Incisione parashà Chaye Sara

Parashat Chayé Sara. L’importanza di essere sinceri verso gli altri e verso se stessi

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La Torah nella Parashat Chaye Sara racconta le rigide istruzioni di Avraham al suo servo – comunemente identificato come Eliezer – di trovare una moglie per il figlio di Abramo, Yitzchak, dalla patria di Abramo, e non tra i Cananei. Il servitore quindi chiese ad Abramo cosa avrebbe dovuto fare se la potenziale pretendente si rifiutava di trasferirsi a Canaan.

Il Midrash (Bereishit Rabba 59:9) commenta notoriamente che Eliezer aveva un interesse personale acquisito nella speranza che ciò non accadesse – poiché aveva una figlia che desiderava molto fosse scelta come moglie di Yitzchak.
Quando Avraham gli ordinò di recarsi ad Aram Naharayim per trovare una moglie per Yitzchak, Eliezer cercò di mantenere aperta la possibilità che questo piano non potesse avere successo e quindi sua figlia avrebbe potuto sposare Yitzchak. Il Midrash conclude che Avraham informò Eliezer che come discendente di Cham, il figlio di Noach che fu maledetto dal padre, egli non poteva unirsi alla famiglia di Avraham.

Nel discutere i secondi fini di Eliezer, il Midrash è critico nei confronti del servo, applicandogli il verso in Hoshea (12: 5), “Kena’an be-yado mozenei mirma” – “Il mercante ha pesi ingannevoli in suo possesso”. Secondo il Midrash, il tentativo di Eliezer di mantenere aperta la possibilità del matrimonio di sua figlia con Yitzchak equivaleva a un “inganno” ed era inappropriato.

Il significato semplice di questa osservazione, è che Eliezer apparentemente appariva genuino, quando in verità parlava per il bene dei suoi interessi personali. Quando Eliezer ha posto la domanda su cosa avrebbe dovuto fare se la ragazza si fosse rifiutata di trasferirsi a Canaan, ha dato l’impressione di voler sinceramente chiarire i desideri di Abramo in modo da poterli esaudire devotamente. In verità, aveva in mente i suoi desideri, e questo costituiva una forma di inganno – che sembrava mostrare sincera preoccupazione quando in realtà si prendeva cura dei propri interessi.

Rav Henoch Leibowitz (Chiddushei Ha-leiv), tuttavia, spiega il Midrash in modo diverso, suggerendo che il testo trova la colpa in Eliezer per aver ingannato non Avraham, ma se stesso. Se avesse valutato la situazione con perfetta onestà e obiettività, si sarebbe reso conto da solo che sua figlia non era adatta come compagna di Yitzchak. Il fatto che abbia preso seriamente in considerazione questa opzione ha rivelato una sfumatura di autoillusione da parte sua, e il Midrash considera l’autoillusione come una forma di inganno. L’onestà richiede non solo di astenersi dall’ingannare gli altri, ma anche di astenersi dall’ingannare noi stessi. Significa riconoscere le verità dure, anche quando sono scomode.

Rav Leibowitz cita in questo contesto un passaggio dal commento di Rabbenu Yona a Mishlei (3:3) spiegando che l’onestà richiede un’oggettività pura e incontaminata, lui fornisce diversi esempi di situazioni in cui la nostra integrità viene messa alla prova, come quando discutiamo con i nostri simili e ci rendiamo conto che abbiamo torto, ma ci rifiutiamo ostinatamente di cedere, o quando sentiamo voci prive di fondamento e ci affrettiamo a crederci perché ci manca la pazienza di attendere fino alla loro conferma. Un altro esempio notato da Rabbeinu Yona è la pigrizia intellettuale, che accetta le cose come vere senza doversi preoccupare di studiarle a fondo per assicurarci di comprenderle correttamente.

Nel caso di Eliezer, egli ha “ingannato” se stesso alimentando false speranze, rifiutandosi di riconoscere l’ovvio. Anche questa è una forma di inganno: ingannare noi stessi nel credere a ciò che vogliamo credere, invece di vedere la situazione in modo obiettivo. Il Midrash qui ci insegna l’importanza dell’onestà non solo nei nostri rapporti con le altre persone, ma anche nei nostri rapporti con noi stessi, per riconoscere la verità anche quando la verità è scomoda o non è ciò che vogliamo che sia.

Di Rav David Silverberg