Bettina vs. Hannah: la verità del Male

Libri

di Laura Ballio

Caso Eichmann: uno studio negli archivi rivela il volto, tutt’altro che “banale”, del nazista. Contro gli ebrei, un odio inestinguibile

 

Non è certo la prima volta, che la tesi di Hannah Arendt sulla “banalità del male” viene messa in discussione. Ma l’imponente volume scritto da Bettina Stangneth (filosofa tedesca esperta di teoria dell’inganno e di psicologia della manipolazione, strumenti particolarmente adatti al caso), si propone di contrastare alle radici il pensiero arendtiano: lo fa per seicento pagine – almeno un centinaio sono dedicate alle ricchissime note – con un incalzante susseguirsi di colpi di scena tra storie private e pubblici orrori. Il tutto, senza mai perdere il fil rouge della ricerca condotta in prima persona per anni in archivi e istituzioni sia pubbliche che private, fra mille resistenze e difficoltà di ogni tipo e qualche importante collaborazione.
Hannah Arendt era stata inviata dal New Yorker in Israele per seguire le 120 sedute del processo al criminale nazista Adolf Eichmann, responsabile dell’organizzazione degli spostamenti degli ebrei verso i campi di sterminio. Ebbe l’impressione, così scriveva nel 1963 in La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, che «le azioni erano mostruose ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso».

Bettina Stangneth, nel suo La verità del male. Eichmann prima di Gerusalemme (edito per la prima volta in Germania nel 2011, ora uscito in Italia con la bella traduzione di Antonella Salzano grazie al Goethe Institut e al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Federale Tedesca), dipinge invece così l’Obersturmbannführer (tenente colonnello) delle SS, che fuggì in Sudamerica nel 1950, dopo essersi sottratto al processo di Norimberga, uno tra i principali responsabili della Shoah: «Il nazista redento e l’amante della natura ormai completamente apolitico non arrivarono mai in Argentina. L’idillio non faceva per Eichmann. Per lui la guerra, la sua guerra, non era mai finita. (…) Poteva aver svestito la divisa, ma il nazionalsocialista fanatico era ancora in servizio».

Per ricostruire la complessa personalità di Eichmann in chiave non-arendtiana, con tanto di amanti, coniglietti e cagnolini, accanto al racconto di macabri rituali e nuovi deliranti progetti neonazisti, Bettina Stangneth scandaglia le 1300 pagine di manoscritti e documenti, e le 25 ore di registrazioni che vanno sotto il titolo di Carte Argentine. In uno dei nastri raccolti dal giornalista Willem Sassen, volontario olandese nelle Waffen-SS, anche lui fuggito in Argentina, nel 1957 Eichmann dice (e La verità del male riporta): «(…) Non mi pento di nulla! Non mi cospargo il capo di cenere! (…) Le dico, camerata Sassen che non ce la faccio (…). Devo dirle in tutta sincerità che se dei 10,3 milioni di ebrei stimati da Korrherr, come sappiamo oggi, ne avessimo uccisi 10,3 milioni, allora sarei soddisfatto e direi “bene, abbiamo sterminato un nemico”».

Bettina Stangneth, La verità del male. Eichman prima di Gerusalemme, traduzione di Antonella Salzano, Luiss University Press, pp. 604, euro 24.