tampone Covid-19

Fare i tamponi, un obbligo morale per il bene di tutti

Salute

di Ilaria Myr
I tamponi antigenici sono uno strumento fondamentale per la diagnosi di infezione da Coronavirus, e finché non si avranno i vaccini bisogna farli periodicamente per la salute e la sicurezza di tutti. Questo è il messaggio più forte emerso dalla serata intitolata eloquentemente ‘Tamponi a scuola: perché si deve!’ organizzata il 25 gennaio 2021 dalla Comunità ebraica di Milano come momento di informazione sulla pandemia in corso rivolto agli iscritti, e in particolare ai genitori e agli insegnanti che frequentano la scuola. L’evento è stato organizzato dai medici Luciano Bassani, vice assessore al welfare della Comunità ebraica, e Maurizio Turiel, referente Covid per la scuola, insieme all’assessore alla scuola Timna Colombo, e ha visto la partecipazione di Giovanna Baroni Rovati, Pediatra, e dell’infermiere Antonio Maci.

L’evento è stato fortemente voluto per fare divulgazione su un tema tanto attuale quanto importante come quello della prevenzione per evitare i contagi da Covid-19. Purtroppo, però, i partecipanti sono stati un numero contenuto, nonostante l’importanza del tema.

“Da settembre la Scuola ha proposto in modo pionieristico una campagna di screening su tutti studenti e il personale scolastico già a settembre con giornate di test sierologici e poi, a novembre e a gennaio, con tamponi rapidi antigenici – ha spiegato l’assessore Timna Colombo -. La scuola è il cuore di una comunità anche dal punto di vista sanitario, e il fatto di tracciare e cercare di controllare la diffusione virus a scuola significa farlo anche all’interno e per il bene della comunità. Il nostro obiettivo è che il consenso dei genitori ai programmi di screening che periodicamente proponiamo sia sempre più informato”.

L’importanza dei comportamenti virtuosi

Luciano Bassani ha spiegato come nella storia si siano verificati in ambito medico dei fatti improbabili: la diffusione del baculovirus fra i bruchi sugli alberi, il passaggio dallo scimpanzé all’uomo (zoonosi) di un virus chiamato Siv, a inizio ‘900, considerato l’antenato dell’HIV.  “Negli anni l’HIV ha causato milioni di morti, ma dagli inizi del 2000 si è riuscito a convivere con il virus, con farmaci e comportamenti virtuosi che hanno fatto sì che l’HIV si sia ridotto – ha spiegato -. Ora ci troviamo di fronte a una pandemia tremenda per la quale sono a maggior ragione fondamentali comportamenti virtuosi, sia per se stessi che per gli altri. Il tampone antigenico è necessario e la gente deve rendersi conto che deve essere fatto a scadenze fisse. Perché lo screening di massa è il sistema migliore per contenere la mortalità. Non bisogna essere egoisti”.

I mezzi diagnostici a disposizione

Maurizio Turiel, referente Covid per la scuola, ha poi parlato nel dettaglio degli esami diagnostici oggi a disposizione e delle loro caratteristiche. “La specificità è la capacità di determinare i soggetti sani, mentre la sensibilità è quella di individuare quelli malati. Se un test ha un’alta specificità, significa che è alta la probabilità che un soggetto sano risulti negativo, e dunque una bassa probabilità di falsi positivi. Così come se un test ha un’ottima sensibilità il rischio di falsi negativi è molto basso. Il test rapido deve dunque essere alta sensibilità (pochi falsi negativi) e ad alta specificità (pochi falsi positivi). Quelli ora sul mercato hanno una specificità del 95-97% e sensibilità fra il 70 e l’86%. Sebbene non precisi come i tamponi molecolari, quelli antigenici oggi a disposizione hanno il grosso vantaggio di essere di facile esecuzione, di basso costo e soprattutto molto rapidi nel risultato. Con quelli di terza generazione, ora in fase di diffusione, che sono equivalenti al tampone molecolare, il cui limite maggiore è la lentezza dei risultati, si raggiungerà un più alto livello di sicurezza”.

Importante per la somministrazione dei tamponi antigenici è innanzitutto la tempistica: se la data di esposizione non è nota deve essere eseguito il prima possibile. Soprattutto, deve essere ripetuto frequentemente, anche ogni 2-3 settimane.

Altro aspetto fondamentale è la qualità dell’esecuzione del tampone che, se non raccoglie un campione sufficiente di mucosa, può dare dei falsi negativi. “Per questo è totalmente sconsigliabile la auto-somministrazione”, ha precisato Bassani.
A questo proposito è interessante la testimonianza di Antonio Maci, infermiere che ha eseguito nella nostra scuola i testi sierologici e poi i tamponi antigenici ai bambini di tutte le età e al personale scolastico.
“Molto spesso i bambini e gli stessi genitori hanno paura che il tampone faccia male ma è una procedura atraumatica – ha spiegato -. Io cercavo di immedesimarmi in loro, spiegando cosa avrei fatto e a cosa serviva e in molti casi chi entrava timoroso usciva con un sorriso. Certamente si deve essere capaci di farlo con delicatezza”.

