Capitalismo di guerra: la sfida della sicurezza al diritto internazionale. Giovedì 22 maggio a Milano la presentazione del libro

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di Davide Cucciati
Viviamo in una fase storica in cui la competizione economica internazionale assume progressivamente i caratteri di una guerra, sebbene combattuta con strumenti differenti. Capitalismo di guerra, il recente saggio di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro, analizza con acutezza questo mutamento di paradigma: la sicurezza nazionale è divenuta la stella polare della politica economica, scalzando progressivamente il primato della rule of law e modificando in profondità gli equilibri globali.

Il volume verrà presentato giovedì 22 maggio alle 18.30 al Centro Internazionale di Brera (via Marco Formentini 10). Interverrà Mario Monti, i due autori con la moderazione di Danilo Taino. 

Gli autori delineano un sistema internazionale in cui Stati Uniti, Cina, Russia ed Europa riorganizzano le proprie filiere produttive, restringono gli investimenti stranieri nei settori strategici e accorciano le catene di approvvigionamento, promuovendo la rilocalizzazione verso aree geopoliticamente “affidabili”. L’intervento statale si espande, limitando le libertà individuali, e l’economia si trasforma sempre più in uno strumento di sovranità politica, anche al di fuori di un conflitto armato. Da qui il titolo: Capitalismo di guerra, sintesi efficace della nuova simbiosi tra economia e logiche autarchiche (sovraniste) di potenza.

In tale contesto, il concetto di “sicurezza nazionale”, per sua natura fluido e suscettibile di interpretazioni soggettive, tende a sostituire la certezza del diritto con l’arbitrarietà delle scelte strategiche, erodendo principi cardine dell’ordinamento internazionale, a cominciare da quello fondamentale pacta sunt servanda.

Il volume, tuttavia, evidenzia anche un rischio più profondo: la libera circolazione di persone, idee e merci, sebbene talvolta caotica, ha rappresentato un motore insostituibile di innovazione, diffusione del benessere e limitazione dei conflitti. Oggi questo meccanismo spontaneo appare minacciato da una crescente chiusura protezionistica, alimentata da sospetti reciproci e dalla prevalenza di logiche di forza. Alla luce di tali riflessioni, Bet Magazine ha rivolto ad Alberto Saravalle alcune domande per approfondire i principali nodi emersi nel volume. Sul tema delle origini dello squilibrio nella globalizzazione, Saravalle riconosce che la Cina ha inizialmente beneficiato di standard normativi più bassi e di trasferimenti tecnologici forzati.  Tuttavia, sottolinea come oggi il contesto sia radicalmente mutato. Infatti, la Cina si è trasformata in un centro manifatturiero d’eccellenza; come ricordato anche da Tim Cook, la qualità della forza lavoro cinese rende oggi ardua la competizione per molti altri paesi. Emblematica, in questo senso, l’esperienza di Louis Vuitton in Texas, dove la difficoltà nel reperire manodopera specializzata ha inciso negativamente sulla qualità della produzione.

Rispetto alla dinamica del know-how, Saravalle conferma che «l’Europa si trova oggi in una posizione paradossale: se in passato contestava alla Cina pratiche di trasferimento forzato di tecnologia, oggi è essa stessa a subordinare l’accesso agli investimenti cinesi, specialmente nel settore delle tecnologie pulite, a forme di localizzazione produttiva e trasferimento di competenze». A proposito del fallimento dell’interdipendenza economica come strumento di stabilizzazione, Saravalle osserva che «il caso russo costituisce l’eccezione che conferma la regola: Putin agisce per motivazioni ideologiche, accettando costi economici e sociali altissimi pur di perseguire un progetto di espansione territoriale». Quanto all’integrazione europea, il giurista mantiene un approccio prudente. «L’Europa sta reagendo, ma ogni Stato membro continua a muoversi in autonomia, anche nelle politiche di difesa. Non siamo ancora al punto di svolta verso una federazione politica: serviranno, verosimilmente, ulteriori shock per consolidare una volontà politica comune». Infine, sulle tensioni ambientali, Saravalle evidenzia la complessità del quadro attuale. Accanto alle rivendicazioni dei Paesi emergenti, anche potenze come Cina e India difendono i propri modelli di sviluppo. «L’Europa, pur perseguendo obiettivi ambientali ambiziosi, deve confrontarsi con un contesto competitivo difficile: non può semplicemente introdurre barriere sui pannelli solari cinesi senza rischiare di compromettere la transizione verde». Anche in questo caso, le agende politiche non tengono conto di accordi volti alla cooperazione internazionale.

Capitalismo di guerra è dunque una guida preziosa per interpretare un mondo in cui l’imperativo della sicurezza tende a prevalere sulle regole condivise e in cui la vitalità spontanea degli scambi internazionali rischia di essere soffocata.

Il libro invita a rifuggire da nostalgie per un’ipotetica “età dell’oro” mai realmente esistita, privilegiando invece l’innovazione e il coraggio della sfida come strumenti per ricostruire un ordine economico e politico più solido e sostenibile.

Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro, Capitalismo di guerra. Perché viviamo già dentro un conflitto globale permanente (e come uscirne), Fuoriscena, pp. 224, € 17,00.