Responsabilità sociale, etica ebraica

Opinioni

La responsabilità sociale è un argomento assai in voga al giorno d’oggi. Per capire cosa si intenda con questa espressione sarebbe necessario ricorrere a definizioni autorevoli di personalità che da tempo si occupano dell’argomento. Per semplicità, la responsabilità sociale si potrebbe riassumere come un approccio, una strategia, che alcune aziende intraprendono, impegnandosi, oltre che sul naturale fronte della generazione del profitto, anche sul fronte ambientale e sociale.

Gli esempi sono davvero innumerevoli e spaziano dalle aziende che sono in prima linea per ridurre le emissioni nocive generate dall’attività produttiva a quelle che creano degli ambienti friendly per i dipendenti, magari collocando all’interno dell’azienda servizi medici, banche o permettendo di prenotare a prezzi di favore spettacoli teatrali e viaggi. Altre selezionano i propri fornitori in base a determinati requisiti come ad esempio l’assenza di impiego di lavoro minorile, la garanzia di salari minimi ai dipendenti, un ambiente di lavoro salutare.

In realtà non tutte le entità economiche che si avventurano nel percorso del sociale, lo fanno per vocazione; far sapere che si è buoni con i dipendenti o ci si è impegnati ad inquinare in misura inferiore ai limiti concessi dalle regolamentazioni è spesso un’ottima propaganda per l’immagine aziendale o in altri termini, diventa marketing sociale.

La maggior parte delle aziende che ha intrapreso tale percorso redige anche un report sociale, che mette nero su bianco gli impegni passati e futuri, le attività svolte e tutto ciò che potrebbe avere come denominatore comune l’impegno sociale.

Se si analizza l’espressione responsabilità sociale si potrà vedere come in realtà non dovrebbe essere stato inventato nulla di nuovo nell’economia. Le aziende operano in contesti sociali e impattano con le proprie attività sull’ambiente circostante, un loro comportamento responsabile socialmente sarebbe doveroso e non solo facoltativo! Ecco invece che si diffondono corsi, libri, convegni su un argomento che dovrebbe, in individui e istituzioni responsabili, sorgere spontaneo.

Qual è il ruolo che un’azienda ha all’interno di una società? Deve prendere in considerazione altri aspetti oltre alla creazione del profitto?
La moderna economia sostiene che le aziende devono preoccuparsi di creare redditività, ma in maniera da non impattare negativamente né sull’ambiente circostante né sul benessere sociale.

L’ebraismo, già dai tempi di Mosè e proseguendo lungo la serie intramontabile di legislatori e commentatori ha da sempre attribuito dei doveri e dei limiti alle istituzioni economiche. Principio basilare dell’approccio ebraico è la libertà di attività. I legislatori ebraici auspicano che il sistema sia in grado di autoregolarsi e tendono a limitare gli interventi sui mercati a quei casi in cui il diritto, la libertà o il benessere del prossimo vengano lesi. Si consideri ad esempio l’apertura di una conceria in una certa città. Se si accordasse piena autonomia di scelta all’operatore egli magari la collocherebbe attigua alle vie di comunicazione principali e ad un luogo dove gli scarichi sarebbero più praticabili. Mentre la moderna economia solamente recentemente ha iniziato ad occuparsi delle conseguenze derivanti dallo svolgimento delle attività, l’ebraismo se ne è occupato sin dai primordi. Basti osservare il problema dell’inquinamento. Se si riflette sul motivo per cui esso è sorto, si vedrà che gli operatori hanno da sempre svolto le proprie attività semplicemente evitando di prendere in considerazione le conseguenze sull’ambiente circostante. Ora si corre ai ripari. L’ebraismo invece, a priori, prima di accordare il permesso di aprire una conceria, valuta innanzitutto l’impatto economico, ambientale e salutare della nuova attività. Ed analizza una miriade di fattori quali la necessità di sostentamento dell’operatore, l’impatto della nuova attività sull’ambiente circostante, le conseguenze sulla salute degli abitanti della città. E quindi una conceria, ad esempio, potrebbe sorgere solamente in luoghi dove non avrebbe nessun impatto negativo sul benessere dei cittadini o addirittura sulla vegetazione crescente nei dintorni. Il principio ispiratore è quello per cui la libertà operativa trova il suo limite laddove interferisce con il benessere del prossimo.

Oggigiorno vengono proposte nuove teorie, innovativi approcci che sembrano sorgere dalla brillantezza dei recenti pensatori. Ciò che talvolta sfugge è che, nella maggior parte dei casi, si trovano intere discussioni nel Talmud su argomenti che sembrano originali e mai trattati. Nei Pirkei Avoth (5:21) troviamo scritto: “Ben Bag Bag dice: volgila e rivolgila (la Torah), che tutto è in essa”. Dante Lattes (Commento alle Massime dei Padri, 1952, Roma), nel suo commento a tale verso riporta le parole di Leo Baeck:” La rivelazione divina è destinata a tutti gli uomini e non solo a quelli che vissero al tempo in cui essa fu proclamata. La Bibbia ha avuto la facoltà di risolvere i problemi nuovi di ogni nuova giornata, di soddisfare le nuove cure e le nuove domande, con tutto ciò che implicano di morale e religioso… Ad ogni conquista del pensiero umano la Bibbia ha assunto un differente significato; ma l’antica parola ha dimostrato sempre la sua potenza e la forza del suo significato”.

Gheula Canarutto

Gheula Canarutto è docente alla Scuola di Direzione aziendale dell’Università Bocconi di Milano ed è autrice di Responsabilità sociale ed etica ebraica – Egea editore

Nell’immagine: il lavoro in una antica conceria italiana