Cicatrici: la Poesia che trasforma le ferite in parole universali

Libri

di Ilaria Ramazzotti

Guarigione e speranza. Due parole che attraversano come un filo rosso la poesia di Giovanna Rosadini Salom e che risuonano forti nel suo nuovo libro Cicatrici, edito a ottobre di quest’anno da Einaudi. Abbiamo incontrato l’autrice per raccogliere le sue parole e i suoi commenti. «Le cicatrici sono un tema universale, profondamente umano – racconta la poetessa a Bet Magazine Mosaico-. Sono la traccia che rimane di una ferita che si è rimarginata. Parlano del dolore e della sofferenza che, prima o poi, toccano tutti».La nuova opera di Rosadini sboccia nello spazio fragile e potente dove la sofferenza si trasforma in conoscenza e la ferita diventa segno sacrale di vita.

«Le ferite sono il segno della nostra (come esseri umani) vulnerabilità, ma sono anche il punto di tangenza tra finito e infinito – spiega la poetessa genovese, milanese d’adozione e membro della nostra Comunità -. È proprio dove moriamo che si palesa il divino, che arriviamo a toccarlo: non dimentichiamo che la benedizione che l’angelo-Dio dà a Giacobbe al termine della loro lotta è appunto una ferita che lo renderà zoppo, ma è solo così che Giacobbe può diventare Israele e passare dall’io al noi, da una dimensione individuale a una collettiva, o meglio corale, in cui si trascende, si va oltre la propria finitudine, i propri limiti. Il cuore dell’uomo desidera “toccare” ed “essere toccato” dall’eterno per non soccombere allo scorrere del tempo che conduce tutti alla morte; il tempo “si ferma” quando ci innamoriamo o viviamo un’esperienza estetica, godiamo della bellezza di un panorama o di un’opera d’arte…”. Da questa riflessione sul dolore e sul tempo emerge in filigranaun profondo senso sacrale:«La ferita per me è una feritoia attraverso la quale si arriva a toccare il sacro -afferma-. L’esperienza della sofferenza è anche un’esperienza di conoscenza, di riconoscenza del sacro».

La dimensione del tempo, intrecciandosi al valore della memoria, concorre a dare forma ai suoi versi.«Il tempo è qualcosa di imprescindibile, una dimensione tipicamente umana, tutto quello che noi facciamo si svolge e si sviluppa attraverso una dimensione temporale. Nel mio libro ci sono continui rimandi al presente, al futuro, al passato delle persone care che non ci sono più – spiega -. Le cicatrici sono altresì gli affetti perduti: parlo anche dei cimiteri e del corpo che invecchia.C’è una sezione dedicata al tempo dallo stato fetale e via via a tutte le varie fasi sino all’invecchiamento e al corpo malato; è anche un libro sui lutti e su ciò che si può elaborare dei lutti».Così leggiamo sulle sue pagine, nella serie Trascendenza: “Lingua che batti il tempo del corpo/ adagiata nell’orchestra di segni sulla/ pagina: l’indecifrabile che qui ci ha scritto/ è la memoria di un futuro già compiuto:/ quanto ci occorre per poterci dire tutto”.

Rosadini,attraverso i suoi versi, intreccia alla riflessione personale i grandi temi collettivi.«La mia poesia, come disposizione complessiva, nasce per osmosi con la vita: riesco a scrivere solo di cose che ho vissuto, patito e provato – sottolineava nel suo discorso di accettazione del Premio Pavese, vinto nel 2023-. E, siccome i sentimenti umani sono universali, mi auguro, così facendo, di scrivere per tutti, nel senso di poter dire, con la mia voce, cose che abbiano valore anche per chi mi legge».In Cicatrici ci sono poesie che richiamano le guerre, ma anche viaggi in Paesi lontani, nell’incontro pacifico con l’altro. Il corpo e la memoria dialogano con il tempo e con l’altro, in una trama di rimandi che unisce il vissuto individuale aquello comune. «Gli artisti e gli scrittori sono proprio coloro che si immergono nelle proprie e altrui ferite per capirle e curarle; pensiamo per esempio a una figura come Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz, il cui Diario testimonia il prendere su di sé la responsabilità della parola come strumento di dialogo col divino, con la trascendenza. Io spero che la mia poesia sia anche una testimonianza di questa ricerca spirituale, che parte però sempre da una dimensione molto umana e terrena».

Il tema dell’incontro con l’altro, imprescindibilmente legato all’incontro con se stessi, caratterizza lo scorrere delle righe di Rosadini: “Le vite degli altri ci riguardano/ anche quando non vorremmo”.«Ne parlo nel piccolo corpus che si riferisce alle guerre – approfondisce l’autrice-. Prendere su di sé il punto di vista dell’altro è fondamentale nell’esperienza umana e questo vale soprattutto quando cerchiamo di escludere l’altro dalle nostre azioni e dai nostri pensieri. L’altro è sempre una presenza che ci rimanda a noi stessi, all’essenza di noi stessi e la mia poesia in particolare è una poesia sempre in dialogo con l’altro. La mia è una poesia che si nutre del dialogo con l’altro, in particolare con i poeti, con le voci amiche, con i maestri. Nei miei testi c’è sempre un dialogo con un’alterità che può essere una persona fisica oppure, in senso spirituale, una presenza soprannaturale. È una componente importante del mio modo di fare scrittura, di fare poesia.Parlando di me stessa cerco sempre di trascendermi, esprimendomi in termini umani universali. Il focus sui sentimenti, sempre presente nei miei libri, riguarda i sentimenti di tutti. La poesia serve a darci le parole e il lettore trova nella poesia un’espressione di sentimenti che possono e devono essere anche suoi – conclude Giovanna Rosadini -.Noipoeti siamo untramitefra qualcosa di misterioso che ci arriva da un altrove che si chiama ispirazione e quello che mettiamo sulla pagina».“Bianco fra le parole, alito di luce/ nella foresta pietrificata del testo./ È nel vuoto che si dispiega l’infinito”.