Shabbat Noakh: la giustizia è incompleta senza il perdono

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò

Esiste una base oggettiva della moralità?
Per qualche tempo, nei circoli secolari, l’idea è sembrata assurda. La moralità è ciò che scegliamo che sia. Siamo liberi di fare ciò che ci piace, purché non danneggiamo gli altri. I giudizi morali non sono verità, ma scelte. Non esiste un modo per passare da “è” a “deve essere”, dalla descrizione alla prescrizione, dai fatti ai valori, dalla scienza all’etica. Questa era la saggezza accettata in filosofia per un secolo dopo che Nietzsche aveva sostenuto l’abbandono della moralità – che egli vedeva come il prodotto dell’ebraismo – a favore della “volontà di potenza”.

Recentemente, tuttavia, è stata data alla moralità una base scientifica del tutto nuova da due direzioni sorprendenti: il neo-darwinismo e il ramo della matematica noto come teoria dei giochi. Come vedremo, la scoperta è intimamente collegata alla storia di Noè e al patto stipulato tra Dio e l’umanità dopo il Diluvio.

La teoria dei giochi fu inventata da una delle menti più brillanti del XX secolo, John von Neumann (1903–1957). Egli comprese che i modelli matematici usati in economia erano irrealistici e non rispecchiavano il modo in cui le decisioni vengono prese nel mondo reale.
La scelta razionale non consiste semplicemente nel valutare le alternative e decidere tra esse.
La ragione è che il risultato della nostra decisione spesso dipende da come gli altri reagiranno ad essa, e di solito non possiamo saperlo in anticipo. La teoria dei giochi, è del 1944, fu un tentativo di produrre una rappresentazione matematica della scelta in condizioni di incertezza. Sei anni dopo, essa produsse il suo paradosso più famoso, noto come il Dilemma del Prigioniero.

Immagina due persone arrestate dalla polizia con il sospetto di aver commesso un crimine. Non ci sono prove sufficienti per condannarli per un’accusa grave; ci sono solo abbastanza prove per condannarli per un reato minore. La polizia decide di incoraggiare ciascuno a testimoniare contro l’altro. Li separa e fa a ciascuno la seguente proposta: se tu testimoni contro l’altro sospettato, sarai libero e lui sarà imprigionato per dieci anni. Se lui testimonia contro di te e tu rimani in silenzio, sarai condannato a dieci anni di prigione e lui sarà libero. Se entrambi testimoniate l’uno contro l’altro, sarete entrambi condannati a cinque anni di prigione. Se entrambi rimanete in silenzio, sarete ciascuno condannati per il reato minore e affronterete una pena di un anno.

Non ci vuole molto per capire che la strategia ottimale per ciascuno è testimoniare contro l’altro. Il risultato è che ciascuno sarà imprigionato per cinque anni. Il paradosso è che il miglior risultato sarebbe che entrambi rimanessero in silenzio. Affronterebbero allora solo un anno di prigione. La ragione per cui nessuno dei due opterà per questa strategia è che essa dipende dalla collaborazione. Tuttavia, poiché ciascuno non è in grado di sapere cosa stia facendo l’altro – non c’è comunicazione tra di loro – non possono correre il rischio di restare in silenzio.
Il Dilemma del Prigioniero è notevole perché mostra che due persone, entrambe agendo razionalmente, produrranno un risultato che è cattivo per entrambe. Alla fine, fu scoperta una soluzione. La ragione del paradosso è che i due prigionieri si trovano in questa situazione solo una volta. Se accadesse ripetutamente, scoprirebbero che la cosa migliore da fare è fidarsi l’uno dell’altro e cooperare.

Nel frattempo, i biologi stavano lottando con un fenomeno che aveva confuso Darwin. La teoria della selezione naturale – popolarmente conosciuta come “la sopravvivenza del più adatto” – suggerisce che gli individui più spietati in qualsiasi popolazione sopravviveranno e trasmetteranno i loro geni alla generazione successiva. Eppure, quasi ogni società mai osservata valorizza gli individui altruisti: coloro che sacrificano il proprio vantaggio per aiutare gli altri. Sembra esserci una contraddizione diretta tra questi due fatti.

Il Dilemma del Prigioniero suggerì una risposta.
L’interesse personale individuale spesso produce cattivi risultati. Qualsiasi gruppo che impari a cooperare invece di competere avrà un vantaggio rispetto agli altri. Ma, come mostrava il Dilemma del Prigioniero, ciò richiede incontri ripetuti – il cosiddetto “Dilemma del Prigioniero iterato”.

