i nostri fratelli ebrei al tempo di Hamàn. (Mishnà Berurà)
Vi è chi ritiene che il motivo del digiuno dipenda dal fatto che nello Zòhar è detto che il giorno di
Purìm è paragonabile per importanza al giorno di Kippurìm pertanto, così com’è una mitzvà
mangiare il giorno precedente a Kippùr quand’è un precetto digiunare, è invece mitzvà digiunare il
giorno precedente a Purìm quando invece è un precetto mangiare. In questo modo si ricorda che di
Purìm tutto “si capovolse”. (Dal racconto della meghillà risulta che ogni volere umano non si avverò e accadde il contrario di ciò che gli uomini avevano previsto. Hamàn voleva uccidere gli ebrei e fu invece ucciso. Estèr non voleva rivelare di essere ebrea fu costretta dagli eventi a dichiarare la propria identità. Hamàn che voleva l’onore di Mordekhài fi poi costretto a dare egli stesso onore a Mordekhài. Ma gli esempi sono molti).

Nel libro Kav Yashàr (Zvì Hirsh Kavidnover da Wilna) è detto che nel corso del digiuno di Estèr le
nostre preghiere sono particolarmente bene accette dal Signore per merito di ciò che accadde al
tempo di Mordekhài e Estèr perciò, chiunque abbia delle richieste e necessita la misericordia divina,
reciti il salmo 22 che è tutto dedicato alla regina Estèr e agli avvenimenti di Purìm. (Davìd, che visse molto tempo prima di Estèr, avrebbe ricevuto in profezia gli accadimenti dell’epoca di Hamàn e Achashveròsh).

2. Chi è esentato dal digiuno di Estèr?
Le donne in stato di gravidanza e le donne che allattano sono esentate dal digiuno di Estèr.
Donne in stato di gravidanza – ai fini dell’esenzione del digiuno si considera una donna in stato di
gravidanza dal momento in cui è visibile la gestazione cioè dal terzo mese di maternità in poi.
Ciononostante, una donna che soffre di disturbi come conati di vomito, malessere o debolezza, può
mangiare anche prima del compimento del terzo mese di gravidanza soprattutto se è già passato il
quarantesimo giorno di gestazione.
Donne che allattano – Vi è chi ritiene che una donna sia esentata dal digiuno, anche se ha smesso di
allattare, durante i 24 mesi successivi al parto. Altri ritengono che l’esenzione dal digiuno riguardi solo le donne che sono ancora in fase di allattamento e che trascorso tale periodo sono tenute a
digiunare. In pratica, si segua la seguente norma: ogni donna che dopo il parto si sente debole o che
ha le vertigini o fastidi simili, è esentata dal digiuno se tali disturbi avvengono entro i 24 mesi dal
momento del parto.
Aborti – In caso di interruzione della gravidanza, la donna è dispensata dal digiuno per i trenta
giorni successivi al momento dell’aborto e, in caso di debolezza, l’esenzione si protrae fino a 24
mesi.
Partorienti – dopo il parto la donna non deve digiunare per i successivi trenta giorni e anche se
desiderasse farlo non dovrà comunque astenersi dal cibo.
Ammalati – un ammalato, anche se non è in pericolo, non deve digiunare e anche se lo desiderasse
astenersi dal cibo dovrà comunque nutrirsi.
Debolezza – chi si sente molto debole non è obbligato a digiunare.
Anziani – una persona molto anziana che si sente debole è esentata dal digiuno, anzi, il digiuno a
costui è addirittura vietato.
Dolori – Chi soffre di forti mal di testa non digiuni ma si astenga dal mangiare una volta guarito,
dopo Purìm, per un giorno, da mattina a sera, in modo di recuperare il digiuno non fatto. Chi si
astiene dal mangiare per ordine del medico non deve recuperare il digiuno. Anche le donne che
aspettano un bambino, quelle che allattano, un anziano o un ammalato (anche se non in pericolo di
vita) non devono riscattare il digiuno non fatto.
Sposi – Gli sposi che hanno contratto matrimonio nella settimana in cui cade il digiuno di Ester non
devono digiunare.
Circoncisione – Le tre persone che sono necessarie per la circoncisione cioè il padre del bambino,
colui che tiene il bambino durante la circoncisione (sandàk) e il circoncisore (mohèl) sono esentati
dal digiuno di Estèr il giorno stesso della milà. (Il Ramà al capitolo 686 paragrafo 2 scrive: questo digiuno (Estèr) non è obbligatorio perciò quando serve si può essere facilitanti, come nel caso di partorienti o in caso di allattamento oppure di leggere malattie che non portano pericolo, come forti emicranie…)

