Sami Mikhael, Anton Shammas e altri scrittori al confine fra due mondi: itinerari convergenti fra l’arabo e l’ebraico

Libri

di Cyril Aslanav

[Ebraica. Letteratura come vita]

Sami Mikhael, nato a Baghdad nel 1926 con il nome di Kamal Salah, lasciò l’Irak nel 1948 e l’anno successivo giunse in Israele dove si lanciò nella scrittura in ebraico 15 anni dopo il suo arrivo. Uno dei suoi romanzi più famosi è Hatsotsra ba-vadi (1987) Una tromba nello uadi (Giuntina, 2006, nella traduzione italiana di Shulim Vogelmann), un’emblematica storia d’amore fra un ebreo russo e un’araba cristiana nel quartiere arabo cristiano di Wadi Nisnas a Haifa. Un altro caso di itinerario dall’arabo all’ebraico è quello dello scrittore arabo cristiano Anton Shammas, nato nel 1950 in Galilea. Scrivendo sia in arabo sia in ebraico, egli dimostrò la labilità delle frontiere linguistiche quando si tratta di arte letteraria. Oltreché scrivere in arabo e in ebraico tradusse in ebraico il famoso Al-Mutasha’il, pubblicato in italiano con il titolo Le straordinarie avventure di Felice Sventura il Pessottimista (1974) dell’autore arabo israeliano Emile Habibi.

Nel Parnaso mediorientale, sia un ebreo iracheno che un arabo galileo effettuarono lo stesso percorso dalla loro lingua materna araba all’ebraico, bene culturale comune agli ebrei e agli arabi nel contesto pluralista dello Stato di Israele. A questo proposito, lo scrittore druso israeliano Salman Masalha che appare come uno degli intervistati nel film documentario di Nurit Aviv Mi safah le-safah (“da una lingua all’altra’) (2004) spiega che l’ebraico è un tesoro troppo prezioso per essere lasciato ai soli ebrei. Infatti, una grande parte dell’opera letteraria di Masalha è scritta in ebraico oltreché in arabo.

Come si spiega questa facilità di molti arabofoni, sia arabi sia ebrei, di passare dall’arabo all’ebraico? La risposta a questa domanda è molto semplice, quasi aritmetica: ogni arabofono colto usa già due, tre, talvolta quattro tipi di arabo – l’arabo letterario, l’arabo dialettale, un mezzo termine fra l’arabo classico e l’arabo dialettale e inoltre, altri dialetti assieme al suo proprio dialetto – il dialetto della regione vicina o di un paese arabo vicino. Il viavai dalla norma al dialetto o da un dialetto all’altro spiegherebbe perché sia così semplice fare un passo in più e sentirsi così a proprio agio in un’altra lingua semitica. Se questo è vero, perché gli israeliani ebrei fanno tanta fatica a parlare l’arabo? La risposta a questa domanda può essere sia sociolinguistica che strettamente linguistica: sociolinguisticamente parlando, è raro che una maggioranza faccia lo sforzo per conoscere bene la lingua di una minoranza, pur importante che sia (20% della popolazione israeliana è araba); e dal punto di vista linguistico, l’arabo classico è sempre più complicato dell’ebraico: ha 28 lettere invece di 22; ha 19 schemi verbali invece di 7 o 8 in ebraico; ha un vocabolario molto più ricco dell’ebraico, forse perché l’arabo coranico, base dell’arabo classico, è probabilmente la fusione fra vari dialetti dell’Arabia preislamica.

Passare da un’arabofonia di alto livello (cioè che include la conoscenza dell’arabo letterario) all’ebraico fa l’effetto di passare dal tedesco, lingua germanica riputata difficile, all’inglese, altra lingua germanica, comunque molto più semplice del tedesco.

Tornando adesso ai percorsi convergenti di Sami Mikhael, Anton Shammas, Salman Masalha e Sayed Kashua, il più famoso autore arabo di lingua ebraica della nuova generazione, si potrebbe dire che si incontrano in quella zona intermedia laddove la conoscenza approfondita dell’arabo è una garanzia per parlare e scrivere un ebraico superiore alla media. Non è un caso che l’innovatore della lingua ebraica, Eliezer Ben Yehuda, era così affascinato dalla lingua araba da creare una grande quantità di neologismi ebraici che non sono altro che un adattamento superficiale di parole arabe al modulo dell’ebraico: per esempio mitbah “cucina”, creato a partire dell’arabo matbah; adiv “cortese” formato sull’arabo adab, per citare solo un paio di esempi.