di Ilaria Myr
Il nuovo rifiuto di Israele. riflessioni su ebraismo, cristianesimo, Islam e l’odio di sé dell’Occidente: questo il titolo di un recente libro di Massimo De Angelis, edito da Salomone Belforte Editore, a cui è stata dedicata la tavola rotonda che si è tenuta nella sinagoga di via Guastalla durante la mattinata della Giornata europea della cultura ebraica.
A parlare dell’argomento molto attuale, nella foto da destra a sinistra: Rav Alfonso Arbib, Mons. Pier Francesco Fumagalli, l’Imam Yahia Pallavicini, Massimo De Angelis, Niram Ferretti e David Elber, moderati dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Salom.
«Perché il nuovo rifiuto? Perché dopo le tante tragedie della storia si rinnova oggi l’odio atavico insensato che trascende le persone contro Israele, inteso sia come Stato che come polo ebraico che vive sparso nel mondo – ha introdotto Paolo Salom -. Il 7 ottobre è solo la testimonianza di cosa queto odio può provocare e di quanto le ragioni politiche siano risibili rispetto a quello che questo massacro ha suscitato: un odio sganciato dagli eventi, dove l’antisionismo è diventato la nuova forma di antisemitismo».
Rav Arbib: “Il rifiuto di Israele di oggi ha origini antiche. L’odio non deve essere scontato”
Il primo a prendere la parola è stato Rav Alfonso Arbib, che ha sottolineato come questo nuovo rifiuto abbia in realtà radici molto antiche. «Oggi siamo davanti all’antisemitismo “dei buoni”, delle persone che pensano di fare il bene e considerano che il male siano gli ebrei – ha dichiarato -. Ma in realtà questo è un atteggiamento antico: per secoli l’ebraismo è stato visto come la religione della vendetta e della giustizia contrapposta alla religione dell’amore. Questo permane in parte anche oggi, come è anche emerso in modo chiaro in un articolo recente di Vito Mancuso su La Stampa, permane in parte. Articolo di Vito Mancuso su La Stampa, in cui lo studioso dice che le radici della crudeltà ebraica sono nel Deuteronomio. C’è anche un’altra versione che vede gli ebrei oggi come traditori dei valori positivi che l’ebraismo ha portato nella storia, i valori della Torà. Il nuovo ebraismo sarebbe quindi rappresentato dal cristianesimo che riprende ciò che gli ebrei hanno tradito».
Parlando poi di odio, Rav Arbib è stato molto chiaro: «Lo si dà per scontato, ma in realtà non lo è affatto. Recentemente una giornalista a cui avevo detto che bisogna combattere l’educazione dell’odio mi ha chiesto “Ma non le sembra che sia giustificato”. Sono rimasto impressionato – ha confessato -. Si possono avere opinioni radicalmente diverse, ma questo non necessariamente porta all’odio». E citando un verso del Deuteronomio ha precisato: « La torà ci vieta di odiare gli egiziani, che hanno schiavizzato e torturato gli ebrei. La Storia ebraica è una testimonianza di lotta contro l’odio».
L’imam Pallavicini: “Noi religiosi dobbiamo educare contro l’odio e il terrorismo”
Molto intense anche le parole dell’imam Yahia Pallavicini, che ha ricordato un recente convegno del consiglio dei rabbini e imam europei, durante il quale è emersa la convinzione dell’inalienabilità del diritto dei credenti alla dignità, qualsiasi siano le scelte e le azioni di un governo. «Come diceva Rav Arbib, l’odio è tutt’altro che scontato, e il compito di noi religiosi è educare contro l’odio, tutelare la dignità delle diversità religiose e culturali, e contrastare il fanatismo e il terrorismo».
L’imam ha poi fatto riferimento ad alcuni ambienti musulmani in cui i testi scari vengono interpretati con approcci superficiali, senza il corretto approfondimento e studio, che portano quindi i fedeli a interpretazioni superficiali e in casi estremi a fanatismi radicali ideologici che legittimano la bontà del terrorismo criminale.
