Essere curiosi degli altri

Opinioni

La multicularità è spesso immaginata come un sistema di coabitazione e di confronto tra soggetti diversi che rispet- tosamente e entusiastica- mente si mescolano tra di loro. Non è così.
La multiculturalità è come una spiaggia adriatica d’estate. È un insieme di nuclei famigliari ciascuno con il proprio ombrellone, la propria sdraio, senza che si dia relazioni di vicinato e di confidenza – men che meno di mescolamento con “l’ombrellone accanto”.
Perché quella spiaggia non si risolva in una conflitto per chi occupa i posti migliori – quelli più vicini al mare – valgono di solito due regole: una esplicita e una implicita. Quella esplicita: che per tradizione chi da più lungo tempo frequenta la spiaggia ha un diritto non scritto di scelta. Quella implicita: che ognuno stia nel suo territorio e non comunichi con il vicino.

Le nostre comunità hanno avuto spesso questa fisionomia. Una nuova ondata di arrivi significava che i nuovi si adattavano, oppure si gestivano come comunità separata, salvo poi, per poter usufruire dei servizi della comunità, dovevano nei fatti riconoscere il diritto della comunità di accoglienza.
Raramente si sono dati matrimoni intracomunitari. La sintesi è un melting pot dove attori diversi stanno sulla stessa scena, ma non costruiscono niente insieme. Una condizione condominiale, con una amministratore che riconosce un diritto all’inquilino più anziano e informa il nuovo venuto delle regole per non incorrere nel conflitto. L’altro, in questa condizione, è “l’altro ebreo”. Il mondo esterno è al di là del muro, non c’è.

Molti ritengono che ciò garantisca una continuità culturale. Non sono di quest’avviso. Ciascuno di noi non è il prodotto culturale di ciò che in origine era contenuto nella propria cultura di appartenenza. Siamo soprattutto l’effetto di continue contaminazioni. Perciò non è la multiculturalità a definire chi siamo, ma l’intercultura: una condizione che presume avere consapevolezza dell’ibridazione.
Riguarda il continuo mescolamento intraebraico e un sostanziale rapporto di contaminazione tra ciascun mondo ebraico e il suo mondo non ebraico. In termini di credenze e di stili. Più banalmente nei vestiti, nella gastronomia, nel linguaggio, nella musica, nelle letture, nella fantasia, nelle paure, nei racconti.
La cultura di un gruppo umano non è mai solo la cultura alta; è anche e soprattutto quella “bassa”, fatta di credenze, superstizioni e gesti la cui origine si è persa. Per averne consapevolezza occorre avere curiosità e molto ascolto.