3. In quale caso il digiuno viene spostato?
Quando il 13 di Adàr cade di Shabbàt il digiuno viene anticipato al Giovedì. Chi si sbaglia e mangia
il Giovedì è bene che si astenga dal mangiare il Venerdì, per recuperare il digiuno non eseguito.

4. Se non ci sono al tempio 10 persone che digiunano?
Se non ci sono almeno 6 persone che digiunano non si può estrarre un Sèfer Torà per leggere il
passo inerente ai giorni di digiuno e l’officiante non dovrà dire il brano di ‘anènu come benedizione
a sè stante nella ripetizione della ‘amidà ma includerlo nella benedizione di “shomè’a tefillà”. Se vi
sono almeno sei persone che digiunano, cioè la maggioranza di un miniàn, è d’uso estrarre un Sèfer
Torà per leggere il passo inerente ai giorni di digiuno e l’officiante non dovrà dire il brano di ‘anènu
come benedizione a sè stante nella ripetizione della ‘amidà. (L’autore dello Shulchàn ‘Arùkh al capitolo 666 paragrafo 3 scrive: L’officiante non dice ‘anènu come benedizione a sè stante a meno che non ci siano al tempio almeno 10 maschi adulti che digiunano. Nel libro Chazòn ‘Ovadià si riporta però ciò che è scritto nel ‘Arùch Ashulkhàn secondo il quale il divieto espresso nello Shulchàn ‘Arùkh riguarda solo i casi di un digiuno imposto dal pubblico a causa di qualche disgrazia, possano queste non accadere mai, mentre nel caso dei quattro digiuni descritti nel Tanàkh e nel caso del digiuno di Estèr che sono stati imposti per l’intero popolo ebraico
e per i quali si è tenuti a leggere il Sèfer Torà e a recitare ‘anènu come benedizione a parte nel corso della ripetizione della ‘amidà, è ovvio che basti la maggioranza di un miniàn che digiuni per fare ciò, sebbene non vi siano dieci maschi adulti che si astengono dal cibo).

5. Si può far salire a sèfer chi non è in digiuno?
Solo le persone in digiuno possono salire alla Torà pertanto (a titolo d’esempio) se un Levì che si
trova al tempio non è in digiuno, non lo si faccia salire a Sèfer e si chiami il Cohèn che è salito per
primo a prendere il posto del Levì. (Ovviamente se il Cohèn non rispetta il digiuno anch’egli non potrà salire a sèfer e di inviti un ebreo al suo posto tra quelli che digiunano dicendo: “Salga un Israèl al posto del Cohèn” (Yabì’a ‘ Omer).

Meghillat ester

Le quattro mitzvòt di Purìm: la lettura della Meghillà, l’elemosina, lo scambio di doni e il banchetto.

a. La lettura della Meghillà

1. Qual è il tempo esatto per leggere la Meghillà?
La sera dall’uscita delle stelle e si può posticipare la lettura fino all’alba. Al mattino dal sorgere del
sole e si può posticipare la lettura fino al tramonto. Se si è letto la Meghillà prima del sorgere del
sole ed era già sorta l’alba si è ugualmente adempiuto al precetto. Se il giorno di Purìm – per
dimenticanza o per forza maggiore – non si è letta la Meghillà fino al tramonto e si ritiene possibile
concludere la lettura entro 13 minuti e mezzo successivi al crepuscolo si inizi pure la lettura della
Meghillà recitando anche le benedizioni di rito. Se ci si ricorda di non aver letto la Meghillà dopo il
tramonto del sole, la si legga ugualmente ma senza recitare le benedizioni di rito. Se sono già
spuntate le stelle non si inizi neppure la lettura.

