Esiste un Sudafrica che sta con Israele. Intervista a Bafana Modise

Mondo

di Nathan Greppi

 

Nell’ultimo anno e mezzo, ha avuto ripercussioni pesanti la causa intentata contro Israele dal Sudafrica presso la Corte Penale Internazionale, che ha contribuito a sdoganare nel dibattito pubblico la falsa accusa di genocidio.

Tuttavia, nel frattempo si sono verificati degli sviluppi che hanno costretto il partito di governo sudafricano ANC (African National Congress) a ridimensionare il proprio accanimento: prima le elezioni del giugno 2024, che per la prima volta dalla fine dell’apartheid hanno visto l’ex-partito di Nelson Mandela perdere la maggioranza assoluta dei seggi, costringendolo a formare un governo di coalizione con partiti che su Israele assumono posizioni eterogenee; e poi, il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump ha fatto sì che gli Stati Uniti adottassero un atteggiamento più critico nei confronti del Sudafrica.

Per capire qual è lo stato dei rapporti tra Gerusalemme e Pretoria alla luce di questi mutamenti, abbiamo parlato con Bafana Modise, personaggio radiofonico e portavoce dell’associazione South African Friends of Israel.

Dopo le elezioni del 2024, sono stati inclusi nel governo sudafricano partiti con posizioni diverse. Un anno dopo, cosa è cambiato nell’atteggiamento verso Israele?

Dopo le elezioni dell’anno scorso, l’ANC ha perso la maggioranza fermandosi al 40%, e abbiamo visto entrare nel governo partiti che tendono ad avere posizioni più moderate e di sostegno a Israele, come DA (Democratic Alliance) e Patriotic Alliance. E all’inizio di quest’anno, il nostro capo di Stato (Cyril Ramaphosa, ndr) e alcuni ministri e imprenditori sono andati ad incontrare Trump. Posso dire che dopo quell’incontro, c’è stata non dico una moderazione dei toni, ma comunque un cambiamento nel loro modo di agire, per cui ora tengono un profilo più basso.

È stato così anche durante il recente conflitto tra Israele e Iran?

Normalmente, il presidente avrebbe espresso il proprio sostegno all’Iran, ma per la prima volta ha chiesto la pace tra i due popoli, senza assumere posizioni radicali. A poco a poco, la nostra politica estera sta lentamente tornando a ciò che dovrebbe essere, ovvero a favore del Sudafrica e del nostro popolo, e ad essere la voce dell’unità e della riconciliazione, anche al di là dei nostri confini. Ma non è andata così finora: oggi, mentre parliamo, le persone chiamano Israele “apartheid” e “paese genocida” per colpa del nostro governo. Speriamo che dalle prossime elezioni e con i recenti sviluppi, vedremo una politica estera più stabile e sobria.

Per quale motivo l’ANC ha adottato posizioni così antisraeliane?

Durante la lotta in Sudafrica contro l’apartheid, quando Mandela andò a chiedere l’aiuto dell’Occidente, questi non glielo diede. Allora andò a cercare aiuto ad Oriente, e così abbiamo stretto dei legami e una solidarietà reciproca con il popolo palestinese, incontrandoli a Mosca e nei campi di addestramento, perché combattevamo una battaglia comune per l’autodeterminazione nazionale.

Che cosa è cambiato dopo la caduta dell’apartheid?

Sin dai tempi del governo di Mandela, dare voce ai palestinesi è stato uno dei punti cardine della nostra politica estera. Tuttavia, Mandela non ha mai adottato posizioni che potessero rappresentare una minaccia per Israele. Lui disse che noi “insistiamo sul diritto dello Stato d’Israele ad esistere entro confini sicuri, ma con uguale vigore sosteniamo il diritto palestinese all’autodeterminazione nazionale”, ossia ad una Soluzione a due Stati. Per lui, la fine dell’occupazione non poteva prescindere dal riconoscimento da parte degli Stati arabi del diritto alla sicurezza d’Israele.

Perché l’ANC ha cambiato posizione dopo il governo Mandela?

Nel corso degli anni, la posizione di Mandela ha smesso di essere rilevante. Dopo la Conferenza di Durban del 2001, la nuova narrazione ha trascinato la nostra storia nel conflitto arabo-israeliano, dipingendo Israele come un “regime di apartheid”. A quel punto, la gente si è stupita: cosa c’entra l’apartheid in Sudafrica con una guerra in Medio Oriente che dura da decenni?

Eppure, in molti ci credono…

Da allora, abbiamo visto crescere la popolarità delle sciarpe palestinesi (la keffiyah, ndr), e i giovani venire sempre più indottrinati su posizioni antisraeliane e filopalestinesi. E nessuno di loro dice qual è stata la responsabilità dell’OLP per la mancata autodeterminazione dei palestinesi, o qual è stata la responsabilità di Hamas nel mantenere le persone in questa situazione precaria. E anche l’ANP riceve miliardi di dollari da tutto il mondo, ma non stanno creando sviluppo in Palestina, tranne che a Ramallah. Ci sono stato due mesi fa, ed è bellissima. In sostanza, viene incolpato solo Israele, e nessuno chiede all’altra leadership di rispondere delle proprie azioni.

In Sudafrica, quanto è condivisa questa posizione dalla gente comune?

Non tutti la pensano così. Per molti sudafricani, questa è una guerra religiosa, con la quale la nostra storia non ha niente a che fare. Vogliamo semplicemente vedere i due popoli convivere in pace, fianco a fianco. Inoltre, in questo paese i cristiani praticanti vedono Israele come la Terra Santa; gli ebrei vengono visti non come dei colonialisti, ma come i figli di Abramo che tengono fede alla profezia che li farà ritornare nella loro terra.

Quali sono i partiti politici sudafricani più ostili a Israele? E quali, invece, sono più amichevoli?

L’ANC e l’EFF (Economic Freedom Fighters) sono antisraeliani, oltreché accomunati da posizioni socialiste e rivoluzionarie. Dall’altra parte, nel parlamento sudafricano hai partiti come DA, che hanno un atteggiamento moderato, e partiti come Patriotic Alliance e l’FF+ (Freedom Front Plus) che hanno messo in chiaro il loro sostegno a Israele, così come sta chiaramente dalla parte d’Israele l’ACDP (African Christian Democratic Party).

Tra i principali fulcri dell’odio contro Israele, spicca il mondo accademico. Quanto sono diffuse le iniziative antisraeliane nelle università sudafricane?

È soprattutto all’Università di Città del Capo che vengono portate avanti, ma le altre università sono diventate più moderate nel corso degli anni. La maggior parte dei sudafricani non si sente coinvolta da questa guerra. La narrazione antisraeliana è presente soprattutto tra le élite, ma la gente comune vuole soprattutto posti di lavoro, un paese stabile e la pace nel mondo. Come tutti noi.