i relatori della serata del bené Berith sulla legge che definisce Israele nazione del popolo ebraico

Israele, la Legge Fondamentale e le elezioni: una serata del Bené Berith

di Nathan Greppi
Molte polemiche sono scoppiate da quando, il 19 luglio, è stata approvata la legge che definisce Israele come nazione del popolo ebraico. Per fare chiarezza sulla questione, il Bené Berith ha organizzato, martedì 29 gennaio, un incontro nell’Aula Magna Benatoff della Scuola Ebraica dal titolo Legge Fondamentale – Israele, lo Stato nazionale del popolo ebraico. Perché ora e quali implicazioni? I relatori che hanno affrontato l’argomento sono il demografo Sergio Della Pergola, il giurista Giorgio Sacerdoti e il ricercatore Davide Assael

Della Pergola: la legge Stato Nazione vs la Dichiarazione d’Indipendenza

Dopo i saluti iniziali del nuovo presidente dell’associazione Joe Abeni e dell’avvocato Daniel Hazan, moderatore dell’incontro, che ha fatto una breve introduzione sulle ragioni storiche per cui Israele non ha una costituzione scritta bensì delle leggi fondamentali, il primo a prendere la parola è stato Della Pergola, il quale ha ricordato che proprio quella sera avrebbe avuto luogo il primo discorso politico del candidato alle elezioni di aprile Benny Gantz, “in vista di una campagna elettorale che si preannuncia molto contestata e molto accesa.”

Parlando della legge sullo Stato-Nazione, si è ricollegato a un’intervista rilasciata ad Assael per la rivista Limes nell’ottobre 2018, in cui “ho espresso una posizione piuttosto scettica, critica nei confronti del nuovo strumento legislativo. E l’ho fatto innanzitutto rilevando alcuni elementi che trovo abbastanza deboli, ma soprattutto alla luce del fatto che esiste in Israele la Dichiarazione d’Indipendenza, che è stata l’atto fondante dell’esistenza dello stato.” Ha spiegato che questa “include alcuni elementi che non sono inclusi invece nella legge della nazione, e in particolare il riferimento alla parità di diritti civili di tutti i cittadini dello Stato d’Israele.” Ha ricordato che la dichiarazione sancisce il diritto inequivocabile del popolo ebraico all’autodeterminazione, e tuttavia l’assemblea della Nazioni Unite nel 1947 “aveva sancito la creazione di due stati nazionali, che hanno un nome: non sono ‘Israele’ e ‘Palestina’, sono ‘stato arabo’ e ‘stato ebraico’.”

Ha aggiunto che la dichiarazione “dopo aver sottolineato i diritti naturali del popolo ebraico in questa terra, allo stesso tempo dice due cose: la prima è l’affermazione dell’assoluta parità di diritti di tutti i cittadini dello stato, che vengono invitati a partecipare tutti insieme alla costruzione dello Stato Ebraico; la seconda affermazione è ‘noi tendiamo una mano amichevole ai nostri vicini, pur sapendo che siamo in guerra, ma li chiamiamo comunque a cercare di collaborare al processo di costruzione congiunta del Medio Oriente’.”

Passando alla nuova legge sulla nazione, ha ricordato che ci sono alcune omissioni, “in particolare l’affermazione che questo è lo stato dei cittadini ebrei, e quindi tutti gli altri vengono completamente ignorati.” Secondo lui vi è stata in particolare una carenza “nel nominare la minoranza drusa, […] che nel caso di Israele partecipa con assoluta lealtà a tutte le attività dello stato, compreso il servizio militare.” Ha detto che sia loro che gli arabi non si possono escludere a priori dalla partecipazione nella vita pubblica. Ha concluso richiamandosi a un problema specifico, che riguarda tutte le società civili occidentali: “Il problema grave è quello della mancanza di unità, il dibattito da civile diventa aggressivo, e quindi non crea quella società civile forse ideale che aveva in mente Theodor Herzl, con molte aperture e spazi per tutti.”

La legge dal punto di vista giuridico

Dopo di lui ha preso la parola Sacerdoti, che ha commentato gli articoli della Legge Fondamentale relativi ai rapporti con la diaspora: “C’è il testo della legge, ma c’è anche il contesto: perché è stata fatta adesso, dopo 70 anni? Ce n’era bisogno, riflette un’esigenza? È vero che non ribadisce l’uguaglianza dei cittadini israeliani, però è anche vero che questa legge non abroga certo la dichiarazione d’indipendenza e neanche le (altre) leggi fondamentali.” Ha affermato che “per noi che siamo ebrei della diaspora ha attirato l’attenzione questo articolo, l’articolo 6, per cui lo Stato d’Israele assume su di sé l’obbligo di proteggere gli ebrei della diaspora in difficoltà. Quindi noi abbiamo un diritto di chiedere a Israele di aiutarci.” Inoltre, “deve rafforzare l’ebraismo nella diaspora nella sua dimensione culturale, storica e religiosa.” Ma questo, secondo Sacerdoti, “può portare anche dei problemi, perché lo Stato d’Israele è uno stato sovrano che agisce nell’ambito della politica internazionale,” e si è chiesto: “questi rapporti di Israele con la diaspora sono a senso unico o vi è un ruolo delle comunità ebraiche nella diaspora?”

Israele, uno Stato-rifugio?

L’ultimo a intervenire è stato Davide Assael, il quale ha dichiarato di condividere la posizione di Della Pergola sulla legge dello stato-nazione: “Oggi Herzl sarebbe considerato non tanto un nazionalista quanto un liberale, per cui non sono tanto dell’idea che avesse in mente uno stato ebraico come Stato-rifugio.” Ha affermato riguardo alla nuova legge che “sono critico anch’io verso questa legge. Questa legge non dice niente di stravolgente, ma secondo me l’ambiguità relativa ad essa non è tanto per ciò che la legge dice, quanto per ciò che non dice,” notando che manca il riferimento all’uguaglianza di tutte le etnie.

“Quando si fa questa obiezione ai sostenitori della legge, loro dicono che è affermata da altre leggi precedenti, per cui non c’era alcun bisogno di riaffermarlo. E invece io credo che qui c’è una precisa intenzione politica,” ha detto, aggiungendo che secondo lui questa legge non affronta il problema demografico, e in particolare la crescita della popolazione araba: “Il dato che emerge di più è che, di fatto, questa legge inserisce Israele nel grande gruppo dei cosiddetti ‘sovranisti’; c’è un neonazionalismo crescente in Europa, lo vediamo anche in Italia, lo vediamo negli Stati Uniti, allora che Israele si inserisca in questo quadro per me è una grande ferita. Ed è una grande ferita non solo per Israele, perché è una grande contraddizione per la cultura ebraica.”

I filtri deformati dei media nei confronti di Israele

Dopo Assael, Della Pergola ha voluto fare una conclusione per criticare come i media attacchino l’idea di Israele come stato ebraico e democratico: “Nessuno si è mai sognato di criticare l’Irlanda per la sua Costituzione che si apre così: ‘Nel Nome della Santissima Trinità, dalla Quale origina ogni autorità e alla Quale si devono ispirare, quale nostro fine ultimo, tutti gli atti sia degli uomini che degli Stati, Noi, il popolo dell’Eire. Riconoscendo con umiltà tutti i nostri doveri nei confronti del nostro Divino Signore, Gesù Cristo, Che ha sorretto i nostri padri nel corso dei secoli’. L’auspicio è che finalmente si consideri Israele come un paese normale e non se ne parli con filtri deformati.”