La regina di Sartirana

di Daniele Moro

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È da secoli conosciuta come “il maiale degli ebrei”. Con le sue carni si fanno infatti salami e prosciutti. L’oca trionfa sulle tavole e per l’EXPO, in Lomellina, oggi si rinnova la tradizione

 

Che l’Italia conservi e, da qualche tempo, valorizzi le tantissime radici ebraiche del cibo, si sa. Da Venezia a Roma è un trionfo di sarde in saòr, carciofi alla giudìa, bianchi di Pitigliano (la “Piccola Gerusalemme”). Da poco si è tornati a produrre niente meno che il Parmigiano Reggiano kasher. Una festa del cibo ed una valorizzazione, anche economica, di produttori e prodotti sempre più apprezzati, anche all’estero.
Cinque anni fa, un gruppo di amici ha scoperto che tra Milano e Casale Monferrato si mangia, da secoli, l’oca. Una delle tante tracce di una presenza ebraica molto importante nella valle del Po. Cacciati gli ebrei dal ducato di Milano nel 1596, quell’anno ha visto sparire una comunità che tra Lomellina e Monferrato è cresciuta tra risaie, tanta acqua e oche. Tantissime oche. I “maiali degli ebrei” appunto, i palmipedi che venivano usati davvero per tutto, di cui, esattamente come il maiale, “non si butta via niente”: le piume per imbottire cuscini e abiti, le penne per scrivere, il grasso per cucinare e per preparare i ciccioli, la carne da arrostire o da salare, macinare e insaccare. Nascevano così i salami, i prosciuttini o i “petisini” d’oca, da animali spesso allevati dalle stesse massaie ebree nei cortili di casa e fatti “sciattare” da shochèt  (macellai rituali) itineranti, in tempo per Pesach.
A Mortara si festeggia ogni anno, con il Palio dell’oca, una tradizione secolare che vede la presenza del simpatico pennuto in cucina, nell’aia, nell’economia, un tempo poverissima, di comunità abituate a utilizzare tutto, ma proprio tutto, per sopravvivere tra risaie, nebbia, rane, oche e tantissima acqua.
Così cinque anni fa alcuni piccoli imprenditori hanno deciso di investire sul recupero dei cibi e dei vini di una comunità un tempo molto importante, che ha lasciato tradizioni di grande valore: l’oca della Lomellina, i biscotti Krumiri e i vini kasher del Monferrato.
Da qui nasce l’iniziativa di Sartirana Lomellina, una splendida cittadina pavese ai bordi del Po e della dirimpettaia Casale con una Comunità ebraica che crede in un piccolo grande sogno: restituire alla terra nella quale sono nati alcuni dei frutti migliori. Frutti ebraici appunto. E da cinque anni, insieme alla Confraternita della Rana e del Salame d’Oca di Mortara, un gruppo di amici, guidati da Gianluca Cominetti, ha dato vita a quattro edizioni dei “Pranzi alla maniera ebraica”, ogni anno organizzati in una cittadina diversa della Lomellina, per riportare cibo, ma specialmente cultura di qualità a popolazioni che da secoli mangiano “ebraico” senza conoscerne le origini. Un successo, anche di pubblico, veramente inaspettato. Così, storici dell’ebraismo, come Annie Sacerdoti, intellettuali come Claudia De Benedetti e i tanti amici della Comunità di Casale intervengono per spiegare ad un pubblico in gran parte non ebreo le origini del cibo kasher, le ragioni igieniche, ma anche culturali, per le quali ebrei e cristiani interagiscono e si contaminano nei secoli anche nell’Italia del nord ovest. Kasher come “adatto”, pulito e giusto. Al termine di ogni pranzo (la quinta edizione si svolgerà a Sartirana Lomellina il 25 ottobre, nell’ambito dell’Expo) visita guidata alla strepitosa Sinagoga di Casale. Un’occasione culturale che ogni anno richiama decine e decine di amici dal nord Italia, che trovano storia e piacere, cultura e radici, ad un passo da Milano. I dolci della Famiglia Rossi-Portinaro e i vini della Azienda Agricola Angelino di Ottiglio Monferrato (AL) sono già kasher, i buonissimi salumi di Oca Sforzesca di Vigevano sono in versione halal (e stanno ottenendo un grandissimo e meritato successo nei Paesi del Golfo) in attesa che anche in Italia, si torni a produrre squisiti salumi d’oca della Lomellina in versione kasher.
Info: assbrunoldiceci@yahoo.it