di R.I.
Il movimento NES Noi Ebrei Socialisti esprime la propria ferma condanna verso le recenti decisioni assunte da alcune istituzioni italiane – fra queste la Regione Puglia, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Bologna – che hanno scelto di interrompere relazioni istituzionali ed economiche con lo Stato di Israele.
Queste misure rappresentano un boicottaggio economico selettivo, ingiustificato e inaccettabile. Colpire Israele – e soltanto Israele – sul piano economico, accademico e istituzionale, configura un atto discriminatorio che viola il principio di parità di trattamento nelle relazioni internazionali.
Nel mirino non c’è solo il governo israeliano, ma l’intera rete di rapporti che coinvolge istituzioni scientifiche, università, imprese, enti culturali. In tal modo, a essere penalizzati sono anche quei segmenti della società civile israeliana impegnati nel dialogo e nella costruzione della pace.
Il boicottaggio economico non ha nulla a che vedere con una politica di pace: è uno strumento di pressione unilaterale che alimenta un clima ostile verso lo Stato ebraico e rafforza la polarizzazione. In questo contesto, risulta ancora più grave il linguaggio ambiguo utilizzato da alcuni rappresentanti istituzionali, che invitano le comunità ebraiche italiane a “dissociarsi” da Israele per poter partecipare alla vita pubblica.
Tali richieste sono inaccettabili, discriminatorie e lesive della dignità e della libertà di espressione degli ebrei italiani.
Noi Ebrei Socialisti ribadiamo con chiarezza che:
– Israele è uno Stato democratico, riconosciuto e partecipe della vita economica, accademica e culturale globale;
– Hamas è un’organizzazione terrorista, responsabile dell’aggressione del 7 ottobre 2023, dei massacri e della presa di ostaggi nonché della sottomissione violenta della popolazione di Gaza;
– Paragonare il conflitto in corso alla Shoah o alla strage di Marzabotto è una distorsione storica inaccettabile che offende la memoria delle vittime e la verità dei fatti;
– Il boicottaggio economico di Israele è una forma contemporanea di antisemitismo istituzionale, anche quando si presenta sotto linguaggi apparentemente neutrali o umanitari.
Chiediamo con urgenza:
1. L’immediata revoca delle decisioni di interruzione dei rapporti economici e istituzionali con Israele;
2. L’adozione di criteri coerenti ed equi nelle relazioni internazionali degli enti pubblici;
3. Il ripristino di uno spazio di confronto reale, aperto a tutte le voci, senza condizioni ideologiche né esclusioni di principio.
4. La fine dell’antisemitismo mascherato da antisionismo di parte della sinistra istituzionale.
Il dialogo non nasce dal boicottaggio. La pace non si costruisce con atti di isolamento economico.
Chi discrimina Israele, discrimina anche noi.