“Con il corpo capisco. E curo quella paura profonda di essere rifiutato”

di Viviana Kasam

Lucio Della Seta è un grande psicanalista, un Musatti che ha però nei gesti e negli orari la vaghezza dei romani. Non compare in televisione, non ama farsi intervistare, considera i convegni tempo sottratto al suo lavoro, alla sua missione di aiutare le persone a stare meglio. Di lui si sente spesso dire: mi ha cambiato la vita. Il complimento più bello, per un medico della psiche. Adorato da suoi pazienti, a 86 anni ha ancora lo sguardo penetrante che ti fotografa l’anima. La sua specialità, se così vogliamo chiamarla, è la cura dell’ansia e del panico. Forse perché ne ha lui stesso sofferto, in forma ricorrente, e per guarirne l’ha studiata, vivisezionata, analizzata in ogni recondita piega. Debellare il senso di colpa (Marsilio, 2005) è stato il suo primo libro. Un successo. Sette anni dopo, in una ben poco prolifica carriera di scrittore, esce Debellare l’ansia e il panico, questa volta per i tipi di Mondadori. “Debellare è una parola che non mi piace -confessa l’autore-, l’ha scelta l’editore. Io avrei preferito un termine più moderno. Ma devo ammettere che debellare è tecnicamente corretto: perché quella con l’ansia è una vera e propria guerra, un bellum, ed è difficile uscirne vincitori”.

Qual è, chiediamo, la differenza fra paura, ansia e panico? “Le manifestazioni sono simili, -risponde-, ma la paura è ciò che si prova di fronte a un pericolo reale; l’ansia è come il dolore degli arti fantasma, nasce da un timore immaginario e spesso inesistente, è la paura di non essere accettati, di non essere in grado di fare qualcosa; il panico è il terrore di allontanarsi dalla propria tana”.

Nel libro lei esordisce raccontando dei suoi primi attacchi panico, e confessa che la causa nasceva dal suo essere ebreo…

“Sì, mi successe per la prima volta verso i tredici anni: quando uscirono le Leggi razziali, fui espulso dalla scuola che frequentavo e lasciato dalla ragazzina di cui ero innamorato -il primo amore: i suoi non volevano che frequentasse un ebreo-. Mi sentii una nullità, un verme, mi vergognai di me stesso, della mia famiglia, delle mie origini. Poi ci fu la guerra, la fuga verso l’Abruzzo con la famiglia, l’arruolamento come volontario nella XIII armata inglese, la vita al fronte, come ufficiale di collegamento con la Resistenza in Toscana e in Emilia. Il pericolo, quello vero, mi guarì dall’ansia”. Ride.

“Fui il primo italiano a entrare in Roma liberata, attraverso la Porta Maggiore. Credevo di aver vinto non solo la guerra contro i fascisti e i tedeschi, ma anche la mia guerra interiore.

Illuso…

Parecchi anni dopo, durante una cena in Via Veneto con la mia prima moglie, cattolica, e alcuni suoi amici, cattolici anche loro…, non so che cosa successe -confessa- non fu una frase infelice, né un’allusione pesante, no. Fu solo il fatto di sentirmi all’improvviso, senza una vera ragione, l’ebreo in mezzo a loro, il diverso. E l’ansia tornò. E con l’ansia la prima crisi di panico”.

Per vincere la crisi ci volle l’incontro fortunato con lo psicanalista Gianfranco Tedeschi, ma soprattutto il coinvolgimento, insieme a lui, con l’ebraismo e con Israele. Lucio Della Seta divenne il segretario della Associazione Italia-Israele, aiutava gli ebrei a fare l’aliyah, viaggiava spesso nel nuovo Stato, dove si sentiva uguale, accettato, finalmente se stesso. Zionism is therapy, intitolò Tedeschi un suo articolo sul Jerusalem Post .

“Fu Israele a curarmi”, conferma Della Seta. Ma intanto lo studio da entomologo di quello che gli succedeva dentro, gli fece nascere il desiderio di aiutare gli altri che, come lui, erano preda di attacchi di panico. E si mise a curare la psiche. Prima in ospedale, poi privatamente.

