Centovent’anni fa nacque Elias Canetti, il “bulgaro dal cuore viennese e cosmopolita” e inquieto apolide della letteratura ebraica

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik

Cittadino del mondo, apolide e poliglotta, Elias Canetti,  straordinario scrittore e arguto saggista, è stato un personaggio molto particolare, a cominciare dalla strana decisione che prese riguardo alla lingua da utilizzare per le sue opere. L’autore, infatti, pur essendo ebreo bulgaro, di famiglia sefardita, vero cognome Caniete, di origini turche dal lato paterno e parlasse correntemente svariate lingue, dal ladino al francese, visto che l’adorata madre gli aveva insegnato il tedesco, spinto anche dalla sua ammirazione per la cultura germanica dell’Impero austro ungarico,  scelse il tedesco come sua lingua letteraria.

Non fu, comunque, l’unico, dal momento che  lo fecero anche dei colleghi e correligionari come il praghese Kafka e il romeno Celan, provenienti però dal mondo mitteleuropeo ashkenazita.

Nato centovent’anni fa, il 25 luglio 1905, a Nord della Bulgaria, nella cittadina di Ruse, definita la “piccola Vienna” per l’elegante e maestosa bellezza, Canetti si è rivelato personaggio affascinante e carismatico anche nelle interviste e non solo in capolavori come Autodafè che, uscito novant’anni fa, nel 1935 aveva previsto il rogo dei libri, ai tempi della Germania nazista,  con la dolente vicenda del protagonista, il misantropo bibliotecario viennese Kien, probabilmente  alter ego di Canetti.

Laureato in chimica lo scrittore abbandonò la vocazione scientifica rivelandosi enigmatico intellettuale,  cupo e brillante, animo curioso ed inquieto decisamente importante nel panorama culturale novecentesco per una serie di motivi.

Nella sua lunga attività letteraria e culturale, morì ottantanovenne il 14 agosto 1994, egli ha infatti riflettuto con preveggente lucidità sui drammi del Novecento con opere e interventi di grande originalità, raffinatezza e profondità. Fra le tematiche principali le derive del potere e della dittatura nazista che lo portarono alla fuga a Londra, deluso dalla adorata Vienna, analizzate nell’opera Massa e potere, le lacerazioni identitarie, tipiche di tanti ebrei europei flagellati dalla Shoah e la descrizione della sua infanzia nel capolavoro La lingua salvata, fino al già citato Autodafe‘, ambientato, tra il 1921 e il 1927, in una Vienna che diventata “capitale della cultura” che aveva attratto  Canetti come tanti ebrei che divennero viennesi d’adozione.

Fra questi il padre della psicanalisi Freud, nato in Moravia, l’ungherese Thedor Herzl e illustri ebrei boemi come il compositore Mahler ed il giornalista satirico Karl Kraus autore di celebri aforismi. Tutto questo mondo dorato precipitò con la tenebra del nazismo che segnò duramente la vita di Canetti, assieme ai lutti famigliari; infatti quando era ancora piccolo perse il padre Jacques e si legò fortemente alla madre, la colta e elegante Matilde Arditi, ed ai due fratelli.

Attaccato alla famiglia ma viaggiatore compulsivo, visse molto poco la Bulgaria,  girando fra Regno Unito, diventando cittadino britannico, Austria, Germania e spostandosi da Francoforte a Berlino dove divenne traduttore di libri americani.

Si  recò anche a Parigi dove, nel 1937, morì la madre evento che fu per lui molto doloroso ma soggiornò anche a Manchester nella sua infanzia, Londra negli anni Quaranta e poi come ultima tappa del suo instancabile girovagare in Svizzera tedesca, a Zurigo in cui morì nel 1994.  Amico di Brecht, antagonista agguerrito del poeta Thomas Eliot, oltre alla letteratura,  visse una tormentata vita sentimentale; la prima moglie, ebrea viennese, Veza pare che si suicidò ed egli, nelle varie infedeltà che si susseguirono, conobbe una serie di donne sposandosi nuovamente con la museologa sua connazionale Hera Buschor da cui ebbe una figlia, Johanna. Oltre a Autodafè la sua opera più importante fu il saggio Massa e potere che l’autore impiegò quarant’anni a completare e che rappresenta una lucida analisi delle masse e della loro psicologia per arrivare al potere e alle sue derive.

Canetti è stato dunque un autore versatile e intenso capace di spaziare dal romanzo, al saggio al teatro e di attraversare il Novecento a testa alta, vincendo il Premio Nobel nel 1981.