Le complicazioni nei bambini

Un focus particolare sul mondo dei bambini è stato dato dalla pediatra Giovanna Baroni Rovati, che ha sottolineato come in occasione della pandemia si siano sottovalutati gli effetti sui bambini del coronavirus, pensando che non rientrassero fra i possibili affetti. “Si è scoperto che in realtà non è così, anche se ancora non si sa per quale motivo si ammalano meno – ha spiegato -. Forse perché, essendo più sottoposti a vaccini, hanno un sistema immunitario più propenso alla risposta. Ma nei bambini positivi a questo virus ci possono essere sintomi e complicazioni diverse rispetto agli adulti, primi fra tutti sintomi gastrointestinali”.
Inoltre, da non sottovalutare è l’implicazione neurologica del virus, che può interessare molti nervi, oltre a quello dell’olfatto, e che può portare ad attacchi epilettici, tic nervosi (riscontrati soprattutto negli adolescenti) e atteggiamenti di psicosi. “La diagnosi attraverso il tampone è dunque fondamentale nei bambini, che sono comunque a rischio di contagio – continua Baroni Rovati -. La diffusibilità del virus come è noto avviene sia per aerosol – che rimanendo nell’aria, rendono necessaria l’areazione degli ambienti e l’uso delle mascherine – che per droplet, che cadendo a poca distanza, possono colpire dall’alto i bambini che sono più piccoli di statura degli adulti. Basti pensare che per infettarsi bastano 300 virioni e in un minuto ne buttiamo fuori 750.000. Quindi finché non arrivano i vaccini bisogna portare avanti qualsiasi modalità di tutela, e fare il tampone ripetutamente è fondamentale per salvare la didattica e la salute dei ragazzi. I vaccini salivari? Li sconsiglio vivamente”.

Tamponi periodici per la scuola e tutta la Comunità ebraica

Molto chiaro e diretto l’intervento finale dell’assessore alla scuola Timna Colombo, che ha ribadito l’importanza di fare il tampone. “La scuola della comunità ha dimostrato un grande impegno nell’organizzare i tamponi, che richiedono un’organizzazione particolare, e se decidiamo di farli è perché pensiamo che sia il momento giusto – ha spiegato -. È vero che non sono obbligatori per legge ma si dovrebbe sentire l’obbligo morale e sociale nel farli. Invece nel secondo giro, a gennaio, sono venuti pochi bambini, e questo è un problema perché se un solo bambino è positivo o non fa il tampone e lo è un’intera classe va in quarantena. Mi complimento invece con i genitori e i ragazzi del liceo che sono venuti numerosi a farlo prima di tornare a scuola in questi giorni”. Da qui l’appello accorato: “Mi impegno a che i tamponi vengano organizzati periodicamente ma quando ricevete la mail i tamponi vanno fatti. Bisogna fidarsi e affidarsi. Non è il momento di abbassare la guardia, ci sono le varianti che circolano. Noi li proponiamo, ma voi venite a farli fare.

“E’ però importante anche avere un comportamento virtuoso al di fuori della scuola, perché altrimenti– ha specificato il segretario generale Alfonso Sassun –. Ho saputo di feste e incontri di gruppi che non vanno bene, così come di genitori che portano i bambini con qualche linea di febbre o diarrea. Qui sono gli adulti che devono fare attenzione”.

Una proposta importante è arrivata da Pia Jarach, vice assessore alla scuola e alla cultura: fare i tamponi a tutti i membri della Comunità. “Non devono essere solo i ragazzi che frequentano la scuola a fare il tampone ma anche gli adulti, che devono dare il buon esempio – ha spiegato -. Chiedo quindi di pensare a come renderla una pratica della comunità perché è l’unico modo per andare avanti in sicurezza finché non ne saremo fuori. Dobbiamo pensarci seriamente, deve diventare una best practice”.

L’invito di Pia Jarach è stato accolto con favore dal presidente della comunità Milo Hasbani, che ha dopo essersi complimentato con i relatori e per l’organizzazione della serata ha dichiarato: “Sono d’accordo, dobbiamo pensare a un’eventuale organizzazione per i tamponi per tutta la comunità con scadenze regolari”.

Se dunque, come ha spiegato Antonio Maci, in 10 ore si può arrivare a fare 600-700 tamponi, pensare di sottoporvisi tutti periodicamente non è poi così difficile.

Le domande del pubblico

Molte le domande dai partecipanti, a cominciare dalla durata degli anticorpi (“dopo 6-8 mesi si riducono sensibilmente” ha spiegato Turiel) fino ad arrivare alla possibilità di recidive: “alcuni medici hanno avuto recidiva dopo pochi mesi, per questo finché non avremo raggiunto l’immunità di gregge nel 2023, come dicono, dovremo ripetere i tamponi periodicamente”.