Monsignore Fumagalli: “Dialogare fra fedi è oggi ancora più necessario”
Nel suo discorso, incentrato sull’importanza del dialogo interreligioso, Monsignor Pierfrancesco Fumagalli. «Non possiamo dimenticare i passi in avanti compiuti nei sessant’anni trascorsi dal Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Nostra Aetate e l’affermazione di papa S. Giovanni Paolo II che gli Ebrei sono per i Cristiani “fratelli maggiori nella fede di Abramo” – ha dichiarato – mentre proprio qui a Milano il cardinale Carlo Maria Martini ci ha educati all’amore per Israele e per Gerusalemme, come valido antidoto all’antisemitismo». Ricordando la tragedia del 7 ottobre ha ribadito l’importanza della liberazione degli ostaggi, la fine di ogni conflitto armato con la resa di Hamas, causa della catastrofica situazione umanitaria dei gazawi. «Poniamo dunque, al centro del nostro dialogo ebraico-cristiano, anzitutto la Torà. Essa è anche nel cuore dell’Evangelo cristiano, perciò dobbiamo farne il nostro “pane quotidiano” per promuovere studi, amicizie, collaborazioni con i fratelli e le sorelle ebrei, qui in Italia e nello Stato d’Israele. La nostra stessa identità e fede ne sarà nutrita in modo più maturo e forte. Ma anche il dialogo con l’Islam, con fratelli e sorelle essi pure a noi legati nella fede di Abramo, ne trarrà grande stimolo».
Antisionismo, antisemitismo e il rifiuto di Israele
Il giornalista Niram Ferretti ha parlato di equivalenza fra antisionismo e antisemitismo, spesso distinti in modo strumentale. «” Palestina libera dal fiume al mare” è uno slogan che implica la soluzione finale, l’eliminazione degli ebrei – ha spiegato -. Questo è chiaramente scritto nello statuto di Hamas nel 1988 che non è mai stato abrogato: un documento di natura genocidaria, che sostiene la jihad come unica soluzione alla questione ebraica. E l’antisionismo non esisterebbe se non ci fosse il palestinismo come religione laica, un fanatismo dogmatico laico che ha fatto sì che il sionismo si trasformasse da movimento legittimo per dare a un popolo sua terra in una torva ideologia colonialista che vuole spodestare un popolo autoctono».
Massimo De Angelis, autore del libro Il nuovo rifiuto di Israele. riflessioni su ebraismo, cristianesimo, Islam e l’odio di sé dell’Occidente ha illustrato nel suo intervento le menzogne che dominano in Europa sulla guerra fra Israele e Hamas. «Prima di tutto, non è uno scontro solo fra Israele e Hamas, ma sono coinvolti tutti coloro che vogliono cancellare Israele, quindi Hezbollah e tutti i proxy dell’Iran. Questo è stato cancellato dalla narrazione».
Una seconda menzogna è la negazione del fatto che Israele ha da sempre diritto a quella terra. «È soprattutto la cultura progressista e radicalismo woke ad avere diffuso questa convinzione. È una visione basata sul relativismo, in cui verità e menzogna non hanno più importanza».
«Ma perché si discute della legittimità di Israele? Perché non avrebbe diritto ad esistere?» ha chiesto paolo Salom allo storico e scrittore David Elber, che ha riassunto rapidamente le tappe che hanno portato alla fondazione di Israele, dipinta erroneamente come riparazione alla Shoah. «Si deve tornare alla fine della Prima guerra mondiale e alla dissoluzione dell’Impero ottomano. Alcuni stati arabi vengono affidati alle potenze vincitrici sotto forma di protettorati per permetterne poi l’autodeterminazione. Fra questi c’è il popolo ebraico, che si fonda sul legame con la terra di Israele. Il mandato riconosce quindi un diritto preesistente all’autodeterminazione dato questo legame antico».