Teshuvà: ogni caduta può trasformarsi in una rinascita

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di Rav Alfonso Arbib, Rabbino capo di Milano

Com’è noto al centro del periodo di Rosh Hashanà e Kippùr c’è la teshuvà.

Il concetto di teshuvà è un elemento fondamentale straordinariamente importante della tradizione ebraica. I Chakhamim dicono che la teshuvà è stata creata prima della creazione del mondo. Qual è l’idea fondamentale? Che niente è perduto e che tutto è rimediabile, non ci sono condanne eterne, non ci sono sbagli che ci conducono al baratro, possiamo fare marcia indietro, possiamo cambiare strada, possiamo ritornare sulla strada giusta.

Non c’è un peccato originale che marchia per l’eternità l’essere umano. Commettiamo errori, anche errori gravi, ma c’è una strada aperta per il ritorno e questa strada si chiama teshuvà.

È difficile parlare di teshuvà in questo momento: tutto il mondo sta chiedendo a noi ebrei di fare teshuvà, ci viene detto che siamo colpevoli di crimini terribili, teoricamente l’accusa è rivolta al governo israeliano ma come succede quasi sempre coinvolge tutti gli ebrei.

Oltre 40 anni fa una giornalista di Repubblica Rosellina Balbi intitolò un suo articolo “Davide discolpati”. Agli ebrei viene chiesto di discolparsi, sembrano essere l’origine di tutto il male del mondo. Questa richiesta pressante, a volte estremamente violenta, rientra nell’idea di Teshuvà? La risposta è negativa per vari motivi. Innanzitutto la teshuvà è un percorso individuale e non collettivo. Ognuno di noi deve fare teshuvà ma la teshuvà non la fa insieme agli altri. Nel Viddùi – la confessione dei peccati -usiamo la prima persona singolare. Questo elemento della teshuvà è fondamentale. La teshuvà collettiva ha poco senso perché in realtà normalmente è auto-assolutoria. Se tutti sbagliano nessuno sbaglia.

In realtà questa attitudine auto-assolutoria è molto presente ed è paradossalmente presente proprio in quelli che chiedono agli ebrei di discolparsi; fanno la morale agli altri ma non sono in grado normalmente di prendere coscienza delle proprie colpe, la tecnica usata è quella molto antica del capro espiatorio.

Il secondo elemento per cui questa richiesta è inaccettabile è il fatto che sia basata in genere sull’ignoranza. Veniamo spesso accusati di colpe inesistenti, frutto spesso di quelle che oggi vengono chiamate fake news. Elemento fondamentale della teshuvà è un’analisi oggettiva e veritiera di tutto ciò che ci riguarda. I Chakhamìm ci chiedono un profondo esame interiore, ci chiedono di non nascondere la verità. A questa verità possiamo arrivare solo noi stessi, nessun altro ci può conoscere così profondamente. Farlo non è semplice, bisogna innanzitutto smettere di auto-ingannarsi e di auto-giustificarsi. Significa dire le cose in maniera chiara, confessare i peccati usando la parola; rav Soloveitchik dice che solo usando parole chiare e frasi di senso compiuto ci rendiamo veramente conto di ciò che abbiamo fatto.

Il Midràsh narra che Eliezer ben Drudià quando decise di fare teshuvà chiese aiuto alle forze della natura ma poi arrivò alla conclusione che la cosa dipendesse solo da lui.

Un ultimo elemento che rende questa richiesta inaccettabile è ciò a cui stiamo assistendo oggi: un processo di criminalizzazione degli ebrei in Israele e degli ebrei in generale. Un passo famoso dei Pirkè Avòt dice che noi non dobbiamo considerarci dei malvagi perché quando si arriva a considerare se stessi dei malvagi ci si trova davanti una situazione che rischia di essere irrimediabile.

Il Talmùd dice che noi dobbiamo considerare il mondo come per metà colpevole e per metà meritevole e noi stessi per metà colpevoli e per metà meritevoli. Noi non siamo malvagi e il mondo non è malvagio ma ogni nostra azione può far pendere il piatto della bilancia da una parte o dall’altra.

Alla base della teshuvà c’è quella che è forse il principio fondamentale della tradizione ebraica, l’assunzione di responsabilità. Rav Soloveitchik affermava che il famoso detto di Cartesio “Cogito ergo sum” – penso quindi sono – in chiave ebraica andrebbe trasformato in: “Sono responsabile, quindi sono”.

Viviamo in un mondo in cui vi è una continua tendenza a scaricare le responsabilità e spesso a caricarle su qualcun altro, preferibilmente gli ebrei, un mondo in cui si divide l’umanità in vittime e carnefici. Gli ebrei, nonostante persecuzioni e discriminazioni, non si sono mai considerati delle vittime e hanno sempre tentato di affrontare il futuro convinti che ogni caduta possa trasformarsi in una rinascita.