Letteratura, musica, innovazione: le diverse facce dell’identità ebraica

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La musicista Evgenya Kymiagar, il violinista Refael Negri e il flautista Giovanni Iazzarelli.

Nel pomeriggio del 15 maggio, durante le celebrazioni di Yom Haazmaut presso la sede storica della Società Umanitaria di Milano, nella sala Facchinetti si sono svolti quattro eventi dedicati all’identità ebraica in cui si è parlato di tecnologia, musica, letteratura e attualità politica. 

Tel Aviv, la città delle start-up
«Israele è un paese pieno di innovazione e un centro metropolitano che ne produce molta è Tel Aviv. La città a pochi passi dalla costa è inoltre poco distante dall’aeroporto internazionale, e a pochi chilometri da Gerusalemme», ha affermato Avital Kotzer Adari, direttrice dell’ufficio nazionale israeliano del turismo, che ha poi continuato così: «E’ davvero la terra di tutti oltre ad essere una città start-up. In passato le prime 66 famiglie ebraiche giunte a Giaffa hanno raccolto delle conchiglie grige e bianche e indetto una lotteria per dividersi le terre. Lo stesso luogo in cui è avvenuto questo fatto storico ora è ricolmo di aziende perché Tel Aviv è una città che mescola la storia e il futuro anche nell’archeologia. La città israeliana infatti offre una copertura totale del wifi gratuito che è aperto a tutti, cittadini e turisti. Lo sviluppo tecnologico inoltre passa anche dalle competizioni tra studenti liceali: Israele infatti incoraggia i propri cittadini a far innovazione.

Si conta infatti che a Tel Aviv ci siano 1000 aziende, e per questo è la seconda città più tecnologica al mondo: con ben 19 aziende per chilometro quadrato è scavalcata solo dalla Silicon Valley. Bisogna inoltre dire che la città israeliana è il secondo centro finanziario del Medio Oriente. Per lavorare a Tel Aviv non è necessario avere un ufficio. Esistono spazi di coworking per poter svolgere il proprio lavoro a contatto con altri startupper. Negli ultimi anni infatti molte aziende, dato che le start-up hanno una vita elastica e con capitali contenuti, preferiscono concedersi ad un prezzo contenuto un luogo di lavoro offerto da società come Mindspace e The Library. Non solo quelle giovani ma anche le grandi aziende hanno deciso di istallare i loro centri operativi a Tel Aviv: è il caso di Google che ha una bellissima sede caratterizzata da un arredamento di design».

Sonorità ebraiche
Durante il secondo evento del pomeriggio si sono esibiti con la musicista Evgenya Kymiagar, il violinista Refael Negri e il flautista Giovanni Iazzarelli.
Come ha spiegato la stessa Kymiagar, i brani che gli spettatori hanno ascoltato sono frutto di una ricerca musicale in cui si è cercato un denominatore comune all’interno delle composizioni dei musicisti ebrei. Attraverso l’assiduo ascolto dei grandi maestri la musicista ha elaborato le proprie sensazioni musicali e ha cercato di ricreare un’atmosfera ebraica nelle sue produzioni artistiche. «Alcuni brani infatti sono composti da melodie che richiamano il cantore in sinagoga. Egli infatti è da solo come lo strumento di queste musiche».

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Vittorio Robiati Bendaud

Momento letterario. Le lettere di  Yonathan Netanyahu
Il terzo evento pomeridiano è stato condotto da Vittorio Robiati Bendaud, coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, e giornalista nel campo culturale. L’incontro è stato dedicato alla presentazione del libro “Le lettere di Yonathan Netanyahu” edito dalla casa editrice Liberilibri.