Alla fine degli anni Settanta fu annunciata una competizione per trovare il programma informatico che si comportasse meglio giocando al Dilemma del Prigioniero iterato contro se stesso e altri avversari. Il programma vincente fu ideato da un canadese, Anatole Rapoport, e fu chiamato Tit-for-Tat (“occhio per occhio”).
Era abbagliante nella sua semplicità: iniziava cooperando, e poi ripeteva l’ultima mossa del suo avversario. Funzionava secondo la regola “ciò che tu mi hai fatto, io lo farò a te”, o “misura per misura”. Questa fu la prima volta in cui una prova scientifica fu data per un principio morale.

Ciò che è affascinante in questa catena di scoperte è che essa rispecchia precisamente il principio centrale del patto che Dio fece con Noè: Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso; poiché a immagine di Dio, Dio ha fatto l’uomo.

Questa è misura per misura (in ebraico, middah keneged middah), o giustizia retributiva: come fai, così ti sarà fatto. Infatti, a questo punto la Torà fa qualcosa di molto sottile.
Le sei parole in cui il principio è espresso sono un’immagine speculare l’una dell’altra: [1] Chi sparge [2] il sangue [3] dell’uomo, [3a] dall’uomo [2a] il suo sangue [1a] sarà sparso. Questo è un perfetto esempio di stile che riflette la sostanza: ciò che ci viene fatto è l’immagine speculare di ciò che facciamo. Il fatto straordinario è che il primo principio morale enunciato nella Torà è anche il primo principio morale mai dimostrato scientificamente.
Tit-for-Tat è l’equivalente informatico della giustizia (retributiva): Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso.

La storia ha un seguito. Nel 1989, il matematico polacco Martin Nowak produsse un programma che supera Tit-for-Tat. Lo chiamò Generous (“Generoso”). Esso superò una debolezza di Tit-for-Tat, ossia che quando si incontra un avversario particolarmente ostile, ci si può ritrovare in un ciclo potenzialmente infinito e distruttivo di ritorsioni, che è dannoso per entrambe le parti. Generous evitò ciò dimenticando casualmente ma periodicamente l’ultima mossa dell’avversario, permettendo così alla relazione di ricominciare da capo.
Ciò che Nowak aveva in effetti prodotto era una simulazione informatica del perdono.

Ancora una volta, il collegamento con la storia di Noè e del Diluvio è diretto. Dopo il Diluvio, Dio promise: “Non maledirò mai più la terra a causa dell’uomo, poiché l’immaginazione del cuore dell’uomo è malvagia fin dalla sua giovinezza; né distruggerò mai più ogni essere vivente come ho fatto”.

Questo è il principio del perdono divino. Così, i due grandi principi del patto noachico sono anche i primi due principi a essere stati stabiliti mediante simulazione al computer. Esiste, dopotutto, una base oggettiva della moralità. Essa si fonda su due idee chiave: giustizia e perdono, o, come li chiamavano i Saggi, middat ha-din e middat ha-rachamim. Senza di essi, nessun gruppo può sopravvivere a lungo termine.

In una delle prime grandi opere della filosofia ebraica – Sefer Emunot ve-Deot (Il Libro delle Credenze e delle Opinioni) – Rabbi Saadia Gaon (882–942) spiegò che le verità della Torà potevano essere stabilite mediante la ragione. Perché, allora, era necessaria la rivelazione? Perché all’umanità serve tempo per arrivare alla verità, e ci sono molti scivoloni e ostacoli lungo la strada.

Ci vollero più di mille anni dopo Rabbi Saadia Gaon, perché l’umanità dimostrasse le verità morali fondamentali che stanno alla base del patto di Dio con il genere umano: che la cooperazione è necessaria quanto la competizione, che la cooperazione dipende dalla fiducia, che la fiducia richiede giustizia, e che la giustizia stessa è incompleta senza il perdono.

La moralità non è semplicemente ciò che scegliamo che sia. È parte del tessuto fondamentale dell’universo, rivelata a noi dal Creatore dell’universo, molto tempo fa.

Scritto da Rabbi Sacks nel 2012

Shabat Jerushalaim 17.22-18.33
Shabat Tel Aviv 17.41-18.35
Shabat Roma 17.58-18.56
Shabat Milano 18.07-19.06

 

 

In alto: Noah e la sua arca –  Charles Willson Peale, 1819