Gli scrittori sono gli enfants terribles d’Israele? Voci dissidenti? No, perché chi più ama, più critica: parola di Oz, Yehoshua, Grossman

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita]

La generazione degli enfants terribles della letteratura israeliana, i cui primi rappresentanti furono Amos Oz e Abraham B. Yehoshua, fu chiamata così in riferimento indiretto alla famosa opera di Jean Cocteau Les Enfants terribles “I ragazzi terribili”. Questa designazione si riferiva alla loro reazione contro il modello estetico illustrato da Agnon piuttosto che alle loro idee politiche.

Comunque, sin dalla fine degli anni cinquanta questi due scrittori manifestarono una dicotomia fra la creazione letteraria da una parte e le prese di posizione politiche dall’altra. Talvolta i due assi si reincontrono come in Po ve-sham be-Yisrael di Amos Oz, pubblicato nel 1983 (1992 in traduzione italiana con il titolo di In terra d’Israele). Si tratta di una raccolta di rubriche settimanali con una tonalità levemente polemica che Oz aveva scritto nei mesi precedenti per la rivista Dvar Ha-Shavua’, il supplemento illustrato del quotidiano Davar.

Tuttavia la maggior parte dell’opera romanzesca di Oz e Yehoshua riflette la volontà di mantenere una certa separazione fra la finzione e le frequenti manifestazioni di opinione. In questo, i tre scrittori hanno adottato il modello tipicamente francese dell’intelletuale impegnato, il cui prototipo è stato Émile Zola. Infatti, il suo ciclo romanzesco dei Rougon-Macquart va considerato come assolumente separato dal suo famoso articolo a favore del Capitano Dreyfus. Solo nell’ultimo breve romanzo di Yehoshua Il terzo tempio (2022, 2023 in traduzione italiana) che è stato l’oggetto della rubrica del Luglio 2022, Yehoshua si è permesso di esprimere con insistenza la sua critica dell’establishment rabbinico e dell’aspirazione messianica che mira a ricostruire il tempio di Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee.

Con l’eccezione di questa incursione palese della vita politica israeliana nella finzione romanzesca, i libri degli enfants terribles, che ormai sono diventati dei riferimenti classici della letteratura israeliana, sollevano delle domande di valore universale invece di spiattellare verità sulla situazione politica.  Ed è precisamente grazie alla loro capacità di utilizzare la realtà israeliana per parlare della condizione umana in genere che Oz e Yehoshua sono riusciti ad interessare lettori di tutti i paesi in cui sono stati tradotti. Forse questa dialettica fra la specificità israeliana e la dimensione universale è meno evidente in David Grossman, i cui romanzi non possono essere pienamente apprezzati da chi non conosce la realtà israeliana (Il libro della grammatica interiore, 1991, 1992 in traduzione italiana; A un cerbiatto somiglia il mio amore, 2008, 2009 in traduzione italiana) o la storia della Shoah (Vedi alla voce: amore, 1986, 1988 in traduzione italiana).

La recente intervista di Grossman nella Repubblica del 1 agosto 2025 dove il romanziere, spinto dalla giornalista Francesca Cafferi, ha ammesso con desolazione che a Gaza “sta accadendo (…) un genocidio”, non ci deve far dimenticare che le affermazioni degli scrittori israeliani si inseriscono nel paradigma dell’intellettuale impegnato in un paese democratico dove la libertà di espressione è garantita a condizione di non mettere in pericolo la sicurezza dello Stato. Quindi Grossman non può affatto essere considerato come un dissidente. Fa solo parte del mainstream israeliano che rimprovera certi aspetti della politica di oggi o di ieri. Ciò nonostante Grossman rimane fondamentalmente un patriota israeliano come tutti i manifestanti della sinistra anti-Netanyahu che sfilano ogni sabato sera con le bandiere israeliane e cantano la Hatikvà per concludere la loro protesta.

Siccome l’antisionismo occidentale non vuole riconoscere il carattere profondamente democratico dello Stato di Israele, molti lettori di Oz, Yehoshua e Grossman non capiscono la possibilità di conciliare il patriottismo con il diritto di esprimere delle critiche in pubblico. Prigionieri di questo paradigma sbagliato, i detrattori di Israele non capiscono bene né il senso delle dichiarazioni politiche degli enfants terribles né i romanzi propri di quegli scrittori.

Così ad esempio a proposito dell’ansietà di Hannah in Michael mio, il primo romanzo di Oz: la giovane donna depressa si ricorda dei suoi amici d’infanzia, i due gemelli arabi Khalil e ‘Aziz, che non ha più mai rivisto dal 1948, quando Gerusalemme fu separata in una parte israeliana e un’altra giordana. Per la studiosa britannica Jacqueline Rose, Khalil e ‘Aziz simboleggerebbero il sentimento di colpa di molti israeliani che si sentono a disagio con l’occupazione dei Territori di Giudea-Samaria. Oz stesso era ossessionato da questo problema. Eppure, Michael mio è stato pubblicato nel maggio 1967, un po’ prima della Guerra dei sei giorni che portò all’occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme-est. Nel 2004 al Festival internazionale del libro di Edimburgo un’auditrice chiese a Oz se il sentimento di angoscia provato da Hannah era stato provocato da quel sentimento di colpa dovuto all’occupazione della Cisgiordania. Lo scrittore non comprese la domanda e rispose che nella Gerusalemme degli anni 1950, il quadro dove si svolge la storia di Michael mio, gli abitanti israeliani di Gerusalemme-ovest, ancora traumatizzati dai ricordi dell’assedio della città nel 1948, avevano la sensazione che i loro giorni erano contati. Non si trattava quindi dello sconforto degli intellettuali liberali della sinistra israeliana di fronte alla realtà più tardiva dell’Occupazione dei Territori ma bensì della paura molto concreta di una popolazione minacciata dai cecchini giordani.