Bendaud ha fatto una breve premessa dando il suo giudizio sulle recenti polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione del libro e ha sviluppato un avvincente racconto sulla famiglia  Netanyahu. «La famiglia Netanyahu  vive una sorta di dicotomia. Da una parte possiamo parlare di una famiglia risorgimentale che ha portato avanti valori che appartengono ad un panorama più ampio rispetto al sionismo. Inoltre è stata una famiglia che si è dedicata alla cultura ebraica laica. Il padre di Yonathan, Benzion Netanyahu , è stato uno dei più grandi storici ebrei. Sono stati molto importanti infatti i suoi studi sull’Inquisizione e ha raggiunto un’ampia notorietà sia in Inghilterra che negli Stati Uniti. Negli anni ‘50, la famiglia si trasferisce in America, a Filadelfia che rappresenta una delle principali città ebraiche americane. E’ da qui che iniziano le lettere ai suoi amici d’infanzia che vanno dalla fine degli anni ‘50 fino al ‘76, tre giorni prima della sua morte in ritorno da un’operazione militare in Uganda».

Bendaud ha inoltre spiegato che le lettere sono state pubblicate in forma ridotta e tra i vari destinatari ci sono infatti amici, persone che gli hanno voluto molto bene fin dall’adolescenza, fratelli e genitori. «Non tutte sono state pubblicate solo per una questione di privacy ma la selezione è sufficiente  per mostrarci la personalità fuori dal comune di Yonathan».  Bendaud ha poi terminato il suo intervento raccontando ai lettori le peculiarità dell’autore delle lettere: «Yoni aveva la nostalgia della terra di Israele. Era un sentimento molto forte e spesso tra le sue missive si leggeva la frase “io voglio tornare” – ha infine aggiunto – Da giovane ebreo era innamorato della sua terra. Non c’era fanatismo ma solo sana affezione. Una sorta di patriottismo in senso più alto. A 18 anni decise di fare il servizio militare perché come scrive in una lettera: “Vivi in un Paese che non si può permettere di perdere una guerra. Se Israele dovesse perderne una scomparirebbe”».

Israele e la percezione collettiva dello stato ebraico
Infine il ciclo di incontri pomeridiani nella sala Facchinetti si è concluso con la presentazione del libro “Israele e gli altri. Un dissidio irrisolto” (LaZisa edizioni) di Anna Momigliano. Sul palco erano presenti la giovane autrice e Davide Romano, assessore alla cultura della Comunità ebraica di Milano.

Romano ha dato inizio al dibattito chiedendo alla Momigliano quali fossero le differenze di pensiero tra gli israeliani percepite all’estero: «E’ notizia di pochi giorni fa che Israele abbia raggiunto una popolazione di 8 milioni. Ecco moltiplicate per tre questa cifra dato che spesso gli israeliani non sono d’accordo nemmeno con sé stessi. Possiamo dire però che nonostante questa considerazione, attualmente il Likud, il partito al governo, risulta essere molto solido. C’è da dire che all’interno della coalizione di governo non tutti si sopportano. Per esempio Benjamin Netanyahu e Reuven Rivlin litigano molto tra di loro. Hanno due caratteri diversi ed è per questo che sono incompatibili. Il primo difende lo status quo e il secondo invece vuole raggiungere una risoluzione immediata soprattutto per quanto concerne la questione palestinese. Netanyahu non è il politico aggressivo come ci viene detto dai media e dai giornali italiani ma un uomo di governo molto prudente». Anna Momigliano ha anche offerto al pubblico una sua analisi sulla convivenza tra ebrei e arabi all’interno di Israele.

«E’ molto difficile spiegare agli italiani i problemi tra musulmani ed ebrei. Il 20% della popolazione è composto da arabi che professano diverse religioni ma la comunità più grande è quella dei musulmani. Gli arabi residenti in Israele hanno sempre avuto diritto di voto ma ultimamente qualcosa si è rotto e infatti molti di loro se ne vanno perché non si sentono più a loro agio.

Durante le ultime elezioni Benjamin Netahnyau ha invitato i cittadini a votare per contrastare il pericolo arabo.  Questo perché negli ultimi giorni di campagna elettorale il Likud nei sondaggi era dietro al partito di sinistra. Netanyahu ha messo paura alla destra radicale per guadagnarsi il suo voto. E’ stata una mossa disperata che è servita. Questo evento però è stato un punto di rottura perché all’opinione pubblica è sembrato che non si volesse far votare gli arabi: non era così». Anna Momigliano nel suo ultimo libro ha cercato di trasmettere al lettore la complessità del sistema politico di Israele che molto spesso è vittima di inadeguate semplificazioni.