Un piatto che viene da lontano

di Joan Rundo

Uno dei libri di cucina più insoliti della mia collezione s’intitola “A Drizzle of Honey”* ossia “Le Vite e le ricette degli Ebrei segreti della Spagna”, scritto da due storici statunitensi che hanno setacciato i verbali dei processi dell’Inquisizione spagnola. In quel periodo così buio, le abitudini culinarie degli accusati spesso venivano citate come prova dell’ebraismo di quei “conversos” convertiti nominalmente al cristianesimo ma che continuarono a mantenere le pratiche ebraiche quanto possibile . Per aiutare la loro individuazione furono compilate liste di abitudini come “cucinare il venerdì piatti per il sabato e quindi mangiare la carne il sabato cucinato il venerdì… lavare la carne o farla lavare, togliere tutto il grasso e il nervo dalla coscia… il non mangiare il maiale, la lepre, il coniglio, uccelli strozzati, l’anguilla, le seppie o altri pesci privi di pinne, come dalla legge ebraica; e… alla morte dei genitori…mangiano… cose quali uova sode, olive e cosi via… coloro che hanno tolto le vene dalla carne che preparano per mangiare o che hanno tolo il nervo sciatico dal una coscia di montone o da altro animale… or che hanno mangiato la carne durante la Quaresima o altri giorni vietati dalla Santissima Chiesa Madre… o che festeggiano la Festa del pane azzimo cominciando con un piatto di lattuga, sedano o altre erbe amare…”

L’ironia sta nel fatto che queste stesse liste di abitudini aiutarono future generazioni di ebrei “segreti” a capire come continuare le pratiche ebraiche.

Le ricette del libro sono state elaborate sulla base di testimonianze di vicini o servi e mantengono le tracce della cucina ebraica nella penisola iberica prima delle espulsioni. Questa cucina, del periodo noto come la “Convivencia”, la coesistenza dei credenti delle tre religioni, fu conforme naturalmente alle regole alimentari ebraiche e sviluppò piatti specifici per lo Shabbat e le feste. Una tradizione che continuò presso i “conversos” fu quella della cottura notturna di un piatto il venerdì sera, da servire l’indomani.

Tra i documenti esaminati nella loro ricerca, gli autori citano una certa Maria, domestica presso la famiglia Ramirez di Toledo, la quale riferì che prima dell’espulsione e dell’Inquisizione, il piatto dello Shabbat consisteva in “ceci e fave, della carne, messi in una casseruola con la melanzana, se di stagione, coriandolo macinato, carvi e cumino e pepe e cipolla.”

In base a questi ricordi, oggi si può ricreare un piatto che viene da quel lontano passato.

*A Drizzle of Honey – The Lives and Recipes of Spain’s Secret Jews, David M. Gitlitz e Linda Kay Davidson, St. Martin’s Press, New York, 1999

OLLA DE GARBANZOS Y HABAS (Casseruola di ceci e di fave) della famiglia Ramirez
(per 6 persone)

150 g ceci, messi a bagno il giorno prima
150 g fave, messe a bagno il giorno prima
2 cipolle affettate
2-3 cucchiai olio di oliva
1 kg manzo o agnello, tagliato a cubetti
1 litro acqua o brodo
1 kg melanzane
Bietole (facoltativo)
1,5 cucchiai semi di coriandolo macinati
1,5 cucchiai semi di cumino macinati
1 cucchiaino semi di carvi macinati
Sale
Pepe

Risciacquate i ceci e le fave. In una pentola capiente, soffriggete le cipolle nell’olio di oliva a fuoco basso. Quando diventano trasparenti, riservate e tenete da parte.

Dorate la carne nella stessa pentola e poi aggiungete le cipolle. Aggiungete acqua o brodo quanto basta per coprire la carne. Fate cuocere, coperto, per un’ora.

Nel frattempo, sbucciate le melanzane e tagliate a cubetti. Cospargete di sale e lasciate sgorgare per 30 minuti, quindi risciacquate ed asciugate.

Aggiungete i ceci e le fave alla pentola. Continuate la cottura per ancora un’ora. Aggiungete le spezie e le melanzane e salate e pepate al gusto. Continuate la cottura per ancora un’ora o un’ora e mezza.

Le bietole, se utilizzate, si aggiungono nell’ultima mezz’ora di cottura.