una parashà

Parashat Ree. Le difficoltà della vita sono delle prove

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
“Guardate” dice Moshè al popolo d’Israele “Oggi metto davanti a voi una benedizione e una maledizione”, la benedizione verrà quando adempieranno ai precetti di D-o, e la maledizione se essi abbandoneranno la retta via. Questi dovranno essere proclamati sul Monte Gherizìm e sul Monte Ebal quando il popolo entrerà in Terra Santa.

Un Tempio dovrà essere eretto, nel “posto ove il Sign-re sceglierà di far risiedere il Suo nome”, lì il popolo porterà i loro sacrifici a Lui, da quel momento sarà proibito portare sacrifici a D-o in qualsiasi altro luogo. Sarà permesso macellare animali altrove solo per mangiarne la carne, ma non per scopo sacrificiale, il consumare il sangue non è permesso.
Un profeta falso o uno che attira altri a venerare idoli dovrà essere messo a morte, una città idolatra dovrà essere distrutta.
Moshè ripete i segni con i quali si riconoscono animali e pesci kasher e ripete una lista di volatili non kasher.
Un decimo del prodotto della terra dovrà essere mangiato a Gerusalemme, oppure scambiato per soldi che verranno usati per comprare cibo sempre a Gerusalemme. In alcuni anni si dà questa decima ai poveri. I primogeniti del bestiame e delle pecore dovranno essere portati al Bet Hamikdàsh e la loro carne verrà mangiata dai Kohanìm, i sacerdoti.
La mitzvà di tzedakà obbliga un ebreo ad aiutare una persona bisognosa con un dono o un prestito. Durante l’anno sabbatico tutti i prestiti verranno condonati e tutti i servi in apprendistato verranno liberati dopo sei anni di servizio prestato.
La parashà termina con un resoconto delle leggi delle tre festività del pellegrinaggio, Pesach, Shavu’òt e Sukkòt, quando tutti dovranno andare per ‘vedere’ ed ‘essere visti’, davanti a D-o nel Bet Hamikdàsh.

Commento

Vi sono profeti falsi intorno. Ci sono sempre stati! Già in antichità la Torà ci avvertiva di non seguire coloro che possono sembrare di essere profeti. Potrebbero anche fare miracoli come i profeti vari, ma non lo sono.
Perché mai consentirebbe il Sign-re che un profeta falso faccia vedere meraviglie e miracoli? La risposta, ci dice la nostra Parashà, è che questa è una delle maniere in cui D-o ci mette alla prova. Se amiamo veramente il Sign-re con tutto il nostro cuore e anima, non verremo condizionati anche dagli “effetti speciali” ma falsi. C’è anche il test per chiarire la situazione: Il profeta ci invita a seguire le leggi del Sign-re o di ignorarle? E se il presunto profeta stesso non segue le istruzioni della Torà è chiaro che si tratta di un impostore.
Come dicevamo questa del falso profeta è solo un tipo di prova di cui ce ne sono molte. La povertà, per esempio, è una grande prova per la fede e la tragedie ancora peggio. Ogni individuo deve affrontare le proprie prove e i propri ostacoli che è come se fossero fatti su misura per lui. Ciò che è difficile per uno rimane molto facile per un altro. L’importante è ricordare che la difficoltà del momento è, in realtà, una prova. Questo ci aiuta a superarla.
Non sempre, però ci ricordiamo di questo e che forse la situazione che abbiamo davanti è una delle prove più importanti delle nostra esistenza. A volte non apprezziamo il fatto che l’anima è venuta in questo momento proprio per esprimere la forza che si rivela solamente nel superare questi ostacoli.
Per questo razionalizziamo.
Se c’è un D-o, dov’era durante Auschwitz?
Se D-o non voleva che prendessi i soldi, perché quello ha lasciato la cassa aperta?
Se questo rapporto è sbagliato, perché mi sembra così giusto?
Se il Sign-re vuole veramente che non lavoro di sabato, perché è il giorno che si lavora di più?
Ma se accettassimo che sono tutte prove, forse diventerebbe più facile affrontarle.
La domanda rimane: Perché D-o ci mette alla prova? È veramente come è detto nella Parashà “per sapere se amiamo il Sign-re con tutto il nostro cuore e anima”? Ma D-o non lo sa già? Come è possibile per noi chiarire le idee al Sign-re? C’è qualcosa che non sa?
La risposta, secondo rabbì Shneur Zalman di Liadì nella classica collezione dei suoi discorsi, Likuté Torà, è che non è per fare sapere a D-o bensì farlo sapere a noi stessi. Certo che il Sign-re sa tutto. Tuttavia Esso ci pone dinanzi alle prove ed agli ostacoli per aiutarci a portare in evidenza il forte amore verso di Esso che però spesso è latente e nascosto al nostro interno.
Quando superiamo gli ostacoli ci accorgiamo noi di avere una forza interna formidabile e che siamo fortemente credenti. Diventiamo più sicuri e fiduciosi di noi stessi nonché arricchiti di una percezione ed una consapevolezza più profondi del Divino.
Sia chiaro: non le cerchiamo, le prove. La mattina nella preghiera chiediamo D-o di non metterci alla prova. Se però arriva il momento, ricordiamoci di cosa si tratta in realtà. Il test sarà poi superato con il massimo dei voti.
di rav Yossi Goldman adattato e tradotto da Rav Shalom Hazan