2. Si può mangiare prima della lettura della Meghillà?
Prima della lettura è vietato mangiare (S’intende che dal momento in cui è permesso leggere la Meghillà, ossia dall’uscita delle stelle, è vietato mangiare anche se è terminato il tempo del digiuno di Estèr in modo che una difficile digestione non causi una sonnolenza tale da far dimenticare il precetto di leggere la Meghillà) e non vi è differenza a riguardo tra le lettura serale e quella del giorno successivo. Pertanto, anche le donne devono prestare attenzione a non mangiare a Purìm prima di giungere al Tempio per adempiere al precetto della lettura della Meghilà. E’ però permesso mangiare prima della lettura della frutta o consumare meno di 56 grammi di pane o dolci ma chi si astiene dal mangiare o dal bere qualsiasi cosa è degno di lode. Chi sta facendo il digiuno di Estèr e
gli è difficile continuare ad astenersi dal cibo fino alla conclusione della lettura della Meghillà,
assaggi meno di 56 grammi di pane o di dolci oppure mangi della frutta anche più del suddetto
quantitativo. (Il Ramà nel capitolo 692 paragrafo 4 lo vieta ma la Mishnà Berurà permette di assaggiare un po’ di cibo prima della lettura in caso di necessità).

3. Si deve leggere la meghillà assieme a tanta gente?
E’ preferibile leggere la Meghillà assieme a molte persone e per questo si possono anche abolire
delle lezioni di Torà in quanto la moltitudine di persone è “segno d’onore per il Re”. Però, se al
tempio ci fosse confusione e per colpa del disordine non si potesse ascoltare la lettura della
Meghillà come di norma, è possibile leggere in un miniàn anche se composto da sole dieci persone. ( S’intende che non si deve leggere la Meghillà velocemente assieme a poche persone per potersi così recare poi alla
scuola di Torà per adempiere al precetto dello studio).

4. Si deve avere l’intenzione di adempiere alla mitzvà della lettura?
Prima di iniziare l’officiante deve dire al pubblico di essere disposto a far uscire d’obbligo dal
precetto della lettura della meghillà tutti i presenti e esortare il pubblico ad voler uscire d’obbligo
dal precetto della lettura della meghillà in quanto i precetti necessitano la volontarietà di colui che li
compie.

5. Anche le donne devono leggere la Meghillà?
Le donne sono obbligate a rispettare tutte le regole della festa di Purìm come i maschi in quanto
anch’esse si giovarono del miracolo di Purìm. Pertanto anche le signore devono leggere (o
ascoltare) la lettura della Meghillà alla sera e ripetere questo precetto anche il giorno successivo. Le
donne, però, non sono obbligate ad ascoltare la Meghillà al Tempio o assieme a tanta gente.

6. Quali benedizioni deve recitare chi legge la Meghillà solo per le donne?
Chi legge la Meghillà per le donne – anche se ha già letto la Meghillà al Tempio – deve recitare alla
sera tre benedizioni (inclusa quella di Shehecheiànu). L’ultima benedizione, quella dopo la lettura,
può essere recitata solo in presenza di dieci uomini adulti o, secondo un’altra opinione, anche in
presenza di almeno dieci donne adulte.

7. Chi non sente anche una parte della lettura è ugualmente uscito d’obbligo?
La maggior parte del Maestri ritiene che anche se non si è sentito una sola parola della Meghillà non
si è adempiuto al precetto. Vi è poi chi ritiene che persino se non si è sentita una sola lettera il
precetto non sia stato osservato. Pertanto è bene che ognuno abbia davanti a sé una Meghillà
kesherà (scritta su pergamena) affinché si possa, in caso di necessità, leggere da soli la parola o la
lettera che non si è ascoltato correttamente dalla voce dell’officiante. Chi non ha una Meghillà
kesherà segua da un libro stampato e legga da questo la parola, la lettera o il brano non sentito
secondo la norma in quanto vi è chi ritiene che in tal caso si esce ugualmente d’obbligo, a
condizione che si sia ascoltata la lettura di almeno metà della Meghillà.

8. Si deve capire quello che si legge per adempiere al precetto?
No, non è necessario. Ciononostante ci si concentri bene nella lettura perché tra i Maestri vi è chi
ritiene che chi ascolta la Meghillà pensando a tutt’altro non esce d’obbligo dal precetto.

