di Nina Prenda
Dormire bene rende (anche) più empatici. È questo il messaggio lanciato da uno studio coordinato dalla Facoltà di Medicina della Hebrew University of Jerusalem. Una sorta di mens sana in corpore sano in versione vestire i panni dell’altro tramite del buon sonno.
Lo studio prova che un sonno di buona qualità incide in modo significativo sulla capacità di capire gli altri e di relazionarsi con loro in modo adeguato. La ricerca pubblicata su International Journal of Clinical and Health Psycology evidenzia, con metodo scientifico, che dormire male rende le persone meno capaci di assumere un punto di vista diverso rispetto al proprio, mentre un sonno di buona qualità favorisce lo scambio interpersonale.
La ricerca è stata condotta attraverso due esami: il primo, per qualche giorno, ha analizzato le abitudini di sonno dei partecipanti e la qualità del loro sonno del mese passato; il secondo, invece, ha fatto condurre agli esaminati una notte di sonno continuamente interrotto. Dal primo studio è emerso che la scala dell’empatia dava un punteggio più basso per le persone che avevano dormito peggio; il secondo studio ha dimostrato che interrompere il sonno causa poca sensibilità empatica.
“La letteratura scientifica riguardante i vari rapporti tra i vari stadi del sonno e la regolazione emotiva ci fornisce una chiave di lettura del meccanismo che sottostà all’effetto del sonno di cattiva qualità sull’empatia” dicono gli autori della ricerca, coordinati da Alex Gileles-Hillel della Faculty of Medicine della Hebrew University of Jerusalem. “Infatti è noto che il sonno Rem (Rapid Eye movement sleep, la fase di sonno caratterizzata da rapidi movimenti oculari) è stato associato ai processi di integrazione notturna delle esperienze emozionali del giorno precedente. Inoltre è dimostrato che il sonno Rem serve a ricalibrare la sensibilità del cervello verso specifiche emozioni”, continuano gli autori. “Ad esempio, un sonnellino diurno all’interno del quale si sviluppa una fase Rem può annullare emozioni negative conseguenti a rabbia o paura e facilitare risposte emotive di stampo positivo. Al contrario, la soppressione selettiva notturna del sonno Rem aumenta le emozioni negative del giorno dopo, incrementando l’attività dell’amigdala a fronte di esperienze di esclusione sociale. Dati che mostrano chiaramente l’importanza del sonno Rem nel sistema di regolazione emozionale.
Tuttavia, recenti studi sottolineano l’importanza anche delle fasi di sonno non-Rem, quello cosiddetto a onde lente, anch’esso capace di agire positivamente sulla regolazione dell’umore e sul comportamento prosociale. Quindi – concludono gli autori – una sufficiente quantità sia di sonno Rem sia di sonno non-Rem, ma anche la loro qualità, possono predire per il giorno dopo livelli più bassi di ansia, un tono dell’umore migliore e una maggiore tendenza al comportamento pro-sociale”.