Idan Raichel, esponente di spicco della musica israeliana

Fino al salotto di casa: i cantanti israeliani tengono compagnia ai fan in quarantena

di David Zebuloni
Nel panico generale dettato dall’emergenza Coronavirus scopriamo di essere più simili di quanto avessimo mai pensato. Ad unirci la speranza e l’attaccamento alla vita, su questo non c’è dubbio, ma non solo. Scopriamo che la musica, più di qualsiasi altra cosa, è il vero collante del popolo italiano. I video girati con i telefonini sui balconi di casa, dove quartieri interi intonano Azzurro o l’Inno di Mameli, sono diventati virali, hanno fatto il giro del mondo e sono sbarcati in Israele.

Basandosi proprio sul modello italiano, il canale televisivo israeliano Keshet 12 ha deciso di mettere in atto il celebre proverbio “Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”. Visto l’annullamento di tutti i concerti per i prossimi mesi, i dirigenti di Keshet 12 hanno creato una collaborazione con Zapa, la più importante rete di club ristoranti del paese, per ospitare in concerto i più grandi artisti israeliani del momento e offrire agli spettatori a casa, ridotti anch’essi alla quarantena forzata, dei concerti live gratuiti in diretta tv.

Una sala vuota di un club Zapa
Una sala vuota di un club Zapa

La caratteristica di questi concerti? La sala è completamente vuota, gli unici presenti sono gli stessi artisti con i loro musicisti. Niente pubblico, niente applausi. Ad inaugurare l’iniziativa è stato uno degli artisti israeliani più amati al mondo, Idan Raichel. “Questo periodo può rivelarsi una straordinaria opportunità per trascorrere del tempo in famiglia. Per stare di più con i nostri figli, per riscoprire l’intimità con i nostri partner”, afferma Raichel tra una nota e l’altra. “Facciamo come gli italiani, usciamo nei balconi e cantiamo tutti insieme, rimaniamo uniti”.

Diversamente la pensa Idan Amedi, il secondo artista ad esibirsi sul palcoscenico di Zapa, noto anche per aver recitato nella seconda stagione di Fauda. “Prendiamoci questo periodo per stare con noi stessi”, dice Amedi. “Per pensare, per farci un esame di coscienza”. Harel Skaat invece fa un po’ di fatica a digerire il nuovo format. “Credo di non essermi mai esibito in una stanza apparentemente vuota, ma di fronte a tanti spettatori invisibili. È una nuova esperienza”, afferma sorridente. Poi aggiunge: “Spero che mi abbiano disinfettato bene il microfono!”

Il progetto dovrebbe occuparci le prossime settimane, con una frequenza giornaliera. La lista degli artisti coinvolti nell’iniziativa è infinita. Tra i tanti troviamo anche la Shalva Band, composta interamente da giovani musicisti disabili, e Shuli Rand, il cantante ultraortodosso che ci ricorda che questa battaglia è di tutto il popolo e non solo di parte di esso.

Una nota positiva ce la lascia Hanan Ben Ari, quando confessa che in vista del concerto si è domandato quali brani proporre agli spettatori a casa. “Pensavo di cantare il mio repertorio più tranquillo, più malinconico, per rimanere in linea con l’atmosfera”, racconta Ben Ari. “Poi ho deciso di chiedere ai miei fan sui social quali canzoni volevano che cantassi. Con grande sorpresa mi è stato chiesto di portare sul palco i miei brani più allegri, più felici, più movimentati. Dovevo aspettarmelo, noi israeliani siamo fatti così. Non ci piace buttarci giù.”