9. Se cade una meghillà per terra, si deve digiunare come se cadesse un Sèfer Torà?
No, non serve, ma colui al quale è caduta la Meghillà faccia della Tzedakà.

b. Tzedakà – l’elemosina

1. Quando si deve fare la mitzvà della tzedakà?
Obbligatoriamente il giorno di Purìm. Se si è fatto tzedakà alla sera di Purìm non si è adempiuto al
precetto.
2. A quanti poveri si deve fare tzedakà?
A due poveri ma è bene dare qualche offerta a chiunque lo chieda.
3. Che tipo di donazione si da’ ai poveri?
Si può dare del cibo (almeno due cibi a due poveri) o del denaro o dei vestiti (almeno due vestiti a
due poveri). Si esce d’obbligo anche donando una perutà, cioè la moneta più piccola sul mercato
ma è bene che ognuno, secondo le proprie possibilità, offra a due persone una cifra consistente o
almeno bastante per comprare un pasto da consumarsi nel corso del banchetto di Purìm.
4. Si può dare ad un povero una sola banconota per lui e per un suo compagno oppure
devo cambiare la banconota in modo da dare direttamente il denaro a due diversi
poveri?
Non c’è bisogno di cambiare la banconota. Si può dare ad esempio cinquanta monete ad un povero
e dirgli poi di dividere la cifra con un compagno.
5. Del denaro dato a una coppia di sposi o ad un padre e un figlio, conta come mitzvà?
Sì. Si può dare del denaro a due parenti e si esce d’obbligo dal precetto.
6. Anche i ragazzi adulti che si alimentano con il denaro dei genitori devono dare la
propria offerta?
Sì. Sebbene costoro non abbiano denaro oltre a quello concesso loro dai genitori, devono comunque
elargire un’offerta ad almeno due indigenti.
7. Si può dare l’offerta al povero prima di Purìm?
L’offerta deve essere data proprio il giorno di Purìm. Tuttavia, in caso di difficoltà, si può dare
l’offerta al povero prima di Purìm a patto che l’indigente s’impegni a non usare il denaro
precedentemente alla festa o prima del sorgere del sole nel giorno di Purìm.
8. Chi si considera povero abbastanza da poter ricevere l’elemosina?
Colui che non ha un fisso lavoro e non guadagna una somma bastante per fornire regolarmente cibo
e indumenti ai propri famigliari e non ha neppure oggetti da poter vendere sì da ricavare degli utili.
Così pure si considera indigente chi, pur avendo un fisso lavoro, è obbligato a ingenti spese per cure
mediche o per pagare una scuola o la festa di matrimonio per i propri figli o casi simili.
9. Chi rinuncia a ricevere da un povero del denaro a lui prestato ha adempiuto al
precetto della tzedakà?
Se l’indigente si presenta dal prestatore il giorno stesso di Purìm con del denaro per pagare il
proprio debito e il prestatore dichiara di dispensare il povero dalla restituzione, allora la mitzvà
della tzedakà si considera eseguita (per metà cioè solo per un povero) ma se il condono avviene
prima di Purìm o la sera di Purìm, allora il precetto non è valido.
10. Offrire di Purìm ad un povero una colazione (con due cibi) al bar si considera tzedakà?
In teoria sì ma è preferibile che il denaro sia dato direttamente al povero.
11. Si può dare un assegno bancario come tzedakà?
Sì, anche se la banca è chiusa il giorno di Purìm a condizione che l’assegno possa essere girato e
servire per fare delle spese il giorno stesso della festa. Pertanto, assegni che non si possono girare o
che non possono essere dati come forma di pagamento sono validi come tzedakà solo se possono
essere pagati dalla banca nello stesso giorno di Purìm.

