Rosh Hashanà e la via del ritorno

Ebraismo

Dopo il peccato del primo uomo, Dio gli chiede: “Dove sei?”. Ovviamente Dio sa benissimo dove fisicamente l’uomo si trovi ma vuole fargli capire che si è spiritualmente allontanato da Lui e chiedergli di tornare, di fare teshuvà.
Con questa domanda comincia la storia dell’umanità dopo il peccato. In questa domanda sono racchiusi i concetti fondamentali su cui siamo chiamati a riflettere a Rosh Hashanà. Dobbiamo prendere atto del nostro allontanamento ed essere contemporaneamente coscienti che la strada per il ritorno è spianata. Tutti siamo chiamati a fare questa riflessione. Ognuno di noi ha una strada (più o meno lunga) da percorrere. Nessuno può ritenersi perfetto ma allo stesso tempo è inaccettabile considerarsi ebraicamente persi e senza speranze.
Una delle immagini più note della Torà è la scala in cui salgono e scendono gli angeli, sognata dal patriarca Ya’akòv.

Secondo un grande Maestro dell’Ottocento, quella scala è la metafora della vita umana. Possiamo salire o possiamo scendere ma non possiamo permetterci di stare fermi.
Noi viviamo in una società in cui si parla molto di diritti. I diritti sono sicuramente importanti e alcuni di essi sono stati conquistati dopo anni di lotte e sacrifici. A volte però la rivendicazione di diritti degenera nella negazione di una componente fondamentale della nostra vita, i doveri.
Noi abbiamo dei doveri verso noi stessi, il nostro prossimo e Dio.
La tradizione ebraica pone l’accento in maniera particolare su questo elemento essenziale. Un grande Maestro dell’ebraismo italiano (R. M.Ch. Luzzatto) afferma che il compito fondamentale di ognuno di noi è capire “qual è il suo dovere nel mondo”.
Questa accentuazione del dovere può sembrare oppressiva ma non è così, sia perché l’adempimento di un dovere può essere piacevole e gratificante ma soprattutto perché è uno degli aspetti essenziali della crescita di un essere umano.
Un bambino ha solo diritti; diventando adulti si acquisiscono doveri.
Mi auguro che l’anno che sta per cominciare sia un anno di prosperità, pace e crescita materiale e spirituale per la nostra Comunità, per il popolo ebraico, per ogni singolo individuo, e per la collettività nel suo complesso.

Tachèl shanà uvirkhotèha Cominci l’anno con le sue benedizioni.