“Quello che ho capito, -spiega-, è che tutti i problemi nascono da un senso di inadeguatezza, dal sentire dentro di noi che così come siamo non andiamo bene, non possiamo essere accettati dal gruppo. Ma il gruppo per l’uomo -che non ha le corna dei tori, le fauci dei coccodrilli, gli artigli dei rapaci, la forza dei leoni, il veleno dei rettili, non sa correre come una gazzella o mimetizzarsi come un’iguana-, il gruppo è l’unica fonte di sicurezza, di sopravvivenza. E dunque se non ti senti accettato, o peggio ancora ti senti inaccettabile dal gruppo, subentra il terrore primordiale della morte”.

La seconda scoperta di Della Seta, e l’argomento principale del suo nuovo libro, è che l’Ansia, la Paura e il Panico nascono dal corpo e non dalla mente. Ovvero che si tratta di qualcosa di somato-psichico e non viceversa, psico-somatico. Non a caso la prima citazione del suo libro è del filosofo empirista inglese John Locke: “nulla è nell’intelletto prima di essere stato nei sensi”.

“Di fronte al pericolo, reale o pensato, entra in funzione quella che definisco la Reazione del Robot, -spiega Della Seta-, cioè una reazione ancestrale, non controllabile, programmata dall’Evoluzione due milioni di anni fa. È una Reazione automatica di fuga: ecco allora che parte dal surrene una goccia di adrenalina che fa dilatare i bronchi per assorbire più ossigeno e distribuirlo, attraverso il pompaggio veloce del cuore -la tachicardia-, ai muscoli e agli organi interni. Il suono angh, da cui derivano le parole onomatopeiche angst-paura in tedesco-, la nostra angustia, l’angere latino,-da cui Ansia-, è quello prodotto dalla dilatazione improvvisa dei bronchi. Il cervello legge questo stato fisico alterato e solo allora si crea l’emozione di Paura, Ansia, Panico. Ma lo stesso può succedere anche di fronte a un pericolo non presente, ma solo previsto: non ce la farò mai a passare l’esame, non sarò amato perché ne sono indegno, nessuno mi accetterà perché sono ebreo…

È notevole, -confessa lo psicanalista-, il numero dei giovani ebrei che soffrono di ansia. Che sognano di dover stare nascosti per sfuggire ai tedeschi -anche se hanno trent’anni e la guerra l’hanno sentita raccontare dai nonni-; che rivivono nel sonno scene di deportazione, anche se nella loro famiglia nessuno fu deportato; che sentono nella notte rumore di stivali che perquisiscono la casa in cui di giorno vivono completamente integrati. È un’emozione che Della Seta chiama ansia nazifascista, che si trasmette non attraverso le parole esplicite, ma i segnali inconsapevoli, soprattutto nelle famiglie dove ci sono stati dei deportati, e nel ghetto di Roma, dove deportati lo furono quasi tutti. Un effetto postumo. Una continuazione nel tempo del delitti del popolo tedesco.

Per questi giovani c’è una sola cura che non fallisce mai, anche se un po’ drastica, sostiene Della Seta: è quella di andarsene per un anno in Israele e, se possibile, fare il soldato”.

Tornando all’Ansia in generale se è un problema così profondo, si può guarire? Nel libro Della Seta insegna qualche accorgimento, qualche trucco, ma quello che ci vorrebbe davvero, sostiene, sono delle scuole per genitori. I genitori, in totale buona fede, senza saperlo e senza volerlo, sono i principali creatori dello stato di ansia nei figli: soprattutto quelli che, nell’intento di educarli, li fanno sentire inadeguati e non accettati se non quando soddisfano le aspettative parentali. Ci sono corsi per cucinare e per arrangiare i fiori, per imparare cose utili e cose inutili, corsi prematrimoniali e di puericoltura, corsi di autodifesa e di ikebana: ma perché non esistono corsi per quella che è la funzione più importante e delicata della vita, quella di genitori? “Se solo fossi più giovane… -sospira lo psicanalista-, questo è ciò a cui dedicherei tutto il mio tempo”.