Mishloach manot

c. Mishlòach Manòt – scambi di doni

1. Perché ci si scambiano i doni?
A riguardo ci sono varie opinioni. Secondo il Terumàt Hadèshen (Israel Isserlein ben Petachià,
1390 – 1460) il motivo è per permettere a tutti di avere del cibo al fine di adempiere al precetto del
Banchetto di Purìm. Secondo il Manòt Halevì (Shlomo ha-Levi Alkabetz 1500 – 1580) il motivo,
invece, è quello di generare affetto tra le persone. In pratica, i motivi riportati sono entrambi validi
perciò è necessario che chi riceve il dono sappia chi lo ha mandato (in modo di accrescere la stima e
l’amicizia per i donatore) e che il regalo arrivi al destinatario in tempo per essere consumato di
Purìm.
2. Quando si deve fare la mitzvà dello scambio di doni tra amici?
Obbligatoriamente il giorno di Purìm. Se si è fatto lo scambio dei doni alla sera non si è adempiuto
al precetto.
3. A quanti amici si deve fare il dono?
Ad almeno un amico povero, ma è bene dare qualche dono anche ad altri.
4. Che tipo di doni si danno agli amici?
Obbligatoriamente dei cibi. Due cibi per persona.
5. Chi invita un compagno al banchetto di Purìm ha adempiuto anche alla mitzvà dello
scambio dei doni?
Forse no (vi è discussione tra i Maestri). Pertanto, per uscire da ogni dubbio, è bene che colui che
invita un compagno al banchetto di Purìm compri o destini una parte del cibo solo ed
esclusivamente per l’invitato.
6. Chi manda del cibo Kashèr con un marchio di Kasherùt non accettato da chi riceve il
dono, ha fatto la mitzvà del Mishlòach Manòt?
No! Il cibo dev’essere adatto a colui che lo riceve, pertanto se si dona del cibo che per il destinatario
non è pienamente Kashèr non si è adempiuto alla mitzvà. (Yalkùt Yosèf pag. 444)
7. Chi manda dei doni in cibo ad un povero ha fatto una o due mitzvòt (quella dei doni e
quella della Tzedakà)?
Ha fatto una sola mitzvà, o quella del dono o quella della tzedakà. Pertanto, dopo aver consegnato il
cibo, si deve elargire al povero anche una somma in denaro oppure altri doni in cibo. (Chazòn
‘Ovadià pag. 158)
8. Il dono deve essere obbligatoriamente composto da due cibi solidi o può contenere un
cibo solido e una bevanda?
Il dono può essere composto da qualsiasi alimento. Perciò si adempie al precetto se si regalano due
cibi solidi o due bevande o un cibo solido e una bevanda.
9. Persone che si associano per comprare dei doni in cibo, hanno eseguito il precetto?
Sì. Se più persone si associano per comprare degli alimenti da donare hanno eseguito il precetto
correttamente sebbene la cifra elargita da ognuno sia inferiore a quella bastante per comperare due
cibi di medio valore. (Chazòn ‘Ovadià pag. 137)

10. Il banchetto
1. Quando si deve fare la mitzvà del banchetto?
Obbligatoriamente il giorno di Purìm. Se si è fatto il banchetto alla sera non si è adempiuto al
precetto. Comunque è bene mangiare un pasto abbondante anche la sera di Purìm.
2. Che cosa si mangia durante il banchetto?
Si mangia pane (per fare la hamotzì) o almeno un cibo che richiede la benedizione di mezonòt (dolci
o farinacei) e si consuma della carne. Ma non vi sono regole fisse a riguardo. Ognuno si cibi di ciò
che preferisce. E’ preferibile mangiare carne di quadrupede e non carne di pollo in quanto la carne
di quadrupede si considera più pregiata di quella di volatile.
3. Quando si deve bere vino a Purìm?
E’ preferibile bere del vino nel corso del banchetto.
4. E’ obbligatorio ubriacarsi a Purìm?
No. E’ bene bere ma solo al punto da essere colti da sonnolenza. (Chazòn ‘Ovadià pag. 175)
5. Chi sa che il bere gli potrebbe causare un comportamento poco corretto o a trasgredire
delle mitzvòt, deve ugualmente bere?
Chi teme di trasgredire a qualche mitzvà o a dimenticare delle benedizioni o a eccedere in
comportamenti poco consoni a causa del vino, eviti di bere troppo e si limiti a sorseggiare dell’alcol
solo per essere colto da un po’ di sonnolenza.

Purìm Samèach

(Foto credits: Myjewishlearnigs.com)