Shavuot, una tappa fondamentale nella vita di ogni ebreo

Il Conteggio dell’Omer si riferisce al periodo che porta dalla festività di Pesach a quella di Shavu’ot. A differenza di tutte le festività comandate dalla Torà, per quella di Shavu’òt non viene indicata una data precisa, bensì la Torà ci dice che Shavu’òt cadrà sette settimane complete – cinquanta giorni –  dal secondo giorno di Pesach: “Dall’indomani del giorno di riposo (con questo si intende il 1° giorno della festa di Pesach), dal giorno in cui offrirete l’omer (una misura, in questo caso d’orzo), conterete sette settimane integre… conterete cinquanta giorni” (Levitico 23:15-16).
“Sette settimane conterai per te… e farai la festa di Shavu’òt per il Sign-re tuo D-o…” (Deuteronomio 16:9).

La data della festa di Shavu’òt corrisponde quindi al cinquantesimo giorno del Conteggio dell’Omer e poteva cambiare a secondo della lunghezza dei mesi di Nissàn e Iyàr poiché in antichità il capomese veniva stabilito sulla base di testimonianze visive della nuova luna e fino all’ultimo non si sapev ase il mese avrebbe avuto 29 o 30 giorni. (Oggi, con il calendario perpetuo, Shavu’òt cade sempre il 6 di Sivan)

Uno degli elementi che caratterizzano il precetto della conta dell’Omer è quello della preparazione alla ricezione della Torà da parte del popolo ebraico, cosa che avviene proprio cinquanta giorni dopo l’uscita dal Egitto.

Diverse sono le fonti che sottolineano che, come per un evento molto atteso, gli ebrei contarono con calore i giorni che trascorrevano dal momento dell’esodo sino a quello del dono della Torà al monte Sinai. Il conteggio dell’Omer assume quindi il ruolo di un percorso che porta dall’idolatria nella quale gli ebrei erano caduti in Egitto, fino all’accettazione del giogo dell’Unico Creatore, che dona la Torà.

Il percorso, accompagnato dagli insegnamenti kabalistici e khassidici (mistici), assume un’importanza individuale per l’affinamento delle qualità emotive di ognuno di noi; in particolare, intende portarci dal nostro senso di egocentrismo e dal nostro essere soggiogati alla mondanità ed alla vita di tutti i giorni, al saper apprezzare le emozioni umane più elevate che portano all’apprezzamento dello studio della Torà e della pratica delle Mitzwòt.

A differenza di altri calcoli che in passato erano lasciati ai Tribunali Rabbinici (la durata dei mesi, gli anni sabbatici i Giubilei), il conteggio dell’Omer che culmina appunto con la festa di Shavu’òt, è stato da sempre affidato ad ogni individuo.

A questo punto, Shavuòt non assume più il mero ricordo storico di un fatto straordinario che avvenne oltre tremila anni fa; la festa di Shavuòt ed il dono della Torà che la caratterizza, ricoprono un ruolo fondamentale nello sviluppo verticale del Credo di ogni ebreo, in maniera sia individuale che collettiva.

A questo proposito recita il Midràsh riportato da Rashì (Esodo, 19:1): … “giunsero al monte di Sinai in questo giorno”. Perché “in questo giorno” e non “in quel giorno”? La Torà specifica “in questo giorno” per sottolineare ad ogni ebreo di ogni generazione che la Torà è come se fosse a lui appena data.