“Da Mosè a Mosè (Maimonide)”. L’etica ebraica dalla Torah alla filosofia 

 

di Roberto Zadik

L’ebraismo ha un legame molto stretto con la morale e, accanto alla fede, fondamentali sono la riflessione etica e interiore sul comportamento e il miglioramento di se stessi verso D-o e il prossimo.

Sul rapporto fra Legge ebraica ed etica si è interrogato il docente e filosofo Abramino Chamla nel primo incontro del ciclo Percorsi di etica ebraica, da Mosè a Mosè (Maimonide), iniziativa curata dall’Assessorato alla Cultura della Comunità milanese e dal Rabbinato Centrale. La conferenza si è tenuta domenica 25 ottobre su Zoom, invece che presso la Sinagoga Centrale di via Guastalla, come previsto inizialmente, a causa dell’emergenza Covid.

Ma quali sono stati gli argomenti centrali della serata? Mino Chamla ha approfondito a livello religioso e filosofico i vari protagonisti del libro di Bereshit (Genesi) sviscerandone la grandezza morale. Riguardo a  Noè, lo ha definito un “esempio di fedeltà e rettitudine verso D-o” per le sue “7 leggi noachidi” che introdussero divieti e regolamenti poi confermati dalla Torah,  come quello di non nutrirsi di sangue, non commettere idolatria, amministrare la giustizia.

Durante l’approfondimento, Chamla ha analizzato l’alto valore etico e intellettuale non solo delle figure bibliche ma anche dei Maestri della tradizione ebraica che commentarono la Torah sviluppando i due aspetti della Legge, sia la parte normativa (Halakhà) che dal Talmud confluì nel codice di regole dello Shulkhan Aruch, testo basilare della vita pratica ebraica disciplinata in ogni suo dettaglio; sia filosofica e di pensiero (Aggadà) in cui sono comprese le massime dei Maestri dei Pirqe Avot e le dottrine filosofiche di colossi come Ibn Gabirol o Bahya Ibn Paquda, luminari della Spagna andalusa di lingua araba, fondamentali per inquadrare il pensiero del Maimonide.

Chamla ha alternato considerazioni e insegnamenti sia sui personaggi biblici sia sui saggi spagnoli andalusi medievali offrendo solidi spunti di riflessione e una certa continuità logica e argomentativa fra quanto espressero i Patriarchi come Abramo o leader come Mosè e ciò che, dai loro esempi, i Maestri furono capaci di elaborare nei loro commenti alla Torah e nelle loro riflessioni morali.

Prima di approfondire il Maimonide, ha spiegato il pensiero di grandi intellettuali e commentatori a lui precedenti. Durante il suo discorso, oltre all’analisi della Torah e dei suoi protagonisti, Chamla ha enunciato alcuni principi fondamentali dell’ebraismo. “Una religione sia collettiva, perché dalle preghiere allo studio la collettività e i rapporti col prossimo sono fondamentali, sia individuale, nello sforzo del singolo di avvicinarsi a D-o con una serie di precetti”; poi l’importanza del continuo miglioramento di se stessi anche e soprattutto a livello religioso, etico e interpersonale, segnalando anche alcune importanti differenze fra i personaggi della Genesi. Ad esempio Noè camminava con D-o mentre Abramo camminava “davanti a Lui” e strinse un patto ben preciso con l’Eterno effettuando la circoncisione in tarda età. Poi, con Mosè arrivò la Legge che “non era fine a se stessa ma regolamentò la vita del popolo ebraico”. “Noè, Abramo e Mosè – ha sottolineato lo studioso  – alludevano a un concetto basilare come quello della Legge Divina fra gli uomini, evidenziando valori come la conoscenza, costantemente legata all’etica e alla ricerca spirituale, l’introspezione e  la giustizia, che dovrebbe essere uno degli obiettivi dell’essere umano, rispettando i precetti Divini contenuti nell’Halakhà che infatti significa in cammino”.

Una analisi estremamente interessante e articolata in cui Chamla ha messo in luce quanto l’etica pervada tutta la tradizione ebraica sia nella Torah e nelle vicende dei vari personaggi, da Adamo ai Patriarchi, sia nelle norme e nei precetti (Halakhà) sia nel pensiero ebraico (Aggadà). Proprio soffermandosi su come, nell’ebraismo, religione e pensiero siano estremamente intrecciati fra loro, utilizzando come esempio le Massime dei Padri (Pirkè Avot),  testo etico per eccellenza “ricco di consigli validi per la vita quotidiana”, e varie citazioni dalla Torah orale del Talmud, la seconda parte dell’approfondimento è stata dominata da una analisi molto approfondita del Maimonide.

Esempio massimo e gigante del pensiero etico e religioso, filosofo per eccellenza ma anche medico, ispirato al pensiero aristotelico ma anche profondamente diverso da esso, il Maimonide (conosciuto anche con l’acronimo di Rambam, Rabbì Moshé Ben Maimon) è stato inquadrato da Chamla sia a livello storico sia di pensiero, approfondendo opere come la Guida dei Perplessi o il suo monumentale lavoro  Mishnè Torah.

“Da buon medico qual è stato – ha sottolineato Chamla – il Rambam non divise corpo e anima ma li unì come due sfere complementari, dando consigli preziosi per la salute e la morale e cercando di dare una spiegazione razionale a tutto, anche ai precetti”. Per il Rambam, ognuno poteva e doveva migliorarsi e nell’Hilkhot Deot, saggio sui comportamenti, egli “si  concentrò sulla psicologia e sul carattere umano, cercando la virtù del giusto equilibrio”. A questo proposito il docente ha evidenziato la modernità di questo Saggio fra i più importanti del pensiero ebraico mondiale, i cui insegnamenti insistettero molto “sul perfezionamento di sé” anche perseguendo virtù opposte alla propria indole e difetti caratteriali. Ad esempio chi “è avaro deve sforzarsi di compiere atti di generosità, chi è egoista dovrà sforzarsi di compiere azioni altruistiche e così via” tendendo verso la “Misericordia, il chesed,  la bontà e la generosità verso il prossimo, virtù altamente elogiate da questo incredibile saggio”.