I Musei e il Sacro: l’esperienza della meraviglia, del non-ordinario, dell’Altro

di Lea Foà

I Musei sono quei luoghi dove si può fare esperienza del sacro. Cosa vuol dire? Come si può associare il “museo” al “sacro”? Per capire il senso di questa affermazione, dobbiamo comprendere nella sua pienezza qual è il significato della parola “sacro”, partendo dall’etimologia della stessa e poi del suo contrario, “profano”.

“Sacro”, dal latino sacer, secondo la Treccani, fa riferimento a tutte quelle esperienze connesse ad una realtà “altra”, esperienze che suscitano in noi meraviglia e curiosità. Malgrado questo vocabolo venga spesso associato esclusivamente alla sfera religiosa, fa riferimento a tutto ciò che non è spiegabile attraverso la ratio. Quindi, è giusto affermare che le religioni trattano il tema “sacro”, ma d’altra parte il “sacro” non tratta esclusivamente temi religiosi.

 

Per una comprensione maggiore di questa tematica ci viene in ausilio la parola ebraica kadosh (קדוש ). Kadosh viene tradotto e utilizzato per fare riferimento a ciò che è sacro, questo termine però significa letteralmente “separato”. Kadosh in ebraico fa riferimento a qualcosa o qualcuno che si è distinto dal resto, nel bene e nel male.

“Profano” invece, dal latino profanus, vuol dire “che sta fuori dal sacro recinto”, quindi questo termine definisce tutte le esperienze comuni della vita quotidiana. Sacre, d’altra parte, sono esperienze che non fanno parte del nostro vissuto quotidiano ma, quando se ne fa esperienza, vengono risvegliate in noi sensazioni di meraviglia e curiosità che trascendono dal tempo e dallo spazio in cui siamo irrimediabilmente immersi.

 

I luoghi sacri allora sono tutti quegli ambienti dove viene appunto fatta esperienza di “altro”. Se pensiamo alla Torà, nello specifico al libro dell’Esodo, è immediato il riferimento all’episodio in cui Mosè fa esperienza di Altro prendendo visione del roveto ardente. La montagna dove avviene questo episodio diventa quindi luogo sacro.

 

Ruota di Luciano Fabro

Nel Museo, si possono vivere esperienze diverse, misteriose, separate (kadosh) capaci di risvegliare in noi sensazioni di meraviglia e curiosità. L’Arte, come il roveto che arde, è il mezzo che ci permette di vivere la dimensione del sacro: così come il roveto ardente, che brucia ma non si consuma, la Ruota di Luciano Fabro è in moto ma rimane immobile. L’Arte fa sempre riferimento ad una dimensione che va oltre a ciò che ci è conosciuto, è misteriosa e non smette mai di attrarci e meravigliarci. Uno tra i tanti esempi è l’atmosfera metafisica delle opere di De Chirico.

 

Non stupisce più, quindi, l’utilizzo della parola sacro per descrivere un museo. Difatti, Museo vuol dire tempio delle muse. A questo proposito si racconta che una volta chiesero a Mark Rothko, artista celebre per le sue opere di carattere informale, mentre era in vacanza con la famiglia in Sicilia se fosse lì per dipingere i templi greci e allora lui rispose: “è da tutta la vita che dipingo templi”. Se l’incipit di questo articolo poteva sembrare controverso, dopo aver esaminato il significato dei termini sacro, kadosh e profano ci pare evidente attribuire tale aggettivo ai Musei.

 

 

Foto in alto: Mark Rothko, Green, Red, Blue (1955), oil on canvas (licenza CC –  © Michael Newman)