La morte dei figli di Aronne, di cui si parla nella Parashat Achrei Moth

Parashat Acharei Mot-Kedoshim

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La morte dei figli di Aronne, evento che dà il nome alla nostra Parashà di questa settimana, è avvenuta nella Parashà Sheminì, due Parashot fa, allora perché la Parashà di questa settimana porta il titolo “dopo la morte dei figli di Aharon”? Il testo che unisce la Parashà Sheminì alla nostra Parashà non ha nessuna narrazione, si può quindi dedurre che le indicazioni date da Dio a Mosè queste settimana, siano state date subito dopo la morte dei figli di Aronne.

Nadav e Avihu (figli di Aronne) morirono durante la santificazione del Mishkan, il primo giorno del mese di Nissan. Yom Kippur, descritto nella Parashà di questa settimana, cade il 9 del mese di Tishrei. Tra queste due date vi è un mezzo anno di differenza. Significa quindi che l’indicazione data in questa Parashà è stata espressa come minimo 5 mesi dopo la morte dei figli di Aronne, allora perché viene ricordata proprio ora?

Cosa è successo il giorno della morte dei figli di Aronne? Era l’ultimo giorno della santificazione del Mishkan, nostro centro per la preghiera, che anticipava la costruzione del Beit HaMikdash. In questo giorno Aronne per la prima volta ha offerto un sacrifico a Dio e ha pronunciato per la prima volta la benedizione sacerdotale di amore per il Popolo di Israele; fu uno dei rari giorni in cui Dio ha acceso il fuoco sull’altare, il primo in cui Dio ha parlato ad Aronne e la prima volta in cui la Presenza Divina ritornava all’Accampamento di Israele, dopo il peccato del vitello d’oro. L’inaugurazione del Mishkan fu un grande avvenimento sia su scala nazionale che globale, fino a oggi ne arriva l’eco.
Tutto veniva diretto da Aronne, ma lui ne ricordava qualcosa? Quel giorno sono morti due dei suoi figli. Anche se non si è disperato e non ha protestato, vediamo quale grande trauma sia stato per lui, sulla base della nostra Parashà di questa settimana. Nonostante gli elevati avvenimenti di quel giorno ai quali prese parte, per lui è sempre rimasto il giorno in cui ha perso i suoi figli. Tutta la sua vita da allora divenne “la vita dopo la morte dei figli”.
Nel Libro di Giobbe, dopo che Giobbe aveva perso tutto, assieme ai suoi figli, tre dei suoi amici vengono a consolarlo e la prima cosa che gli offrono è il loro silenzio. Anche nella nostra Parashà vediamo che Dio comprende il trauma di Aronne e dopo avere parlato per la prima volta con lui, Dio resta in silenzio, non pretende niente da Aronne, lasciandolo rinchiudersi in sé stesso per curare il suo spirito ferito.
La Mishnà quando elenca i doveri, le responsabilità e i privilegi del Cohen HaGadol, spiega che anche se il sacerdote ha diritto ha fare sacrifici quando vuole, è obbligato al servizio al Tempio una sola volta l’anno – a Yom Kippur. Così dopo la santificazione del Mishkan, la volta successiva che Aron sarebbe stato obbligato a entrare dentro al Mishkan era proprio di Yom Kippur.

La benedizione che diciamo sulla sinagoga, che è stata distrutta e poi ricostruita dice : “Benedetto sei nostro Dio, Re dell’universo, Che indichi la fine del lutto”. Un lutto non vissuto può diventare rabbia e successivamente depressione e diventa un lutto senza fine, che porta alla paralisi. Quando Dio si rivolge ad Aronne all’inizio della Parashà di questa settimana, gli dice che deve agire per il Popolo. Arriva quindi Yom Kippur, giorno in cui tutto Am Israel può fare penitenza, ma la penitenza non può avvenire senza la presenza del Kohen HaGadol.
Il primo passo nel processo di pentimento è l’espiazione del Grande Kohen per sé e per i suoi familiari, anche quelli che non sono più in vita.
Se Dio avesse detto ad Aronne, di espiare anche per i suoi figli subito dopo la loro morte, questo sarebbe stato crudele. Se Dio in generale non avesse detto niente, Aronne non avrebbe mai cominciato il periodo di risanamento. Anche se era passato qualche mese dalla morte dei figli, quando Dio si è rivolto nuovamente ad Aronne, ha capito che per Aronne c’era ancora il lutto. Da qui impariamo che quando ci rivolgiamo a qualcuno dobbiamo sapere chi è quella persona e cosa sta passando. Se non riusciamo a capire quali ferite spirituali ha provato quella persona significa che siamo insensibili. Se non crederemo in quella persona, allora non potremo aiutarla. La vera empatia si compone sia dell’amore che della fede nella forza di quella persona.

In un contesto nazionale ci troviamo adesso nello stesso punto di Aharon HaKohen all’inizio della nostra Parashà. Se i primi due millenni dopo l’Esilio non sono stati ancora troppo dolorosi, sicuramente l’assassinio di Sei Milioni di Kedoshim ci ha traumatizzati in modo indicibile. Sicuramente gli ultimi anni sono stati “una vita dopo la morte”.
Il nostro Popolo quindi, si è ritirato dall’illuminare questo mondo con la luce di Dio, per investire le sue energie nel curare le ferite e costruire un nostro stato. E’ arrivato però il momento di risvegliarsi da questo sonno e di iniziare di nuovo a guidare il mondo con la luce di Dio. Così come il Kohen HaGadol, dobbiamo iniziare un processo di rinascita mondiale, attraverso l’espiazione dei nostri comportamenti individuali.
di Rav Yehoshua Ellis