Politica e futuro di Israele. Una serata all’Open fra curiosità, incertezze e prospettive dell’attuale scena politica israeliana

di Roberto Zadik

Chi governerà Israele? Quali saranno gli scenari politici e istituzionali nei prossimi mesi e il partito di maggioranza?  Nello Stato ebraico, vista la mancata formazione del Governo da parte del premier Netanyahu, vincitore delle elezioni dello scorso 9 aprile, gli israeliani torneranno a votare il 17 settembre. Ma come andrà a finire stavolta? Queste e altre domande hanno guidato la serata di martedì 18 giugno allo spazio “Open” di via Montenero, intitolata “La situazione politica di Israele verso le elezioni anticipate”. Organizzata dall’Associazione Milanese Pro Israele e dal suo presidente Alessandro Litta Modignani, ha  avuto come protagonisti tre efficaci relatori come Paolo Salom, giornalista del Corriere della Sera, David Piazza, editore del sito di ebraismo Morashà, e Marco Paganoni, direttore del sito Israele.net.

Un confronto stimolante in cui, sollecitati dagli interventi del presidente di AMPI, gli ospiti hanno illustrato al pubblico la complessa realtà politica israeliana, ancora oggi poco conosciuta e spesso criticata e fraintesa dal mondo occidentale. I risultati ottenuti dal governo Netanyahu e le sue criticità, le caratteristiche del mondo ortodosso e della sua presenza alla Knesset, il sistema giudiziario israeliano e la difficoltà derivante dal fatto di non avere una Costituzione scritta, lo scontro Netanyahu-Lieberman che, da suo collaboratore nel Likud, è diventato suo rivale e fondatore del partito laicista “Israel Beitenu” (Israele la nostra casa). Queste sono state fra le tematiche affrontate durante l’incontro che ha suscitato una serie di domande da parte del pubblico in sala.

Dopo l’introduzione al dibattito, Litta Modignani ha subito lasciato la parola al primo ospite, Paolo Salom che ha sottolineato la  difficile situazione attuale. “Sarà un’estate calda per la politica israeliana” ha affermato il giornalista soffermandosi  sulla difficoltà del premier Netanyahu di “formare un Governo in soli 30 giorni come da regolamento. A quel punto c’erano due alternative, per il presidente Rivlin: nominare un’altra persona come premier oppure  sciogliere la Knesset”. Ma cosa è cambiato dal 9 aprile ad oggi? E quali saranno le possibili prospettive dopo il 17 settembre? “In questi due mesi, dopo la  rivalità fra Netanyahu e Ganz –  ha detto Salom – ora il nuovo antagonista  sembra essere Lieberman che da tempo è un personaggio di riferimento per la Destra israeliana e per i tanti immigrati di origine russa, che ormai sono più di 1 milione nel Paese”.

Il Partito Laburista, invece, secondo l’analisi di Salom, appare indebolito, specialmente dopo le dimissioni del suo leader Gabbai, che ha lasciato il partito dopo la bassa performance ottenuta alle elezioni. Nuovi scontri, nuovi assetti politici e altro elemento importante “i problemi giudiziari di Netanyahu e di sua moglie Sara, condannata dalle autorità giudiziarie per uso improprio del denaro. Da noi sarebbe molto difficile che questo possa avvenire, specialmente per una somma così bassa” ha ricordato il giornalista. Queste vicende giudiziarie vissute dal Primo Ministro e da sua moglie stanno avendo un peso non indifferente su queste elezioni e “già in passato – come ha rievocato Salom – personaggi politici di spicco sono stati puniti dalla giustizia; si pensi al caso di Olmert, finito in carcere per corruzione”.

Successivamente David Piazza ha descritto il mondo dei Haredim e degli ortodossi, con vari riferimenti, partendo dalla Torà e dai collegamenti fra ebraismo e sionismo, fra “a-sionisti e invece chi ci credeva fermamente, come i sionisti religiosi”, ai legami che anche la vecchia generazione di politici israeliani, da Ben Gurion al generale Moshé Dayan, avevano con la Bibbia, “che conoscevano bene tanto che Dayan diceva di ispirarsi ai Profeti per le sue operazioni militari”; per arrivare ai partiti religiosi israeliani che attualmente ricoprono un ruolo molto importante nella Knesset, composta da 120 parlamentari e in cui “ci sono sette partiti religiosi”.

Vari sono i religiosi presenti negli schieramenti israeliani, dal Likud, alla Nuova Destra religiosa liberale, agli ortodossi sefarditi dello Shas, fondato negli anni ’80 da personaggi di spicco come  il Rabbino Ovadia Yossef, fino ai seguaci di Rav Kahan detti anche “Kahanisti” e dalle idee decisamente estremiste. Si tratta di uno scenario decisamente poco noto, in continuo fermento. Anche la demografia sembra molto favorevole agli ortodossi, visto che “essi fanno molti più figli rispetto agli israeliani laici che ad esempio vivono a Tel Aviv”,  ha sottolineato Piazza. Questo mondo sta comunque cambiando, ha rilevato, da diversi punti di vista, con una maggiore apertura verso il servizio militare, “con diversi ortodossi che si stanno arruolando nell’esercito”.

Molto lucida anche l’analisi del terzo relatore, Marco Paganoni osservatore della realtà politica israeliana “da un punto di vista diverso, in quanto non di religione ebraica ma nato in Israele”. Nella sua analisi egli ha chiarito vari argomenti importanti e inediti. Tanto per cominciare, la stanchezza degli israeliani verso la politica  e il ritorno a nuove elezioni, i problemi di cui si discute attualmente nel dibattito politico che non sono “gli accordi di pace, vista la delusione di molti israeliani su questo tema” bensì l’economia, la giustizia sociale, il sistema scolastico, ”i tanti elementi positivi del Governo Netanyahu e la difficoltà nel trovare un nuovo premier che ottenga gli stessi successi”.

Ma quali sono stati questi successi? “Secondo recenti statistiche – ha ricordato Paganoni –  in questi anni di Governo Netanyahu in Israele il livello di disoccupazione è mediamente più basso che in altri luoghi, maggiore il livello di ‘felicità’ della media della popolazione e importanti alleanze con Paesi come la Russia di Putin e l’America di Trump, dopo l’ostilità col precedente presidente; e ancora l’efficace politica verso il mondo arabo”. Riguardo a Lieberman  ha specificato che “più che di uno scontro con Netanyahu si tratta di un ballottaggio, in quanto anche il 9 aprile la vittoria era stata molto tenue e che nonostante tutto è sempre stato coerente con le sue idee da ‘Laburista di destra’”.

Molte le domande del pubblico e interessanti le risposte dei relatori. “Israele è un Paese giovane – ha sottolineato Piazza – segnato da una costante voglia di sperimentare e di cambiare”. Una serata che ha messo in evidenza vari aspetti di Israele, non solo la realtà politica e quanto sta avvenendo in questi mesi, ma anche la società e le sue contraddizioni e che si è rivelata molto interessante perché, come ha affermato Litta Modignani, “bisogna imparare a comprendere realtà diverse dalla nostra, come Israele, seguendo il punto di vista dell’altro”.